Pfas nelle acque potabili in Toscana: Greenpeace rileva presenza in 28 comuni, valori sotto soglia

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Sono praticamente dovunque, resistono per lunghissimo tempo ad ogni tipo di degradazione, permangono nell’ambiente quasi senza distruggersi e – quando le molecole si scompongono – possono essere ancora più nocivi. Si trovano nelle scarpe, nei tessuti, nelle pentole, nei detersivi. Sono i Pfas, acronimo delle sostanze perfluoroalchiliche, composti chimici detti “di sintesi” con i quali l’industria, da almeno 80 anni, produce ogni tipo di prodotto. La dispersione esponenziale di questi composti può essere altamente nociva per l’ambiente, le acque, gli alimenti e la salute umana. E dunque sarebbe bene che non fossero presenti mai.

Toscana non felix

Un recente report di Greenpeace, denominato “Acqua senza veleni”, sta creando allarme anche in Toscana. I dati rientrano comunque tutti al di sotto delle soglie nocive, almeno secondo i limiti di legge fino ad ora esistenti. Elaborato su oltre duecento Comuni italiani, dopo aver prelevato una serie di campioni di acqua pubblica fra settembre e ottobre del 2024 e fatti analizzare da un centro di analisi certificato e indipendente, emergerebbe che i Pfas in Toscana, seppur non in grandi quantità, si troverebbero anche nell’acqua del rubinetto. Greenpeace ha portato avanti il monitoraggio su 28 Comuni della regione considerati a rischio, dopo un precedente esame eseguito nel gennaio 2024 sui Pfas presenti su torrenti e fiumi toscani.

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Le città messe peggio

Per quanto riguarda la Toscana, il primo dato che si rileva è quello di Arezzo. La “somma di Pfas” (la “somma di Pfas” considera solo una parte di molecole definite particolarmente pericolose, ndr), ad Arezzo è stata rilevata la quantità di 104,3 nanogrammi per litro di acqua, ossia 0,10 microgrammi/litro. Qui si è sforato il limite consentito; 104,3 nanogrammi/litro di Pfas (misura diversa dai microgrammi) definirebbe la presenza di questo tipo di molecole nell’acqua pubblica. Attenzione, però, agli allarmi; secondo tecnici e ricercatori, in Toscana siamo ancora molto lontani dalle soglie che vengono considerate dannose.

Resta il fatto che sui Pfas fino ad ora si sapeva ben poco e l’argomento è particolarmente sensibile. A Prato, secondo i dati di Greenpeace, si sono registrati 16,6 nanogrammi per litro, mentre a Lucca si sono avuti 22,7 nanogrammi/litro, a Viareggio 13, a Montale, piccolo Comune in provincia di Pistoia, si sono annotati 18,8 nanogrammi di Pfas a litro di acqua potabile.

In altri Comuni della Toscana, il rilevamento ha fornito numeri che comunque, pur non preoccupando, sono da monitorare costantemente. Da Massa Carrara, passando per Figline Valdarno fino a Empoli, i risultati evidenziano, infatti, che la presenza di Pfas nell’acqua dei rubinetti c’è.

Per la prima volta l’indagine di Greenpeace ha esaminato la presenza anche del Tfa, l’acido trifluoroacetico, sempre della famiglia dei Pfas, e considerata la molecola inquinante più diffusa sul pianeta. Si tratta di una molecola costituita da due atomi di carbonio che può essere sintetizzata artificialmente o derivare dalla degradazione di circa duemila Pfas, come alcuni gas refrigeranti fluorurati polimeri, pesticidi, farmaci e schiume antincendio. Ma attenzione; la famiglia dei Pfas è composta da migliaia di molecole, ognuna nociva e non sempre rilevabile.

Nel caso dei Tfa, ovvero molecole di sintesi sempre del gruppo Pfas, la quantità massima che non danneggerebbe la salute umana, secondo studi e ricerche scientifiche, non dovrebbe andare oltre i 20 microgrammi per un litro di acqua. Secondo il report pubblicato, Firenze registra 127,2 nanogrammi di Tfa per litro di acqua potabile, il Comune di Figline e Incisa Valdarno 115,5 nanogrammi/litro, Prato 77,4, Lucca 70, Chiusi 62,9, Capannori 59,6, Montemurlo, in provincia di Prato, 55,1, Arezzo 53,4 e infine Massa con 52,5 nanogrammi/litro.

Il Tfa, acido trifluoroacetico, nasce dalla degradazione del Pfas e rientra nella categoria dei cosiddetti “inquinanti eterni”. «ll Tfa è stato e rimane finora una sostanza chimica “invisibile” dal punto di vista legale – ha dichiarato Sara Johansson, dirigente dell’ European Environmental Bureau (Eeb, la rete europea di ong ambientaliste, ndr) – La mancanza di standard di qualità per le acque sotterranee o superficiali e l’assenza di un limite Tfa per l’acqua potabile hanno portato a una contaminazione chimica diffusa che è passata inosservata. Con l’aggiornamento degli standard di inquinamento idrico regolamentati dalla Direttiva quadro sulle acque, questo potrebbe cambiare: le istituzioni europee hanno ora l’opportunità di stabilire il percorso per la protezione delle acque, lo devono ai loro cittadini. Le persone hanno diritto a un’acqua sana».


La classifica dei primi 10 comuni per valori Pfas

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  • Arezzo 104,3
  • Lucca 22,7
  • Montale (Pt) 18,8
  • Prato 16,6
  • Viareggio 13
  • Massa 10,8
  • San Giuliano Terme (Pi) 10,8
  • Carrara 10,4
  • Figline e Incisa Valdarno (Fi) 9,6
  • Empoli 9,5

Europa senza regole

Non esiste ancora una politica comune sul limite dei Pfas. Lo sarà solo nel 2026, quando entrerà in vigore il regolamento dell’Unione europea sulle acque potabili integrando anche l’aggiornamento voluto dalla Germania con la direttiva 2024/2462, che introduce una nuova restrizione specifica relativa al PFHxA, o acido perfluoroesanoico. E’ da quell’anno che la Commissione europea, infatti, raccomanda agli Stati membri di monitorare la presenza di Pfas anche negli alimenti prodotti a partire da almeno tre anni fa.



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