Alla scoperta del triangolo lombardo del mobile

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Articolo apparso sul numero di gennaio 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

Centinaia di carte di identità brianzole – pre-elettroniche, s’intende – alla voce professione indicavano: ‘Mobiliere’. Tanti erano i professionisti orgogliosamente cresciuti a pane e legno nell’area di Monza-Brianza, che tutt’oggi è patria del mobile in virtù delle sue 1.325 aziende, 9.879 addetti e 2,2 miliardi di euro di fatturato. È la provincia con il maggior numero di imprese d’Italia dedicate al settore, al vertice di un triangolo, assai manzoniano, che si completa con Lecco (115 aziende) e soprattutto Como: 870 aziende, 6.583 addetti, 786 milioni di euro di export, fatturato pari a 1,2 miliardi.

Il triangolo lombardo del mobile

La Brianza brilla di luce propria, decuplicata da quella riflessa da Milano, determinante poiché piattaforma di formazione (dal Politecnico agli istituti di design) e di proiezione internazionale, per via di quel palcoscenico splendido che è il Salone del Mobile. Correva il 1961 quando Milano s’inventò l’evento fieristico di riferimento globale per il settore dell’arredo e più in generale del design, con duemila espositori da 35 paesi e 370mila visitatori nel 2024. Evento che si completa con il FuoriSalone, una cornice cresciuta al punto da mangiarsi il quadro, con i suoi 400 eventi,  mostre, installazioni tra negozi, cortili, chiostri, chiese sconsacrate, giardini e orti. Milano ospita il Salone dal 1961 e il FuoriSalone dal 1991, è sede della Triennale, dal 1923 vetrina e luogo di dibattito, e dell’Adi (dal 1956), l’Associazione per il disegno industriale.

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Il suo Compasso d’Oro, il più antico e fra i più autorevoli premi di settore, lo istituì Giò Ponti. È a Milano che ha sede Interni (1954), la rivista  che sta al design come Vogue alla moda. Equazione che vale per le rispettive direttrici: Gilda Bojardi, al timone di Interni dal 1994, e Anna Wintour, direttrice dal 1988.

E così si chiude il circolo virtuoso del territorio brianzolo, disseminato di fornitori di ferramenta, vernici, lavorazioni metalliche, tessitori per l’arredo e di artigiani di intaglio, intarsio, lucidatura, laccatura, doratura, imbottitura, lavorazione del metallo, dei marmi, dei vetri e dei cristalli. Una rete di grandi, medie, piccole e microimprese, anelli di una filiera prodigiosa. L’Eden dei designer che riescono a dare forma anche alle idee al limite del realizzabile.

Come si spiega tanto fermento secolare? Si parte dalla presenza, almeno una volta, di materia prima, i boschi, e di un sapere artigiano che prese forma durante i tempi morti del calendario agricolo, ma che conquistò  i ‘tempi vivi’ quando l’area iniziò a popolarsi di ville, spesso di villeggiatura, dalla Villa Reale di Monza in giù. Di qui la necessità di arredi di pregio, esternazione di uno status acquisito o consolidato, vuoi della borghesia, vuoi dell’aristocrazia.

I contadini di Lissone, l’epicentro della patria del mobile, furono tra i primi a cogliere l’opportunità di arricchire i magri proventi dall’agricoltura, via via sempre più marginale. Nella cittadina e nei dintorni iniziò a svilupparsi un artigianato mobiliero di alta classe, consolidatosi in epoca napoleonica fino a stagliarsi come categoria produttiva a sé stante. Nel 1870 veniva fondata la Scuola Professionale di Disegno e Intaglio, rilanciata nel 1955 come Istituto Meroni, tuttora operante.  

Un distretto a tre punte

In un ecosistema così prodigioso hanno preso forma, tra gli altri, marchi come Cassina, Panzeri, Caimi, Lea, UniFor, Molteni&C, Poliform e Giorgetti, leader mondiali dell’arredamento e del design, artefici di manufatti ormai entrati nell’immaginario collettivo. Pensiamo alla sedia-icona 699 Superleggera (1,7 kg) di  Cassina, azienda oggi parte del gruppo Haworth Lifestyle Design, nata a Meda nel 1927 su iniziativa dei fratelli Cesare e Umberto Cassina.

Dagli anni ‘50, nell’Italia tutta da ricostruire, leggende del design come Gio Ponti mettevano le ali a questo marchio che, approdando anche alla nautica – vestì, tra i tanti, il transatlantico Andrea Doria –, divenne protagonista a livello internazionale. Nel 1954, con la sedia 683 disegnata da Carlo De Carli, si aggiudicava il suo primo Compasso d’oro, il Nobel del design. Dal dopoguerra Cassina ha coinvolto i più importanti architetti, designer e creativi, da Gio Ponti a Vico Magistretti e Carlo Scarpa, Philippe Starck, Piero Lissoni, fino a Patricia Urquiola, dal 2015 art director dell’azienda. 

La mente va poi alla serie di imbottiti ‘Le bambole’ di B&B Italia, firmate da Mario Bellini e immortalate da Oliviero Toscani. Erano gli anni Settanta, l’azienda era nata nel 1966 su iniziativa di Busnelli e Cassina (che poi cedette le quote) e già si dotava di una sede firmata da Renzo Piano e Richard Rogers. Nel 2018 B&B Italia è entrato a far parte di Flos B&B Italia Group, azienda del design di alta gamma, somma di marchi storici d’arredi e dell’illuminazione come Flos, Louis Poulsen, Arclinea, Maxalto, Azucena, Fendi Casa, Audo e Lumens. Flos B&B Italia Group è di proprietà congiunta delle società di investimento globali Investindustrial e Carlyle. Dal 2021 il direttore artistico è Piero Lissoni.

Con il cassettone con il giunto geometrico a tripla forcella, congegnato nel 1955 da Werner Blaser, allievo di Alvar Aalto, Molteni&C presentava il prototipo di mobile moderno. Di nuovo anticipava i tempi con le librerie firmate da Yasuhiko Itoh, Donato D’Urbino e Carlo Volonterio. Si è arrivati così a un altro marchio chiave della Brianza, con capostipite Angelo Molteni, che nel 1934, 22enne, apriva una bottega di falegnameria a Giussano.

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Via via si strutturava compiendo il grande salto. Visionario, intuiva le potenzialità di una fiera come il Salone del Mobile, contribuendo alla sua fondazione. La Molteni sposava lo spirito rivoluzionario di Luca Meda, il designer – fra l’altro – dei contenitori Iride, al Salone nel 1968. Alla Molteni arrivavano Afra e Tobia Scarpa, poi Aldo Rossi, quindi maghi della comunicazione che ridisegnavano loghi e strategie. Dal 2021 questa storia ormai secolare è raccontata dal Molteni Museum (progettato da Jasper Morris) attraverso prodotti, prototipi, storie e immagini. 

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