Trento, sono solo 14 casi in tutto il mondo: «Facevo gare di sci alpinismo, mi sono ritrovata in sedia a rotelle. Seguo una nuova cura, spero di arrivare alle Olimpiadi»
«Il Parkinson è una gabbia che ti imprigiona il corpo». Francesca Agostini ha 37 anni, vive a Sopramonte di Trento e fino a due anni fa era una sportiva instancabile, appassionata di montagna, trekking, maratone, skyrunning e sci alpinismo a livello agonistico. Nel febbraio 2022 la sua vita è cambiata radicalmente quando le è stato diagnosticato un Parkinson giovanile genetico: una forma rarissima della malattia di cui la letteratura medica riporta solo 14 casi in tutto il mondo.
I primi sintomi
«All’inizio ho avuto giramenti di testa, le gambe diventavano molli, camminavo male – racconta Francesca ricordando i primi sintomi -. Avevo 35 anni e non mi sembrava niente di grave. Poi, però…». La sua voce si incrina, mentre cerca le parole per descrivere e mettere ordine in quello che è accaduto. Il progresso della malattia, che aveva già colpito in famiglia e per questo la diagnosi è stata rapida e mirata, è stato repentino, brutale, e ha trasformato in pochi mesi una donna atletica e indipendente in una persona che necessitava di assistenza anche per le attività più elementari.
«Non dormivo la notte, non riuscivo più a camminare e nemmeno a mangiare: la muscolatura, compresa quella dell’esofago, veniva progressivamente compromessa. La mia è una malattia neurodegenerativa che peggiora nel tempo – spiega con lucidità disarmante -. Ti toglie la capacità di fare qualunque cosa, anche le attività più banali. Prima facevo gare di sci alpinismo, maratone… in pochissime settimane mi sono ritrovata sulla sedia a rotelle».
Il telecomando
Ma Francesca non si è arresa e, grazie al personale dell’ospedale Santa Chiara di Trento e alla dottoressa Maria Chiara Malaguti che dirige l’unità operativa di neurologia, ha intrapreso un percorso coraggioso: un delicato e innovativo intervento di stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation). «Le hanno fatto dei buchini nella testa – spiega la suocera, Annalisa, che interviene nel racconto con la spontaneità di chi ha vissuto ogni momento di questa battaglia -. Hanno inserito degli stimolatori, dei fili che scendono fino a una specie di pacemaker sottopelle, sulla spalla, e da cui partono gli impulsi al cervello per stimolarlo a rilassare i muscoli. C’è un telecomando: se lo metti in modalità off, Francesca si spegne, non si muove più, non parla. Se aumenti l’intensità, inizia a camminare e a fare tutto quello che può».
Risultati sorprendenti
I risultati sono stati sorprendenti fin da subito. «Il miglioramento è stato del 70-80% – ammette Annalisa con emozione -. Già il giorno dopo l’accensione del dispositivo, Francesca ha ricominciato a camminare. L’abbiamo vista passare da non muoversi per niente, sulla sedia a rotelle, a fare i primi passi». Francesca ora può alzarsi dal divano da sola, alimentarsi, andare in bagno autonomamente, gestire molte attività quotidiane che prima le erano precluse. Ha persino ripreso a camminare all’aperto: «La prima uscita l’ho fatta al centro commerciale di Trento – racconta sorridendo -. Dopo mesi che non camminavo, trovarmi nei posti a me familiari, circondata dalle persone a cui voglio bene e con le luminarie di Natale è stato davvero una gioia indescrivibile».
L’intervento le ha ridato speranza e la possibilità di sognare ancora. «Un sogno vero sarebbe partecipare alle Paralimpiadi di Los Angeles del 2028 – confessa -. Mi accontenterei della mezza maratona».
Gli stimoli per migliorarsi
«È un obiettivo che le abbiamo dato – interviene nuovamente la suocera – Non è solo un sogno, ma uno stimolo per continuare a migliorare, per spingersi oltre i limiti che la malattia cerca di imporle». «Non è stato facile accettare questa realtà – ammette Francesca -. Ma voglio una vita normale, come tutti gli altri. Avere una famiglia, degli hobby…Il Parkinson è una malattia difficile, che spesso ti costringe a lottare nel silenzio; ma io voglio gridare forte che, con coraggio e determinazione, la vita può essere ancora piena di significato e bellezza». La sua forza deriva anche dal sostegno dei suoi cari, in particolare del marito Andrea (“il mio pilastro, il mio compagno in questa battaglia”) che l’accompagna in questa sfida quotidiana.
«Voglio tornare a essere autonoma»
Per il 2025, Francesca ha un desiderio semplice, ma che la anima ogni istante: «Riuscire a raggiungere l’autonomia, essere in equilibrio nonostante la mia malattia rara». Mentre lo dice, si percepisce nella voce quella determinazione tipica degli atleti, quella capacità di vedere oltre l’ostacolo che ora, più che mai, la aiuta ad affrontare la sua sfida più grande. «È una donna bionica adesso», scherza la Annalisa riferendosi al dispositivo che le permette di muoversi. Ma Francesca è molto più di questo: è un esempio di resilienza, di come la vita possa cambiare da un giorno all’altro e di come, nonostante tutto, si possa trovare la forza di rialzarsi e continuare a sognare, un passo alla volta, verso nuovi traguardi da conquistare. «Anche adesso, nonostante tutto, sento che quelle vette mi aspettano – ammette -. Voglio tornarci! Non solo per me stessa, ma per dimostrare che i limiti sono fatti per essere sfidati, anche quelli imposti da una malattia terribile come la mia».
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