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La premier:«Su questo aspetto non ho le idee chiare, la vedrò». La ministra resiste
DAL NOSTRO INVIATO
JEDDAH – Non la molla, ma nemmeno la incoraggia a restare. Anzi la invita a fare una riflessione, prima di un incontro a due che si terrà a breve, sull’opportunità di una permanenza in un posto importante come quello di titolare delle deleghe sul Turismo e su quanto le vicende giudiziarie, e il rinvio a giudizio, «possano impattare sul lavoro di ministro. E proprio su questo al momento non ho le idee chiare».
Meloni affronta il caso Santanchè prima di salire sulla Vespucci
Giorgia Meloni arriva in Arabia Saudita poco dopo l’ora di pranzo, compie a Jeddah la prima tappa di un viaggio strutturato, che oggi la vedrà incontrare il principe e capo del governo, Mohammed bin Salman, e la cui cifra diplomatica e commerciale è l’innalzamento delle relazioni fra Roma e Ryad a partnerariato strategico, oltre alla sigla di una serie di accordi fra una ventina di azienda italiane e le loro controparti, intese che hanno un valore di circa 10 miliardi di euro (almeno 6 sotto l’ombrello della Sace).
In questa cornice trova spazio anche il caso di Daniela Santanchè. Meloni lo affronta prima di visitare la nave scuola Amerigo Vespucci, che nel suo giro intorno al mondo è al momento ancorata proprio sulle banchine del porto dell’antica città saudita.
La premier rompe il silenzio
Meloni rompe il silenzio e pronuncia parole che vanno interpretate, ma che sembrano far pesare la bilancia più verso un passo indietro della ministra Santanchè, piuttosto che il contrario.
Infatti annuncia che vedrà la ministra nei prossimi giorni (oggi sarà ad Al-‘Ula, luogo archeologico iconico del regno saudita, per incontrare bin Salman, e domani farà una tappa rapida in Bahrein) e fa una premessa che all’inizio sembra una difesa. «Non credo che un rinvio a giudizio sia per esso stesso motivo di dimissione. Penso anche che il ministro stia lavorando ottimamente». Subito dopo però aggiunge: «La valutazione che semmai va fatta è quanto questo possa impattare sul suo lavoro di ministro. E questo è quello su cui non ho le idee chiare».
Insomma il nodo della questione è l’opportunità di restare al proprio posto in un incarico delicato, almeno se questo non può essere svolto nella maniera più serena. «Negli ultimi giorni — ha aggiunto — ho sentito ricostruzioni infondate, ma mi rendo conto che anche il mio silenzio possa averle alimentate. Non c’è alcun braccio di ferro».
La partita è ancora aperta
Quello che pare di capire è che la partita è ancora aperta. Anche se fra gli uomini più vicini a Meloni, nel suo partito, una lettura autentica delle parole della premier restituisce la sensazione di un’accelerazione verso la sostituzione della ministra. Dall’altra parte invece la protagonista, almeno a chi l’ha sentita, ribadisce di non aver intenzione di fare alcun passo indietro e che piuttosto è soddisfatta da quanto dichiarato dal capo del governo.
Il caso Almasri, daremo e chiederemo chiarimenti
A Jeddah la premier parla anche del caso Almasri e difende l’operato del governo, che ha rimpatriato l’esponente libico nonostante il mandato di cattura della Corte penale internazionale dell’Aia: «È stato riportato in Libia per ragioni di sicurezza». Aggiunge Meloni: «Almasri è stato liberato su disposizione della Corte d’appello di Roma. Il governo, di fronte a un soggetto pericoloso, ha deciso di espellerlo immediatamente e in moltissimi casi di detenuti da rimpatriare pericolosi non si usano voli di linea, anche per la sicurezza dei passeggeri. La Corte dell’Aia chiede chiarimenti? Li daremo. Ma ne chiederemo anche noi: specie sui tempi, sul perché la Procura ci abbia messo mesi a spiccare questo mandato di arresto e perché sia stato spiccato quando Almasri aveva già attraversato almeno tre nazioni europee, e lasciava la Germania per andare verso l’Italia».
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