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 Body Positivity: oltre il Crohn e la “ileostomia” c’è la felicità di vivere. La storia di Gaya,: “valore alle cose belle”

MILANO. Gaya ha 23 anni, vive a Novara e lavora in amministrazione per una importante azienda operante nel settore moda. Come secondo lavoro fa la modella, testimonial della body positivity, vale a dire l’accettazione di tutti gli aspetti fisici a prescindere da “cliché estetici”, taglia, forma, , cicatrici e colore della pelle, genere e abilità fisica.

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Gaya ha una malattia cronica molto seria che coinvolge l’intero organismo e in particolare l’apparato digerente: è la malattia di “Crohn”. In molti casi colpisce duro i pazienti compromettendone la qualità della vita e obbligandoli a terapie pesanti e interventi chirurgici anche radicali, come quello che porta alla creazione della “stomia”. Infatti, capita che alcuni tratti dell’intestino risultino così compromessi che è necessario eliminarli chirurgicamente in blocco.

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Spesso si è obbligati a rimuovere la parte terminale del tubo digerente – il colon o il retto – e creare sull’addome del paziente un’apertura chirurgica che assicuri la fuoriuscita degli effluenti e quindi il funzionamento del processo di digestione. Ovviamente, si tratta di un intervento che lascia segni ben visibili sull’addome perché ci sarà un presidio formato da una placca e da un sacchetto di raccolta.

La malattia in questione purtroppo non risparmia i pazienti in età pediatrica e adolescenziale, anzi sembra prediligere quelle fasce d’età. Quando si dovrebbe pensare ai giochi, alla scuola, agli amici, ai primi amori adolescenziali anziché ai dolori articolari e addominali, alle corse in bagno, alle terapie, agli screening endoscopici e ai tanti interventi chirurgici a cui molto spesso si è costretti.

Nel corso della chiacchierata con Gaya è sgorgato, sospinto dalla gioia di vivere, il racconto leggero di una malattia pesante.

Bella, soave, generosa e radiosa, Gaya ha raccontato la sua vita e il suo approccio alla malattia.

Ad un certo punto della tua vita viene a farti visita un “mostro”, la malattia di Crohn. Com’è stato?

“Ho la malattia di Crohn da quando avevo dieci anni. È arrivata abbastanza presto. Sono stomizzata da quando ne ho 18. A 10 anni quando mi è stata fatta la diagnosi è stata una liberazione perché stavo male da tanto tempo e nessuno riusciva a dare una risposta al mio stare male, tanto a me, quanto ai miei genitori. Da un lato ero contenta perché mi era stata data una diagnosi certa.

A 18 anni la necessità di fare una ileostomia?

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Sì, anche in quella circostanza ero contenta perché stavo veramente tanto male e mi sarebbe andata bene qualsiasi cosa pur di ritornare a fare le solite cose: uscire con i miei amici, tornare a lavoro come prima. In realtà ho preso le due fasi, la diagnosi e il ricorso alla ilestomia, in maniera positiva perché il pregresso era negativo. Non mi sono posta problemi su cosa avrei dovuto affrontare, sulle difficoltà, ma sui vantaggi che potevo avere sia dalla diagnosi certa di Malattia di Crohn e sia dal fatto che mi avrebbero messo una stomia definitiva”.

Hai reagito positivamente e non ti sei abbattuta. Non hai mai avvertito come un limite ciò che ti è capitato…

“Sono molto pratica. Cerco di semplificare i problemi alla base. Non si può decidere se ammalarsi o meno, quindi assodato questo ho ragionato in maniera molto schematica: c’è una diagnosi, si fa una cura e si sta meglio. Oppure: si sta male e c’è da togliere la parte di intestino compromessa? Va bene, facciamolo. Di certo non avrò la stessa vita di prima ma sicuramente sarà meglio che soffrire tutti i giorni perché con il Crohn si hanno dolori, si corre in bagno di continuo, diventa difficile o impossibile andare in giro, dormire bene, avere una vita”.

Agli altri che messaggio arriva di te?

“Dipende molto da come ti poni. Se sei una persona spaventata, che ha paura della malattia e della stomia gli altri lo percepiscono e di conseguenza avranno un occhio di riguardo. Ma se ti poni in maniera naturale le persone non ci fanno nemmeno caso al fatto che tu abbia una malattia e una stomia”.

Parliamo un po’ dei tuoi lavori: quello nel settore moda e poi raccontaci qualcosa della body positivity che è la tua seconda occupazione.

“In ufficio mi occupo di conti, registrazioni di dati. Nel lavoro che ha a che fare con la body positivity sono una modella. Faccio un sacco di iniziative interessanti e divertenti perché non c’è soltanto lo stare davanti a una telecamera o a un obbiettivo: io con il mio corpo racconto la mia storia nei diversi contesti, da quelli mediatici come sui giornali o in tv, e fuori dai riflettori. Inoltre, ho la possibilità di conoscere molta gente, cosa che a me piace un sacco. Parliamo sia di persone che condividono la mia stessa malattia, sia di persone semplicemente interessate all’argomento. In tanti mi scrivono sui social. Persone che hanno difficoltà ad accettare la malattia e anche la stessa stomia. O ancora persone che hanno altri generi di problemi di salute e con la stessa difficoltà di accettare la condizione imposta dalla malattia. Mi scrivono per capire e per avere un confronto e conforto”.

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Ecco, tu cosa dici a chi scopre di avere una malattia cronica che dovrà portarsi per tutta la vita?

“Semplificare il problema, di non stare troppo a pensarci. Purtroppo capita spesso di dare più attenzione alle cose negative che a quelle positive”.

Per la serie: “quando siete felici fateci caso”?

“Esatto. A volte bisogna resettare il modo di pensare abituale e focalizzarsi sulle cose belle che si possono avere anche da situazioni difficili come avere una diagnosi o la necessità di dover ricorrere a terapie e interventi radicali come spesso accade con una stomia.

Dare valore alle cose belle”.

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