Coloro che hanno attraversato gli ultimi cinquant’anni di vita amministrativa locale, non avranno
difficoltà a riconoscere come questi correnti siano anni di transizione, in cui si sono fortemente
affievolite le fortune declinanti del vecchio tessuto sociale e produttivo, mentre stentano a venir
fuori visioni di città e modelli organizzativi soddisfacenti. Nel passato c’erano più certezze e più
nitidi erano gli obiettivi, anche se non sempre condivisibili.
Gaeta aveva un tessuto industriale di tutto rispetto. Un po’ meno Formia e Minturno ma,
specialmente la prima, abbondantemente compensata dall’essere città commerciale e di servizi.
Poi le rimesse dei marittimi e degli emigranti e i proventi generati dalla gestione delle aree
demaniali, contribuivano al relativo benessere delle famiglie del golfo. L’investimento privilegiato
era l’edilizia, per sé e per i figli. I leader politici locali, attraverso piani regolatori
sovradimensionati, assecondavano la voglia di uscire dalle vecchie abitazioni anguste e con
scarso soleggiamento dei centri storici, per andare ad abitare nei moderni condomini o nelle
vilette semiperiferiche.
Erano i tempi in cui cominciava a svilupparsi una forte domanda di mobilità che, permetteva ad
un numero sempre maggiore di persone di accedere alle spiagge del golfo dai territori vicini e,
spesso, di comprare la casa per le vacanze. Il turismo era presente, ma non costituiva una
monocultura economica, come oggi sembra avvenire.
Alle incertezze dei tempi che viviamo, complici i difficili scenari internazionali e la permanente
ristrettezza economica nazionale, non sembra corrispondere un impegno amministrativo locale
orientato a dare obiettivi perseguibili di ampio respiro, sia in termini di proposte sostenibili che di
arco temporale esteso.
Le amministrazioni del golfo sembrano prediligere più l’effimero che gli investimenti strutturali di
medio/lungo periodo. I pochi fondi dei bilanci comunali disponibili vengono impegnati
nell’organizzazione di manifestazioni ed eventi ludici per attrarre i turisti. Le conseguenze di
questo modo di amministrare si riflettono nei dati statistici del territorio. Gaeta continua a perdere
abitanti ed è tornata, nel numero di residenti, a settanta anni addietro, a 19.300 abitanti, come
negli anni cinquanta. Minturno l’ha superata abbondantemente, mentre la crescita demografica di
Formia si è fermata.
La popolazione del golfo risulta fortemente invecchiata. Per Gaeta l’indice d’invecchiamento, che
misura il rapporto tra la popolazione sopra i 65 anni e la popolazione compresa tra 0 e 14 anni, è
passato da 138 nel 2002 a 298 nel 2024. Cioè, nel 2024, ci sono 298 anziani per ogni 100
giovani. La popolazione invecchia perché ci sono meno nascite e queste sono poche perché i
giovani se ne vanno. Questa dinamica si riflette anche sull’economia del golfo, dove i redditi dei
pensionati sono assai significativi nella composizione della ricchezza complessiva.
D’altra parte il lavoro che il territorio offre è quello legato al turismo tipo mordi e fuggi, in cui
l’occupazione indotta è di tipo medio basso, a fronte di un alto grado d’istruzione dei giovani del
golfo. Essi ambiscono ad occupazioni dignitose, perciò se ne vanno. Il territorio non riesce a
trattenerli, ad offrire loro opportunità qualificanti. Invece il golfo ha bisogno di posti di lavoro ad
alto valore aggiunto, orientati alla tutela dei suoi beni ambientali e storici, al turismo ed alla nautica da diporto, al commercio qualificato, ai servizi legati al benessere della persona e all’invecchiamento della popolazione.
Sono questi obiettivi che deve perseguire la politica futura. Insomma l’effimero ci può anche
stare, ma non può costituire un modello di sviluppo e la cifra di un mandato amministrativo.
Associazione Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine
Associazione Incontri & Confronti
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