“Il Caso Jekill” – GBOPERA

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Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman
IL CASO JEKYLL
tratto da Robert Louis Stevenson
adattamento Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini
con Sergio Rubini, Daniele Russo

e con
Geno DianaRoberto SalemiAngelo ZampieriAlessia Santalucia
scene Gregorio Botta
scenografa Lucia Imperato
costumi Chiara Aversano
disegno luci Salvatore Palladino
progetto sonoro Alessio Foglia
foto di scena Flavia Tart
Fondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini

Marche Teatro
Teatro Stabile di Bolzano
Roma, 24 gennaio 2025
“Io porto in me stesso la garanzia del mio destino, il fardello di questo potere inestinguibile che si chiama il male.
” – Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde
Il 1885 vide l’irrompere sulla scena letteraria di un’opera in grado di svelare le pieghe più oscure della psiche umana: Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson. Non si tratta di una semplice storia gotica, ma di una vera e propria esegesi sulla natura umana e sul conflitto tra le pulsioni contrapposte che albergano nell’animo di ciascun individuo. Stevenson scava nel profondo, dipingendo una dicotomia universale: il bene e il male, il razionale e l’irrazionale, il conformismo sociale e il desiderio di abbandono al primordiale. Henry Jekyll, luminare della scienza e uomo di riconosciuta rispettabilità, si fa alchimista delle sue stesse tenebre, sperimentando sulla propria carne il dualismo che governa l’esistenza. Edward Hyde, il frutto mostruoso di questa discesa negli abissi, non è altro che la manifestazione tangibile di un inconscio liberato dai lacci della morale vittoriana. In questa lotta interiore, Stevenson anticipa il pensiero psicoanalitico che, pochi anni dopo, avrebbe rivoluzionato la comprensione della mente umana. L’ombra di Sigmund Freud sembra aleggiare tra le pagine del romanzo, laddove il “male” non è più un elemento esterno, ma una parte intrinseca e ineliminabile dell’Io. Non è un caso che l’opera sia stata ripresa innumerevoli volte, adattata a contesti e sensibilità diverse, come nel caso dello spettacolo teatrale Il Caso Jekyll, prodotto da Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Marche Teatro e Teatro Stabile di Bolzano. Questo adattamento, firmato da Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini, trasforma la narrazione di Stevenson in un rito scenico che dialoga con la contemporaneità. Rubini, demiurgo e interprete, costruisce un allestimento che fonde tensione narrativa, riflessione filosofica e suggestioni visive. La figura di Jekyll non è più soltanto un medico in cerca della verità, ma un simbolo universale di un’umanità divisa tra aspirazioni di purezza e abissi di corruzione. Come spiega lo stesso regista: “Henry Jekyll è uno studioso della mente, simbolo di un’epoca che scopriva l’Inconscio, e Hyde diventa la proiezione di quell’ombra che tutti portiamo dentro. Il nostro racconto non si limita a rievocare il romanzo, ma lo rilegge attraverso le inquietudini del presente.La scenografia di Gregorio Botta contribuisce a questa visione, creando uno spazio di confine, un palazzo di vetro smerigliato che si presta a infinite interpretazioni: una prigione mentale, un laboratorio dell’anima, una metropoli vittoriana intrappolata nella nebbia del tempo. Le luci orchestrate da Salvatore Palladino trasformano ogni angolo del palcoscenico in un quadro vivente, oscillando tra penombra e bagliore improvviso, tra sogno e incubo. I costumi di Chiara Aversano, fedeli all’epoca storica, aggiungono un ulteriore strato di narrazione visiva, sottolineando il dualismo dei personaggi. Il cuore pulsante dello spettacolo è la performance di Daniele Russo, che si sdoppia nei ruoli di Jekyll e Hyde con una potenza interpretativa che lascia senza fiato. Jekyll è rappresentato come un uomo fragile, dilaniato dal desiderio di trascendere i limiti umani, mentre Hyde emerge come una forza primitiva, una belva luciferina che non conosce freni. Russo modula la voce e il corpo in un gioco di contrasti continui, incarnando con rara maestria l’eterna lotta tra luce e ombra. Sergio Rubini, oltre a dirigere, si ritaglia il ruolo del narratore e del dottor Lanyon. La sua presenza scenica è discreta ma fondamentale, un filo conduttore che guida lo spettatore attraverso i meandri della storia. La narrazione è arricchita dal progetto sonoro di Alessio Foglia, una sinfonia di suoni che non si limita ad accompagnare l’azione, ma ne diventa parte integrante. Ogni rumore – lo scroscio dell’acqua, il passo sul selciato, il fischio sinistro di Hyde – amplifica la tensione e immerge lo spettatore in un universo sensoriale totale. Il Caso Jekyll si distingue per la sua capacità di mantenere alta la tensione narrativa, senza cedimenti, fino al climax finale. La metamorfosi di Jekyll in Hyde non è solo fisica, ma profondamente esistenziale, una parabola sulla condizione umana e sui limiti della civiltà. La regia di Rubini non si accontenta di una lettura superficiale del testo, ma lo sviscera, interrogando lo spettatore con domande scomode: quanto sottile è la patina di moralità che ci separa dal caos? Fino a che punto possiamo controllare l’ombra che ci abita? L’esperienza teatrale offerta da questo spettacolo è totalizzante. Ogni elemento – dalla scenografia ai dettagli scenici, dalla recitazione alla colonna sonora – concorre a creare un’opera corale di straordinaria complessità. Non è solo un tributo al romanzo di Stevenson, ma una sua rigenerazione, una sfida che invita il pubblico a riflettere sul proprio rapporto con l’oscurità interiore. In scena al Teatro Quirino di Roma, Il Caso Jekyll non è semplicemente uno spettacolo, ma un viaggio nelle profondità dell’anima, un’allegoria moderna sulla fragilità della condizione umana. Dopo il calar del sipario, lo spettatore non può fare a meno di portare con sé le domande sollevate dalla rappresentazione, interrogandosi sulla propria natura e sul sottile confine che separa la ragione dalla follia, il bene dal male, l’uomo dalla sua ombra. @Photocredit Flavia Tartaglia



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