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FIRENZE
La sentenza di un delitto avvenuto quasi 30 anni fa, in una guerra per il controllo delle lucciole sui marciapiedi di Varlungo, potrebbe aver un diverso epilogo per uno dei condannati. La Cassazione ha infatti accolto il ricorso dei difensori di Nikolla Duri (albanese condannato all’ergastolo per l’omicidio del connazionale Alban Zhuka, ucciso a coltellate in via Turati la notte del 16 settembre 1995) contro il “no” del tribunale di Genova alla richiesta di revisione presentata dai legali dell’imputato.
La corte d’appello ligure non aveva ritenuto “nuova prova” la testimonianza di una persona già “nota“ negli atti del processo che si è riacceso due anni or sono con l’arresto di Duri, irreperibile per 25 anni.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso degli avvocati, indica una diversa considerazione della prova raccolta dai legali dell’imputato – gli avvocati Flavio Cioccarelli e Francesca Aricò – con la testimonianza di K.A., un altro albanese che con le sue dichiarazioni potrebbe scagionare il condannato.
Dunque, dopo l’indicazione degli Ermellini, dovrà esserci “una nuova valutazione preliminare di ammissibilità dell’istanza, alla medesima Corte di appello di Genova”. E uno spiraglio per un diverso esito del processo a carico di Duri.
Un regolamento di conti nell’ambito del racket della prostituzione portò all’esecuzione di Zhuka, fidanzato a sua volta con giovane connazionale che lavorava in lungarno Aldo Moro, facendone di fatto il protettore.
Il 16 settembre 1995, aveva un appuntamento: ci andò disarmato, ma gli altri avevano due coltelli, ritrovati insanguinati in un campo.
Per l’accusa, uno dei tre albanesi che partecipò all’esecuzione, era Nikolla Duri. Ma egli, al momento dell’esecuzione di una’ordinanza di custodia cautelare, non era più reperibile. E’ stato rintracciato nel 2021 a Pordenone. Con l’arresto, gli venne contestato anche quel pesante carico del passato.
In assenza, era stato condannato all’ergastolo, ma con una remissione in termini degli avvocati Sabrina Del Fio e Alessandro Falzoni, era riuscito a ottenere un “nuovo“ processo d’appello. Durante il quale era riuscito a evitare un’aggravante, quella della premeditazione, ma non l’ergastolo per i “motivi abbietti” contestati. Ora spera in un nuovo processo.
ste.bro.
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