Per anni ha vissuto in silenzio le vessazioni del marito, convinta che l’arrivo dei figli avrebbe portato equilibrio nel matrimonio. Ma così non è stato. Lui ha cominciato ad essere aggressivo pure con loro. Lei si è aggrappata alla speranza di un futuro migliore ed è riuscita, con aiuto di un centro antiviolenza, ad inserirsi nel mondo del lavoro: “Ho voluto mettere in pratica l’invito di Papa Francesco ad offrire opportunità di riscatto agli ultimi”
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Ho intravisto la speranza negli occhi dei miei figli quando ho deciso di andare via, insieme a loro, dalla casa in cui vivevamo e dove per circa vent’anni ho subito da mio marito, il loro padre, violenze psicologiche e fisiche. E la vedo anche negli occhi delle persone che oggi lavorano nella mia piccola impresa, migranti e donne vittime di tratta. Ho visto accendersi una nuova luce, quando, offrendogli un’opportunità professionale, hanno recuperato quella dignità che era stata loro tolta, com’è successo a me”. È una voce pacata quella di Giorgia Puleo, 52 anni, siciliana, dalla quale traspaiono forza e determinazione. Ed è un volto sereno il suo, frutto di una storia di rinascita che condivide con i media vaticani, dopo anni bui vissuti tra le mura domestiche e tanta sofferenza gettata alle spalle.
Questo Anno Santo per lei è un nuovo inizio, la speranza di un futuro migliore che si è concretizzata. Il Giubileo è per tutti un’opportunità per ricominciare, dice, per mettersi in cammino e riscattarsi dal passato.
Un’esistenza di privazioni e violenze
Giorgia oggi è un’imprenditrice; la sua piccola azienda, con otto dipendenti, offre servizi di pulizia a un centinaio di Bed & Breakfast e case vacanza, a Palermo, e vuole dare una possibilità agli ultimi, quegli “scartati” che Papa Francesco chiede di non dimenticare, di aiutare e sostenere. “Questo è stato sempre un messaggio che ho tenuto fisso nella mia mente – confida -, perché anch’io mi sono sentita un’ultima e pensavo di non avere speranza, di non potere mai uscire dalla situazione nella quale mi trovavo. Invece è successo, e vorrei che anche per altre persone fosse così”. Quella di Giorgia era un’esistenza priva di spazi propri. Conseguita la maturità scientifica aveva rinunciato agli studi universitari per evitare le scenate di gelosia del fidanzato, che non gradiva nuove amicizie nella sua vita. Quell’esclusività che lui le chiedeva, lei l’aveva intrepretata come una particolare forma d’attenzione, il suo modo di manifestarle i sentimenti, il suo amore, e così lo aveva sposato. Ma dopo il matrimonio lui si era rivelato possessivo, opprimente, veemente; le aveva impedito di lavorare, uscire, avere hobby e vedere regolarmente la sua famiglia. Lei si era convinta che i figli avrebbero portato equilibrio, aggiustato il ménage familiare. Ne sono arrivati quattro, ma le cose non sono cambiate, anzi sono arrivati maltrattamenti, prepotenze, vessazioni, e quando la primogenita ha provato a dialogare con il padre perché non umiliasse la madre, tutto è peggiorato. Quell’aggressività e prepotenza riservate prima solo a lei, Giorgia le ha viste riversate anche nella figlia, e così, dopo continui aspri litigi, ha deciso di allontanarsi dal marito. Accolta dai suoi genitori, continuava, però, a vederlo e a sentirlo per non sottrarre totalmente i figli al loro padre, e lui non aveva smesso di mortificarla e avvilirla. La accusava, inoltre, di avere distrutto la loro famiglia esasperandola. Giorgia proprio non riusciva a fronteggiarlo quell’uomo e a ricostruire la sua esistenza. Logorata e disperata vedeva due strade davanti a sé: togliersi la vita o darle una svolta.
La decisione di cambiare vita
“Un giorno, una strana forza dentro di me mi ha spinta ad andare al Pronto Soccorso – rievoca Giorgia -. Non mi sentivo bene, ero in preda a una crisi d’ansia, avevo tachicardia, ero agitata. Arrivata in ospedale i medici mi hanno immediatamente assistita e aiutata e affiancandomi subito una psicologa che mi ha consigliato di rivolgermi a un centro antiviolenza”. Giorgia intraprende allora un cammino che le consente di ritrovare sé stessa, di affrontare paure, traumi e dolore, poi le viene proposta un’esperienza lavorativa nel settore turistico, per imparare una professione e rendersi indipendente economicamente. Apprende in fretta e dimostra di avere capacità e talento, tanto che, terminato il tirocinio, le viene suggerito di aprire una propria impresa di pulizie per strutture ricettive. “Era la prima volta che qualcuno credeva in me, nelle mie potenzialità, ma io temevo di non riuscire. Allora chi mi ha incoraggiata a lanciarmi nel mondo del lavoro mi ha aiutata a riflettere sul fatto che io, avendo quattro figli, gestivo già una piccola azienda, facendo quadrare i conti con il poco denaro che avevo, provvedendo alle loro necessità e organizzando la loro quotidianità”. Giorgia si rivolge così a Banca Etica che crede nel suo progetto e le concede credito. “Ho aperto il mio primo e unico conto corrente aziendale presso la loro filiale di Palermo – ricorda commossa e felice -. Ho cominciato un’avventura che ancora prosegue e il 16 dicembre scorso sono stata invitata da Banca Etica a prendere parte all’udienza concessa da Papa Francesco ad alcuni istituti bancari italiani, tra quanti beneficiano dei loro servizi finanziari”.
L’incontro con Papa Francesco
È orgogliosa Giorgia di aver rappresentato davanti al Pontefice la sua azienda, che vuole essere virtuosa e mettere in pratica l’invito dello stesso Francesco a dare spazio ed opportunità ai più sfortunati e bisognosi. “È stata una grandissima emozione, perché ho sempre visto in Papa Francesco un papà che accoglie e capisce i bisogni dei propri figli – spiega Giorgia -. Mentre ero in fila e avanzavo nella Sala Clementina per salutarlo, pensavo di vederlo un po’ stanco, perché ero stata preceduta da un centinaio di persone. Ma non è stato così. Quando gli ho stretto la mano e ho incrociato il suo sguardo non sono riuscita a proferire parola, eppure sembrava che lui sapesse tutto di me. Guardandomi era come se volesse dirmi: ‘Ti capisco, so cosa vuoi dirmi, non preoccuparti’”. Lacrime di gioia tornano a riempire gli occhi di Giorgia. Per lei l’incontro con il Papa è stato il culmine di quel percorso che l’ha portata a creare una piccola impresa per dare lavoro ai più fragili. Come il suo primo collaboratore, un giovane dello Sri Lanka, marito e padre, che rischiava di essere espulso perché il suo permesso di soggiorno stava per scadere e non aveva un’occupazione, o la donna nigeriana accolta dalla Missione Speranza e Carità di Biagio Conte alla quale ha offerto un impiego e che ancora la affianca.
Coltivare la speranza
Giorgia non si è fermata alla sua piccola impresa, oggi tiene anche corsi di formazione nelle carceri per favorire il reinserimento lavorativo dei detenuti in esecuzione pena. E poi spesso racconta la sua storia, ad altre donne, durante campagne antiviolenza e incontri di condivisione. “Il messaggio che vorrei dare è quello di non perdersi d’animo – dice -. Bisogna chiedere aiuto, rivolgersi a chi è competente. Spesso si pensa di non poter ricevere sostegno, ma ad esempio nei centri antiviolenza ci sono tantissime persone che collaborano gratuitamente, dall’avvocato penalista a quello civilista, dagli psicologi ai medici”. Guarda al futuro con ottimismo adesso Giorgia, sicura di poterlo affrontare. “Papa Francesco, che ha sempre avuto una particolare attenzione per gli ultimi, i più bisognosi, i più fragili, con le sue parole mi ha dato speranza e io l’ho coltivata – conclude -. Vorrei che anche altri potessero fare lo stesso”.
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