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diMonica Guerzoni
Il confronto con il ministro dell’Economia Giorgetti dopo le dichiarazioni sui «sacrifici»
Quel «chiederemo sacrifici a tutti», sintesi dell’intervista di Giancarlo Giorgetti a Bloomberg, ha innescato giorni di tormenti e incomprensioni tra Palazzo Chigi e via XX Settembre, per placare i quali c’è stato bisogno di un confronto ai massimi livelli.
Giorgia Meloni ha parlato con il ministro dell’Economia e gli ha chiesto conto degli accenti e dei tempi di quelle dichiarazioni, che giovedì hanno fatto perdere un punto e mezzo a Piazza Affari e scatenato la furia di Tajani. Cosa voleva dire, il leghista che ha in mano la chiave dei conti pubblici?
Raccontano fonti meloniane che il colloquio con il responsabile dell’Economia sia stato «sereno», senza tirate d’orecchie né sconfessioni. Giorgetti ha spiegato a «Giorgia» la sua versione e pare sia riuscito a convincerla, nonostante si sia trattato di un’intervista video, che le sue parole «sono state strumentalizzate».
Non era insomma intenzione del ministro invocare più tasse per tutti, ma «solo» chiedere un contributo alle grandi banche e aziende per risanare i conti dello Stato. Concetto su cui anche la presidente del Consiglio è d’accordo, perché «le cose giuste si fanno» e perché «tutti devono essere pronti a fare la loro parte». Come recita l’articolo 53 della Costituzione e come impone il fatto che mancano una decina di miliardi per scrivere la legge finanziaria.
In che modo e con quali strumenti normativi verrà richiesto il «contributo», per usare il termine soft imposto alla maggioranza da Palazzo Chigi, è ancora tutto da decidere. Nessuna decisione è presa. Di certo, nelle intenzioni della premier, non ci saranno prelievi forzosi o sopratasse generalizzate.
Meloni non punta a una manovra lacrime e sangue che penalizzi lavoratori, famiglie e imprese, ma a una «manovra equa, come le precedenti». E non sembra essersi scoraggiata troppo per gli ultimi dati dell’Istat, che ha corretto al ribasso dello 0,2% la crescita del Pil. Per lei «l’economia italiana regge e la crescita economica è migliore della media dell’Eurozona».
A preoccuparla (molto) è piuttosto la situazione internazionale, alla quale sta dedicando gran parte del tempo tra le mura di Palazzo Chigi. Ma per quanto il suo assillo quotidiano siano le guerre, a innervosirla non poco è anche la politica interna. Non tanto Schlein che la sprona a mettere la faccia sulle accise, né Renzi che la chiama «la Premier delle tasse», quanto la constatazione che nel suo partito qualcuno lavori «per gli avversari». Sapeva che lo sfogo sulla chat di Fdi pubblicato dal Fatto sarebbe uscito e forse per questo ha alzato i toni, fino a minacciare le dimissioni. Ma era solo un avviso ai naviganti. Perché ieri Meloni ha passato la giornata a rassicurare i fedelissimi: «Tranquilli, io non mollo!».
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