Jennifer Alcani morta a 13 anni nell’incidente, la mamma: «Quella notte uscì di nascosto, sono stati gli amici a convincerla»

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di
Federico Berni

Parla la mamma della ragazzina morta nell’incidente ad Abbadia Lariana: «È andata a letto, le ho dato il bacio della buonanotte. La mattina dopo, alle 7, quella telefonata dall’ospedale»

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Andare a dormire convinta che la figlia sia nel suo letto, nella stanza accanto. Ritrovarsi al pronto soccorso del Manzoni di Lecco, all’alba. Riannodare i fili: l’uscita di nascosto della ragazzina di soli 13 anni, la notte in giro per locali con due amici maggiorenni, la corsa in auto a 150 chilometri all’ora, lo schianto in galleria, e la morte, dopo giorni di agonia, di una adolescente «che voleva sentirsi grande, ma che in realtà era ancora bambina», ricorda ora la mamma, Graziella Danca. Nel tormento atroce che un lutto simile può provocare, alla madre di Jennifer Alcani, scomparsa dopo l’incidente stradale avvenuto all’alba del 10 gennaio ad Abbadia Lariana, lungo la provinciale 72, tocca pure difendersi dalla gogna affrettata della gente, amplificata dai social network.

Che cosa risponde a chi le dice di essere stata una madre che non si occupa della figlia?
«Dico che sono un’operaia che lavora in fabbrica, fuori città, madre single. Che mi sveglio la mattina alle 7, puntuale, e rientro a casa dodici ore dopo. Così ho fatto anche quel giorno».

Si sente di rivivere quanto accaduto quel giorno?

«L’ho svegliata e l’ho accompagnata a scuola. Alla sera, al mio rientro, siamo andate da McDonald’s a cenare. Poi siamo tornate a casa».




















































Quando l’ha vista per l’ultima volta?
«In camera sua, nel letto. Sembrava addormentata. Le ho dato il bacio della buonanotte, come sempre. Tutto normale fino alle 7 del mattino dopo, quando mi chiamano dall’ospedale, mentre stavo bevendo il caffè. Mi dicono che Jenny ha avuto un incidente. Penso: “No, non può essere vero”. Sono corsa in camera e non l’ho trovata. E lì, a quel punto, tutto è crollato».

Ci sarà un processo. Intanto, con il suo avvocato Marcello Perillo ha presentato una seconda denuncia (la prima per omicidio stradale è indirizzata contro il 22enne che guidava la Bmw, ndr) per «sottrazione di minori» contro i due ragazzi (l’altro ha 19 anni, ndr) che erano con sua figlia. Perché un’accusa simile?
«Le chat dimostrano che l’hanno convinta a uscire, quella notte, con la scusa di doverle restituire un paio di scarpe. Ovviamente sono allegate alla denuncia. Mi chiedo, poi, come mai chi guidava ha ancora la patente. Loro sono liberi, Jenny me l’hanno portata via. Chi ha sbagliato deve pagare.

Conosce i due ragazzi?
«Sì, frequentavano la zona in cui si riunisce la comitiva di Jenny. Si atteggiavano da bulletti, tra mamme ne avevamo parlato. Io le dicevo di lasciar stare. Lo ripeto, l’hanno convinta a scappare di casa. Poi li ho visti quella mattina in pronto soccorso, ho chiesto se c’entrassero qualcosa. Mi hanno detto che avevano “preso la ghiaia”».

Jenny si confidava con lei?
«Non c’erano segreti tra noi. In fondo era ancora una bambina, spesso dormivamo insieme nel lettone. Voleva fare quella già grande, come tante alla sua età, ma era una ragazzina dolcissima».

Gli inquirenti procedono per chiarire tutti gli aspetti della vicenda. È stata infatti disposta una perizia cinematica per ricostruire con esattezza la velocità dell’automobile (di proprietà del 19enne e condotta dal 22enne perché il primo era stato bocciato all’esame della patente) e in generale la dinamica dell’incidente. Sono in corso le analisi delle immagini postate sui social network (c’è un video che riprende gli attimi prima dello schianto) e si attendono gli esiti dei test sul giovane al volante, finalizzati a comprendere se fosse o meno sotto effetto di alcol o droghe. Bottiglie di alcolici sui sedili anteriori della Bmw compaiono nel video. E un altro filmato riprende Jenny che ride, senza cintura di sicurezza.

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