I capi d’impresa in Svizzera sono ottimisti per il 2025, malgrado un mondo in crisi. Si affidano al mercato elvetico piuttosto che a quello internazionale, mostra un sondaggio pubblicato lunedì, all’apertura del Forum economico mondiale (WEF) di Davos.
I dirigenti d’azienda elvetici si mostrano non solo più fiduciosi rispetto ai colleghi internazionali ma anche molto più ottimisti rispetto all’anno sorso, scrive PricewaterhouseCoopers (PwC) in un comunicato. L’economia e i mercati “hanno dato prova di resilienza”, la fiducia è cresciuta.
Oltre la metà dei capi d’impresa elvetici si aspettano una crescita dell’economia mondiale quest’anno. Due terzi predicono un incremento del mercato svizzero, particolarmente resiliente nel 2024.
L’anno scorso, due volte meno intervistati pensavano in questo modo. L’evoluzione è una buona notizia per la sicurezza degli impieghi, con la maggioranza dei dirigenti che vuole mantenere i posti. L’ottimismo porta inoltre a una maggiore volontà di investimenti: con un quarto che prevede di elargire fra i 10 e i 25 milioni di dollari, di cui la metà in Svizzera, dato che piazza la Confederazione al secondo posto nella classifica degli investimenti domestici.
L’IA è ormai la norma
Altro grande cambiamento rispetto allo scorso anno: l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA). Circa l’84% dei capi d’impresa dicono di averla utilizzata negli ultimi 12 mesi, contro solamente il 16% registrato nell’ultimo sondaggio.
Sono però meno convinti dei vantaggi economici legati alla tecnologia, nonostante un guadagno di tempo possibile. Solo il 27% dà poi fiducia all’IA per i processi più importanti.
Il clima sempre meno una preoccupazione
Per ciò che concerne le preoccupazioni, i cyber-rischi sono sempre in testa. I conflitti geopolitici, anche se meno impattanti per i mercati, seguono a ruota. Pure la volatilità macroeconomica è fonte di inquietudine.
Il clima, invece, non preoccupa praticamente più nessuno. Solo l’1% dei “patron” svizzeri considerano che la loro impresa sia direttamente coinvolta dal cambiamento climatico. A livello internazionale la quota è del 15%.
Le aziende rossocrociate, rispetto al resto del mondo, sono un buon modello di investimenti rispettosi dell’ambiente. Sono invece in fondo alla classifica quando si tratta di accettare risultati in ribasso in seguito a tali investimenti.
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