GIANCARLO ELIA VALORI
Honorable de l’Académie des Sciences de l’Institut de France
Honorary Professor at the Peking University
Il 27 Gennaio 1945 fu liberato il campo di sterminio di Auschwitz. Molti Ebrei furono sterminati nei giorni e nei mesi successivi, nella torsione folle delle SS per eliminare le prove della Shoah e, insieme, per concludere la “soluzione finale del problema ebraico” come era stata definita nella Conferenza di Wannsee del 20 Gennaio del 1942.
E’ per questo motivo che il Governo italiano ha stabilito per questa data, come è accaduto anche in altri Paesi europei, il “Giorno della Memoria”.
Memoria di un genocidio efferato come mai è accaduto nella storia, motivato da una ideologia insieme economica, razziale, culturale, storica, nella quale sono raccolti, come in un terribile museo, tutti gli errori o ogni efferatezza della storia europea.
Le ideologie, come insegnavano appunto gli ideòlogues napoleonici del primo Ottocento, sono composti apparentemente nuovi di elementi vecchi e ben noti.
Nel caso della Shoah e del nazismo che l’ha scientemente e quasi completamente realizzata, l’antisemitismo violento si nutre di odio verso l’Altro, identificato nell’Ebreo, di anticapitalismo, per il vecchio stereotipo della “finanza ebraica” padrona del mondo, dell’antisocialismo e dell’odio verso tutte le ideologie liberali e progressiste, e dell’odio verso la cultura libera e critica.
Insomma: l’antisemitismo radicale del nazismo, che porta al genocidio programmato del popolo Ebraico ovunque le armate di Hitler arrivino, è l’antieuropa.
Ed infatti, corollario della Shoah, vi è tutta l’ideologia nazista della razza e del suolo che è radicalmente estranea a ogni forma di cultura europea, di destra come di sinistra; anche se nell’antisemitismo nazionalsocialista si confondono temi che vengono dall’odio antiebraico del socialismo secondo Proudhon e lo stesso Marx, dal positivismo pseudoscientista e razzista degli anni ’70 dell’ottocento, dall’anticapitalismo della destra tradizionalista, dal totalitarismo fascista. Tutti elementi che ritroviamo nel falso storico, da tempo dimostrato come tale, dei “Protocolli dei savi di Sion”. Un testo elaborato dalla vecchia polizia segreta zarista che figura, ancora oggi, citato come vero nell’art. 32 dello statuto di Hamas, il gruppo estremista sannita operante nei Territori dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Questo per dire che molti dei componenti dell’ideologia nazionalsocialista che hanno generato la Shoah sono ancora, come radicali liberi, presenti nel discorso politico contemporaneo.
Ecco perché occorre ricordare, occorre verificare a quale orrore giunge quell’insieme di ideologie che ancora hanno diffusione, come singoli elementi, nella psiche di massa del nostro mondo postmoderno.
Ed infatti oggi, più ancora che negli anni scorsi, occorre ricordare, occorre usare quella carità del pensiero che è appunto la memoria.
Dopo la Conferenza sull’Olocausto di Teheran, organizzata dalla presidenza della Repubblica Islamica dell’Iran l’11 e 12 Dicembre del 2006, il negazionismo dell’Olocausto, la banalizzazione o addirittura la folle negazione della Shoah sono divenuti parte del discorso politico internazionale, elementi essenziali di una nuova configurazione dei rapporti di potenza nel Medio Oriente e, per molti aspetti, anche in Europa.
La finalità di questa conferenza dall’allure preudoscientifica è evidente: togliere, tramite la banalizzazione della Shoah, ogni diritto dello Stato di Israele a permanere come tale, e costringere l’Europa e gli USA a riassorbire quegli Ebrei che oggi risiedono nello Stato di Israele, di cui si proclama esplicitamente la distruzione, sia per via militare che per mezzo dello strangolamento economico e demografico.
Nel “Giorno della Memoria”, quindi, occorre ricordare che la verità della Shoah, che solo un pazzo può negare o banalizzare, è strettamente collegata all’esistenza, alla salvezza, alla difesa, al buon diritto dello Stato di Israele.
Qui, la disinformazione di massa ha generato terribili danni, anche nell’opinione pubblica europea e internazionale.
Ormai, l’ideologia che, come è accaduto nella mostra di vignette sull’Olocausto nel settembre 2006 sempre a Teheran, viene diffusa sia in Occidente che nei Paesi islamici è quella che caratterizza la politica israeliana verso i palestinesi come esattamente equivalente a quella dei nazisti contro gli Ebrei. Ecco a che punto siamo arrivati, nell’epoca postmoderna dove le ideologie semplificate come slogans pubblicitari sono ormai prive di fondamenti storici, proprio come accadeva con l’ideologia nazionalsocialista prima della ascesa al potere di Hitler.
Non a caso, proprio dopo la Guerra del Luglio 2006 tra Israele e l’organizzazione sciita Hezb’allah in Libano, sono aumentati in modo esponenziali gli atti di antisemitismo violento in Europa.
Da Aprile a Agosto del 2006, in Austria sono stati registrati 83 atti di antisemitismo violento, mentre nello stesso periodo in Francia ne sono avvenuti bel 61, mentre in Svizzera e in Svezia alcuni tra i principali partiti politici hanno organizzato manifestazioni a favore di Hezb’allah.
In Italia e in Germania, Paesi nei quali si manifestarono il fascismo e il nazismo come risposte terribili a quella che negli anni ’30 veniva percepita come la finis Europae, le azioni contro persone e cose riferibili alle comunità Ebraiche sono aumentate, secondo i dati raccolti dalle polizie, del 50% circa.
Bene, possiamo dirlo senza infingimenti: il “Giorno della Memoria” del 27 Gennaio serve, oggi, a creare o a ricostruire una coscienza storica e morale ormai in gran parte distrutta o messa in sordina dalla propaganda negazionista o revisionista della Shoah che, tra le giovani generazioni, viene veicolata dalle ideologie estremiste sia di destra che di sinistra.
In una Europa che, come negli anni ’30, si sente in crisi e viene messa ai margini dei grandi processi geopolitici e di economia globale, che vedono emergere Cina, India, la Federazione Russa normalizzata da Vladimir Putin e dal suo uso strategico del petrolio e del gas dell’immenso continente distrutto dal socialismo leninista; e nel momento in cui gli USA mantengono una proiezione globale dello loro forza militare nei quadranti strategici che interessano l’Europa, ecco che l’Europa potrebbe trovare il suo capro espiatorio tradizionale, gli Ebrei, da offrire alle potenze in crescita del Medio Oriente che tengono i rubinetti del petrolio e delle vie del commercio internazionale, essenziale per la sopravvivenza economica del vecchio Continente.
E’ un pericolo reale, che la Giornata della Memoria, insieme ad altre iniziative di formazione e informazione storica onesta, può contribuire a sventare.
Il pericolo di una nuova Monaco, ovvero il pericolo di una nuova capitolazione dell’Europa alle mire di un qualche dittatore privo di scrupoli (e ferocemente antisemita) è presente, e ricordare cosa è successo dopo agli Ebrei, e quindi alla civiltà europea, è essenziale per sventare questa nuova Monaco che aprirebbe il varco a una nuova “Battaglia per l’Europa” tra i Paesi del Medio Oriente o dell’Oriente più cinicamente interessati ad avere un mercato e una popolazione asserviti alle loro mire. E tutto questo attraverso l’odio antiebraico, vero grimaldello dell’antieuropa.
La Shoah, in Italia, c’è stata, eccome. Se su tutto il territorio italiano erano presenti, nel 1938, anno delle “leggi razziali” fasciste, 46.656 Ebrei, nel 1945 erano presenti in Italia (compresa l’area del “Regno del Sud”) 26.938 Ebrei.
Quindi, in Italia vi fu un calo della popolazione ebraica, tra il ’38 e il ’45, del 48%, Se si considera solamente il tasso dei morti tra l’inizio del regime della RSI e dell’occupazione tedesca e la fine della guerra, quindi il lasso di tempo tra il settembre 1943 e l’Aprile 1945, la perdita rappresenta il 22,5%, con 32.307 Ebrei in clandestinità meno 5970 morti in deportazione, meno 322 morti in Italia, 900-1000 Ebrei dispersi.
Gli Ebrei deportati dall’Italia e dalle isole del Dodecanneso furono 8.566, di cui 5.557 morirono di stenti o nelle camere a gas.
Gli Ebrei romani deportati furono 1023, di cui 16 sopravvissuti, una sola tra le donne.
Quindi, anche in Italia, area non particolarmente popolata di Ebrei, almeno rispetto alle zone dell’Oriente slavo e della Germania pre-nazista, la Shoah è una realtà tangibile e terribile, che certo deve essere ricordata perché, in quel momento, l’Europa ha perso se stessa e il suo nesso con la civiltà umana, un collegamento che oggi, per motivi diversi ma che comunque potrebbero sfociare in un nuovo antisemitismo, potrebbe annullarsi.
Nella “Giornata della Memoria” del 27 Gennaio ricordiamo non solo la realtà vera dell’Olocausto, ma ricordiamo quel momento, terribile, in cui i non-Ebrei hanno perso la loro anima, il rapporto tra politica e morale, la morale naturale ed eterna che è al centro di ogni tipo di civiltà.
Né vale, sul piano reale e culturale, la comparazione, tentata da molti ideologi antisemiti oggi, tra il genocidio degli Ebrei durante (ma anche prima) della Seconda Guerra Mondiale e i tanti genocidi da quello degli Armeni a quello del Ruanda fino alle azioni delle bande islamiste in Darfur e nel Corno d’Africa.
Naturalmente, non si tratta di fare graduatorie morali: tutti i genocidi sono orrendi crimini che è fin troppo ovvio condannare.
Ma la Shoah fu un genocidio? Si e no. Se vediamo gli altri genocidi di massa, da quello degli Armeni tra la fine dell’Ottocento e il 1915 abbiamo uno scontro violento tra religioni e etnie (curdi e ottomani contro armeni) o tra etnie (hutu a tutsi in Ruanda) tra religioni (animasti e cristiani protetti da Roma contro islamisti in Darfur e in Sudan).
Nel caso della Shoah, abbiamo una ideologia (il nazismo) che teorizza la superiorità della “razza ariana” ma non si limita certo al popolo tedesco e che accoglie battaglioni SS di religione islamica o i “crociati “ delle SS vallone in Belgio, e un popolo che si identifica in una religione ma non è tecnicamente parlando una “razza”. Una ideologia criminale a suo modo internazionalista, almeno tra i popoli “ariani”, contro un popolo che si identifica con una religione. Una asimmetria ideologica e criminale che differenzia la Shoah da tutti gli altri efferati genocidi, antichi e recenti.
Addirittura, l’apparato ideologico del regime iraniano diffonde l’idea, del tutto cervellotica ovviamente, che gli Ebrei attuali siano discendenti dei Khazari, una tribù seminomade del Turkmenistan che abbracciò l’Ebraismo dal 950 d.C.
Una ipotesi elaborata da Arthur Koestler, che riteneva gli Ebrei Askhenaziti provenienti dai Khazari. Ma una ipotesi che serve, nel piano di propaganda iraniano e di molti paesi mediorientali, a togliere ogni identità propria agli Ebrei e quindi, in definitiva, ogni diritto politico e statuale.
Si pensi, a questo riguardo, alla grande opera di propaganda televisiva antisemita diffusa in tutti i Paesi arabi del Medio Oriente, con la serie “cavalieri senza cavallo”, che popolarizza tutte le tematiche antisemite contenute nei “Protocolli dei Savi di Sion”.
La finanza ebraica al potere, che “strozza” i non ebrei, la tradizione di uccidere un bambino cristiano per preparare le matzòt della Pasqua, gli accordi tra i sionisti e i nazisti per uccidere gli Ebrei poveri, l’Ebraismo alla radice di tutte le rivoluzioni in Europa e altrove.
E tutto questo si diffonde in Europa e in USA con il canale privilegiato di una conoscenza ristretta e talvolta ridicola per quanto è faziosa, della questione palestinese e della politica dello Stato di Israele.
Magari, non si ricorda che fu proprio Arafat a far cadere nel vuoto prima gli accordi di Madrid e quelli di Camp David, e certamente il terrorismo sistematico dei Tanzim, del Jihad Palestinese, di Hamas, dei “Martiri di Al Aqsa” e delle altre organizzazioni paramilitari di area islamica e palestinese giustifica ampiamente le reazioni militari israeliane.
Tanto più che sono proprio i militanti palestinesi ad usare come scudo i civili, rendendo inevitabile la reazione a vasto raggio dell’esercito israeliano, per creare l’immagine di in Israele che “uccide i civili” e che quindi è comparabile al nazismo.
Come vedete, ci sono un’infinità di segnali che fanno pensare come un pubblico ormai facilmente manipolato dalla propaganda islamista contro Israele e ormai del tutto, almeno in Europa, filopalestinese, non possa poi accettare la narrazione antisemita della negazione della Shoah come primo passo verso la negazione del diritto di Israele non solo a difendersi, ma a sopravvivere.
Se la Memoria non verrà mantenuta e diffusa, e se non si creerà nelle giovani generazioni, spesso del tutto digiune di cultura storica, una forte coscienza di quanto è accaduto con l’Olocausto, che questa è la verità assoluta e oggettiva, e che infine tutto questo potrebbe ripetersi, allora la Giornata della Memoria avrà compiuto la sua missione.
Oggi la cultura, non solo quella giovanile ma anche quella degli adulti, vive secondo il modello infotainment, information+entertatinment. Si ecludono le notizie “cattive”, si diffonde una realtà ipotetica composta da abitudini di consumo facilmente disinnescabili.
Il mondo vive oggi in un grande presente, quell’attimo eterno senza passato e senza futuro di cui parla Nietzsche nella sua Seconda meditazione Inattuale “sull’utilità e il danno della Storia per la vita”.
Abbiamo di fatto espunto la cultura storica dai curricula scolastici, diffondiamo tramite i mass-media successi librari fondati su teorie della cospirazione (il “Codice da Vinci”) e interpretiamo i fatti contemporanei come cospirazioni di pochissimi contro il mondo intero, come nelle infinite ideologie sull’11 Settembre, che magari secondo alcuni, anche tra i ledars del mondo arabo, viene letto come l’”ennesima cospirazione ebraica”.
E’ un sistema di pensiero che attende solo che qualcuno, qui in Occidente, non rimetta in giro i “Protocolli dei Savi di Sion” e tutta la favola della “cospirazione ebraica per impadronirsi del mondo” idea correntemente diffusa dai dirigenti di Hezb’allah e dal regime iraniano, ma non estranea alla classe dirigente siriana e, spesso, egiziana.
Il mescolarsi di fanatismo religioso islamista e di residui di “nazionalismo arabo” laicista ereditato dal fascismo arabo di Gamal Nasser, questo mix di vecchie memorie di “socialismo arabo” filosovietico e radicalismo religioso islamico ha già prodotto risultati di antisemitismo radicale e di massa in tutto il Medio Oriente.
Se pensiamo che, di fatto, l’Unione Europea favorisce i palestinesi e li finanzia generosamente, e che gli USA, storici sostenitori di Israele, sono però anche alleati storici dell’Arabia Saudita e degli Emirati, che certo faranno pressione sugli USA perché allenti il legame con il lontano stato ebraico, che comunque non può non leggere l’UE come avversaria, allora il quadro risulta completo.
Se le masse europee, ormai prive di storia e radici come “la pecora legata al palo” descritta da Nietzsche nella succitata Seconda Inattuale, continuano a sostenere, sulla base di una propaganda falsa e bugiarda, il neoterrorismo islamico in Palestina e nello Stato Ebraico, allora sarà un gioco da ragazzi inserire in questi comportamenti di massa l’ideologia antisemita esplicita del “complotto ebraico”.
D’altra parte, come insegnava Gustave Le Bon nella sua “Psicologia delle Masse”, libro che Mussolini teneva sul comodino, prima ci sono i comportamenti delle masse e poi vengono approntate le ideologie di supporto, che divengono vere in quanto giustificano le azioni già compiute, allora anche qui il quadro risulta completo.
Anche oggi, abbiamo a che fare con un universo ideologico che, se non avremo una grande occasione di conoscenza storica come questa “Giornata della Memoria”, ci porterà a una nuova barbarie.
Vi è poi un altro elemento di politica interna che può farci meditare, per rendere la “Giornata della Memoria” un fatto-chiave nella formazione dei giovani e dei meno giovani.
La grande dimensione ormai assunta dalle comunità di emigrati islamici in Europa.
Se da un lato questa immigrazione di massa chiude l’asimmetria tra le generazioni che si era creata dagli anni ’60 e ’70, e quindi permette la sopravvivenza delle aziende e la sostenibilità futura dei sistemi pensionistici e di welfare europei, dall’altro porta nel quadro dei mass-media e dei programmi scolastici una ulteriore attenuazione della questione della Shoah, oltre a creare una massa di proletari arrabbiati di religione islamica nei nostri Paesi, pronti ad infiammarsi come sempre accade alle “masse pericolose” dell’evo moderno.
E come accadeva ai proletari tedeschi descritti da Doeblin in “Berlin Alexanderplatz”, sedotti prima dagli spartachisti e poi dal “socialismo nazionale” di Hitler.
Quindi, si è aperto un altro fronte interno della guerra culturale implicita nella programmazione di una “Giornata della Memoria”.
E certamente non basterà la buona volontà di tanti, Ebrei e islamici, oltre alla Chiesa di Roma, che tendono sinceramente al dialogo, al rispetto reciproco, alla non-violenza.
Sarà necessario, infatti, pensare a una serie di modelli culturali nuovi, e di nuovi comportamenti, presentati secondo il linguaggio attuale dei mass-media, che partano dalla “Giornata della Memoria” e facciano della “guerra culturale preventiva” contro l’antisemitismo, l’antisionismo, il negazionismo storico, il diritto dello Stato di Israele a sopravvivere, a difendersi e a crescere.
E per questo, non bastano le celebrazioni. Sono essenziali, certamente, ma non bastano.
Si pensi a questo riguardo ai testi scolastici di storia, spesso infarciti non solo di errori marchiani sul comunismo sovietico e cinese, ma su tutta la storia dello Stato di Israele dalla sua fondazione ad oggi, e spesso alla riduzione della Shoah a fenomeno odioso sì, ma circoscritto.
Si pensi inoltre alla semplificazione ingenua sul dibattito culturale italiano e europeo, dove la questione ebraica, prima e dopo la fondazione del Sionismo, vengono archiviati con riduttiva leggerezza.
Come si fa a capire la cultura contemporanea, da Freud a Sartre, da Niezsche fino alla scienza politica attuale, senza dire quanto la questione ebraica si è radicata in questo ormai plurisecolare dibattito?
Pensiamo poi alla straordinaria diffusione, tra gli stereotipi di massa, delle vecchie iconografie dell”ebreo infido” o usuraio, o comunque capace, con la sua inspiegabile bravura negli affari, di mettere in un angolo i non-ebrei?
Sarebbe quindi una idea buona fare della “Giornata della Memoria” un punto di partenza per una diffusa e costante rettifica degli stereotipi e degli errori storici, prima che qualcuno non utilizzi la straordinaria ignoranza delle proprie radici che caratterizza questa fase dell’epoca contemporanea per sfruttarla ai propri fini.
Né si può mettere tutto questo nel conto dell’”educazione interreligiosa e al dialogo”, che è cosa ottima ma non risolve del tutto il problema dell’antisemitismo vecchio e nuovo.
Se mettiamo tutto nello stesso calderone, cotto in questa “pappa del cuore” (è una espressione di Hegel) allora l’antisemitismo sistemico e naturale di alcune religioni tradizionalie di molte nuove sette verrà parificato alla verità oggettiva dell’Olocausto.
E, secondo la logica medievale di Scoto, non si possono affermare contemporaneamente il vero e il falso, perché dal vero viene solo il vero, mentre il falso contiene il vero e il falso. Ex falso sequitur quodlibet.
Quindi, immaginare che la società contemporanea curi le proprie malattie, tra cui un risorgente antisemitismo, con una sorta di supermercato delle ideologie e delle religioni, è uno scenario del tutto utopico quando non pericoloso.
Sarebbe bene invece, proprio a partire dai “Giorni della Memoria” in Europa, trattare con oggettività e precisione i fatti riguardanti la storia recente del Medio Oriente, il ruolo del nazismo, la funzione della cultura e dell’identità ebraica nella costruzione e nella sopravvivenza dell’anima europea, anche cristiana o laicista.
Se faremo bene la “Giornata della Memoria“ della Shoah, ci ricorderemo anche chi siamo noi europei, di ogni religione o ideologia.
Riscoprire la storia dell’Olocausto, per scoprire le nostre vere radici europee, che l’Ebraismo ci mostra, come in un Roveto Ardente che brucia dalla rivelazione sul Sinai, e parla a tutti, Ebrei e non Ebrei, nello stesso modo.
E se riscopriremo queste radici specifiche e comuni, potremo anche capire come l’Europa potrà rispondere alla sua crisi e alle sfide geopolitiche future che le provengono dal mondo islamico e da quello orientale, e ritroverà insieme la sua cultura e la sua politica unitaria oltre la crisi che la attanaglia da tempo.
Giancarlo Elia Valori
Prof. Giancarlo Elia Valori
Chair of Peace, Security and International Development
The School of International Studies Peking University
Cattedra della pace, la sicurezza e lo sviluppo internazionale – Scuola per gli Studi Internazionali dell’Università di Pechino
Chair for the study of Peace and Regional Cooperation
The Hebrew University of Jerusalem
Cattedra per gli studi sulla pace e la cooperazione regionale – Università di Gerusalemme
Chair for Peace’s Jewish teachings
Yeshiva University New York
Cattedra per gli insegnamenti ebraici sulla pace – Yeshiva University, New York
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