Estate addosso, giovani ancora non pagati. Di quale “autostima” e di quale “autonomia economica” si ciancia? Come nel 2023 la MSC dà la stessa risposta

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“L’Estate addosso”: borsa d’inclusione sociale che ha come obiettivi «consentire al beneficiario di realizzare un percorso atto a favorire l’autostima, l’apprendimento di nuove specifiche competenze lavorative e un’autonomia personale ed economica». Soprattutto “autostima” e “autonomia personale ed economica”. Questi sono i due punti sui quali questa amministrazione dovrebbe ben riflettere, perché dopo gli entusiasmi dell’avvio ai “lavoretti” presso le partecipate del Comune di Messina, a rinforzo di società già colme di dipendenti, più dello stesso palazzo comunale, ancora una volta si deve registrare che quei giovani a cui si voleva garantire autostima e autonomia economica si è invece mostrato che l’amministrazione è in ritardo nei pagamenti e intende prendersi tutto il termine massimo di tre mesi per completarli. E’ nella clausola degli “entro 90 giorni” che, infatti, la Messina Social City si trincera per giustificare le tante lamentele dei giovani lavoratori e delle loro famiglie.

Ma anche nel 2023 avvenne la stessa cosa: a gennaio i ragazzi partecipanti, sempre presentati in pompa magna dall’amministrazione Basile, a gennaio, come quest’anno, lamentarono il fatto che quei pochi soldi non erano stati pagati. Un’abitudine, quindi, far attendere il termine massimo per adempiere ad obbligazioni per le quali il Comune ha già incassato i fondi necessari?

Che esempio si dà, però? Il messaggio che vivono questi ragazzi alla prima esperienza lavorativa è che se il Comune non adempie il prima possibile a pagare ma attende quei 90 giorni per i quali si intende il termine ultimo, allora come si comporterebbero comportarsi le aziende che non hanno certo a disposizione la stessa mole di fondi pubblici, cospicui ed anticipati? E’ questo, quindi, il mondo del lavoro? La frustrazione derivante dal continuo spostare in avanti le date di pagamento di pochi soldi per tanto impegno, è di certo enorme. E non è certo costituente di “autostima”, men che mai di autonomia personale ed economica.

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Nel 2023 uno dei ragazzi partecipanti a quella edizione scriveva al quotidiano: «La burocrazia non dura due mesi e questa burocrazia poteva essere sbrigata quando noi ragazzi lavoravamo sotto l’acqua, con la febbre o con altro, perché in caso di assenza, pure se giustificata, sarebbero stati 30 euro in meno al giorno. Siamo molto amareggiati, per due mesi ci siamo sacrificati e non ci è stato versato nemmeno un euro, abbiamo passato le feste senza soldi. Siamo stanchi, molti di noi ci teniamo in contatto ogni giorno per sapere se veniamo retribuiti, abbiamo anche un gruppo dove massimo due-tre persone sono state pagate dall’inizio». Oggi come allora, parola più parola meno, la stessa storia si ripete.

L’amarezza si legge ancora e ancora, sempre sul quotidiano di allora: «Posso dire solo che questo è stato il mio secondo e ultimo anno nel fare un progetto del genere, perché posso capire i tempi tecnici, ma non riesco a capire tutte le bugie che ci dicono . Mi auguro che la Messina Social City si dia una svegliata, siamo tutti stanchi di avere queste risposte e di vedere ogni giorno sul conto quello “zero” misero, dopo che per due mesi, tra scuola e lavoro, a casa stavo solo per dormire, tornavo distrutto e non accettavano nemmeno certificati medici».

Ma quel che fa più male sono le risposte che le famiglie ottengono alle richieste di informazioni: «Questo non è un lavoro, se sua figlia voleva essere pagata subito non lo faceva”, detto alla madre di una delle ragazze del progetto. Alla faccia dell’autostima, quindi, e dell’autonomia personale ed economica…

E la Messina Social City? Come nel 2023, la sua presidente Valeria Asquini rispolvera e fornisce la solita risposta, coniugata al gerundio presente: “Stiamo facendo”…

Come ogni anno anche a novembre del 2024 si era espresso con disappunto sui ritardi proprio il consigliere comunale e capo gruppo di FdI Libero Gioveni che aveva scritto “Come si possono invogliare i ragazzi ad entrare nel circuito lavorativo se devono attendere ben tre mesi per ricevere una piccola indennità dopo aver svolto due mesi di lavoro?”. Esattamente: come si può? Ma nella “anestetizzata” città dello Stretto tutto passa e non scuote nemmeno una foglia.



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