Il Parco delle Rimembranze compie 100 anni!

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 


1968 – Una rarissima immagine di William Lugli. Bambini al Parco delle Rimembranze giocano con le palline

Era il 24 maggio 1925 quando l’allora vescovo monsignor Giovanni Pranzini e il ministro dell’economia nazionale del tempo, Cesare Nava, tagliavano ufficialmente il nastro del Parco delle Rimembranze di Carpi. L’area verde, che sorge a ridosso dell’Ospedale Ramazzini, venne chiamato delle Rimembranze perché ogni albero voleva ricordare i caduti carpigiani (i cui nomi sono incisi nelle lapidi di marmo appese alle pareti del Cortile d’Onore di Palazzo Pio) della Prima Guerra Mondiale. Parco che nel tempo divenne un riferimento imprescindibile per i carpigiani, grandi e piccoli.

Nel settimanale Tutto Carpi dell’agosto 1962, compare un corposo articolo a firma di Giovanni Nicolini che ci aiuta a ricostruire la storia del Parco: “Sono cinquecentocinquanta alberi e ognuno di essi ha una storia. Fu nel 1924 che l’Amministrazione Comunale venne nella determinazione di sistemare lo spiazzo dove fino ad allora si teneva il mercato. Nell’angolo nord est, fra il mercato e la strada provinciale, c’era il primo campo di foot ball, un prato circondato da uno steccato dove si davano convegno – mani sui fianchi, baffoni alla moda, pantaloncini al ginocchio – gli audaci pionieri del calcio carpigiano fra la riprovazione dei benpensanti. Sparito il mercato, cancellato il prato all’inglese, demolito lo steccato, si tirarono su i padiglioni del nuovo Ospedale e si sistemò razionalmente lo spiazzo con aiuole, viali, vialetti. Erano gli anni del tricolore, delle corone d’alloro e dei discorsi celebrativi. Attorno si piantarono cinquecentocinquanta alberi, uno per ogni carpigiano caduto in guerra: aceri, platani, ippocastani, carpini, robinie, tigli, abeti, querce, betulle, strobos, spaccasassi. Ci sono ancora tutti, ma dei caduti si è perduta la targhetta e – ahimè – perfino il ricordo. Soltanto il giardiniere, il signor Giovanni Righi, che tutte le mattine fa il giro delle piante con la pompa in mano e le riconosce ad una ad una, le chiama con nomi difficili – «Celtis austrailis, pìnus pinea, sophora giapponese» – e si capisce subito che non si sforza di lasciar capire l’affetto che nutre per loro… Manfredo Fanti se ne sta in sella sul suo cavallone di bronzo, faccia da generale, naso in aria da sognatore, cavalca tutto il giorno e tutta la notte, instancabile; pensa a Traktiri, a Magenta, a Caianello: inutile tentare una conversazione.

1944 – Un rifugio antiaereo scavato nel Parco delle Rimembranze. In foto la madre e lo zio di Paolo Luppi

Sono i giorni della grande calura e il cocomeraio se ne sta seduto al fresco sulla panca davanti alla sua baracca di legno; più in là c’è il chiosco dei gelati con due fidanzati che si tengono per mano e, a due passi, seduto sulla panchina, c’è il pensionato che legge il giornale per la centesima volta… C’è un cartello: «Riservato ai pedoni». Chi vuol passare deve scendere dalla bicicletta e sgambare alla svelta, perché si trova in terra proibita: questo è il regno dei bambini! Sì! Questo è il regno dei bambini. Al mattino dalle sette in poi, al pomeriggio dalle diciassette in poi capitano qui, le bambine tutte in ghingheri, cappellino di paglia, nastro rosso, vestito ancora caldo del ferro da stiro di mammà, i maschiacci abbronzati dal sole del Cavo Lama e del cortile di casa, e una maglietta a righe multicolori e un paio di pantaloncini cachi, con tante tasche, e un paio di sandali bastano per il loro abbigliamento. I più piccoli prendono d’assalto gli scivoli, le altalene, le mezze lune, le giostre, ma il vero gioco è camminar gattoni sul mucchio di sabbia e costruire un castello medioevale o una pista; i grandi giuocano con le palline di vetro… Il custode comunale va su e giù… si chiama Lauro Nicoletti, è il re di questo incredibile regno che dura da giugno a ottobre, inizia col primo giorno di vacanza, termina col primo giorno di scuola. Fra un mese, quando le prime foglie della celtis australis diventeranno gialle, il silenzio tornerà nei viali del parco, il cocomeraio smantellerrà la sua baracchetta pezzo per pezzo, il gelataio chiuderà a chiave la porta del chiosco…”.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

1930 – Vista di Piazzale Marconi, del Parco delle Rimembranze e del nuovo ospedale

Tante le testimonianze raccolte dal ricercatore carpigiano Mauro D’Orazi, così come innumerevoli sono le immagini che ha condensato nel suo scritto Ṡughèer a buciini ind al Paarco – Momenti di vita giovanile carpigiana fra gli Anni ’20 e ’80.

1940 – Il monumento a Manfredo Fanti guarda il corso a lui dedicato

Il parco, vero e proprio giardino segreto per i bambini che oltre ad avventurarsi tra le piante curate dal burbero giardiniere Righi, qui avevano a disposizione un paradiso dei giochi. Al centro dell’area verde infatti sorgeva un nastro d’asfalto circolare, su cui transitavano le automobiline a pedali e, dentro al cerchio, un rettangolo di cemento che costituiva la pista per i pattini a rotelle.

“I giovani automobilisti, interrompendo la loro marcia 3giri/10 lire – scrive in un contributo Pietro Marmiroli – spesso scendevano dai bolidi, un po’ accaldati per andare a cercare ristoro alla baracchina dei gelati di Alves Sbargìna. Un cono di panna fresca di giornata, prodotta miscelando a mano gli ingredienti nei grandi bidoni di alluminio, costava allora anch’esso dieci lire, che era lo stesso prezzo di sei biglie di vetro al libero mercato degli offerenti.

Chi non aveva voglia del gelato poteva rifarsi con il cocomero di Pirèin, che, sotto il profilo economico, rendeva due volte, visto che con l’anguria, si mangiava e si beveva. Benci disponeva le sue belle fette rosse sul bancone di zinco, incorniciate da una struttura di legno rettangolare, foderata di garza rossa, che proteggeva il frutto dalle mosche e conferiva colore ai tagli più smorti, al cui centro trionfava il garullo, la parte più zuccherina”. Scorci di vita cittadina che non esistono più.

In questa splendida foto di Alcide Palmati del 1955 vediamo un parco tardo autunnale, con la baracchina chiusa, e un’anziana signora che va a legna e stanghetti

100 anni sono passati da quando il parco è nato e sarebbe bello se, in occasione del centenario, l’area verde fosse valorizzata come merita attraverso un calendario di eventi. Oggi, il parco vive grazie alla presenza dello Chalet ma sono pochissime le manifestazioni che vi vengono organizzate, eccezion fatta per la rassegna CarpiEstateSport, tra la fine di maggio e giugno. Il parco potrebbe diventare la suggestiva location di numerosi appuntamenti a due passi dal centro storico.

A cura di Jessica Bianchi



Source link

Prestito personale

Delibera veloce

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link