“Gli anziani in Lombardia saranno quasi un milione, il sistema va rivisto”

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MILANO – La Lombardia del 2033 ospiterà 2,8 milioni di residenti con più di 65 anni, il 20,7% in più rispetto al 2023, tra cui 900mila over 80 secondo le ultime proiezioni Istat. Guardando alla situazione attuale, in sette capoluoghi lombardi (Como, Cremona, Lecco, Mantova, Pavia, Sondrio e Varese) quasi un residente su dieci ha più di 80 anni: Bergamo, Brescia e Milano si avvicinano a questo traguardo. Una popolazione che, nonostante l’aumento della speranza di vita e lo spostamento in avanti dell’età di esordio dei primi gravi problemi di salute, è destinata a invecchiare, con l’inevitabile aumento delle necessità di cura e assistenza.

E le lacune del sistema, evidenziate da un inedito dossier della Cgil, senza un cambio di rotta metteranno un carico ancora più gravoso sulle spalle delle famiglie, con ripercussioni economiche e sociali. La ricerca, che verrà presentata mercoledì mattina al Palazzo delle Stelline nel corso del convegno “Dentro le Rsa: la qualità della cura passa anche dalla tutela del personale“, ha messo sotto la lente le case di riposo e la rete dell’assistenza destinata ai 562mila over 65 non autosufficienti che vivono in Lombardia, tra cui 85mila utenti delle Rsa pubbliche e private sul territorio (l’81% ha più di 80 anni).

Una ricerca curata da Francesco Montemurro, basata su dati raccolti dal nuovo Osservatorio Rsa dello Spi Cgil Lombardia e dalla Funzione pubblica, che ha fotografato anche le rette. “Nonostante i recenti aggiornamenti della quota sanitaria corrisposta dalla Regione e il tetto parziale alle rette fissato con la Dgr 1513/2023, a settembre 2024, secondo una rilevazione effettuata su un campione di Rsa – si legge nell’indagine – la media delle rette giornaliere è di 68,7 euro, oltre la cifra raccomandata dalla Regione Lombardia, che fissava in 65,50 euro la retta media e nel 2% l’incremento previsto per le strutture regionali”. Nella Città metropolitana di Milano, considerando strutture pubbliche e private, si spazia da una retta minima per ospiti solventi di 86,1 euro al giorno a una massima di 106,2 euro. Costi, i più alti tra le province lombarde, che non comprendono le altre spese sulle spalle delle famiglie.

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In una struttura su quattro, fra le 730 monitorate dalla Cgil, il servizio lavanderia è escluso dalla retta. Solo il 10% delle Rsa, inoltre, include il parrucchiere. Costi che sono una barriera, in una regione dove “l’assistenza agli anziani non autosufficienti si basa in gran parte sull’aiuto informale fornito dalla famiglia o da assistenti familiari”. Un esercito di badanti – sono 117.200 gli assistenti familiari in Lombardia fra cui solo 70.322 regolari – e di caregiver nel nucleo familiare. Tra i 477mila anziani non autosufficienti che non usufruiscono delle Rsa, circa 147mila ricevono cure domiciliari: un servizio “che si è rivelato insufficiente a garantire cure continuative adeguate” anche perché in Lombardia il 65% delle cure domiciliari attivate sono costituite da visite “con carattere episodico” con cartella aperta a chiusa nello stesso giorno, mentre “gli interventi ad alta intensità di cura risultano nettamente più bassi di quelli rilevati nella maggior parte delle regioni”. Solo il 39% degli anziani non autosufficienti, inoltre, percepisce l’indennità di accompagnamento. Numeri che, quindi, fanno suonare un campanello d’allarme guardando alle proiezioni demografiche per i prossimi anni.

“I dati raccolti smentiscono tutti coloro che sostengono che assistenza e tagli facciano rima, contrapponendo i diritti degli anziani a quelli dei lavoratori – spiega Federica Trapletti, segretaria dello Spi Cgil Lombardia –. Al contrario, una buona qualità della cura, che garantisca il mantenimento di un adeguato stile di vita agli ospiti delle Rsa e tranquillità alle loro famiglie, va di pari passo con la valorizzazione del personale delle strutture”. Secondo la Cgil le Rsa andrebbero “ripensate” e “affinché non diventino contenitori di ogni disagio è necessario potenziare tutta la filiera” della cura e della presa in carico. “È necessario superare le logiche di profitto – aggiunge Sabrina Negri, segretaria Fp Cgil Lombardia – per restituire centralità ai diritti di lavoratrici, lavoratori e persone prese in carico dalle strutture. Per garantire un’assistenza adeguata ai fabbisogni complessi degli ospiti serve anche una composizione del personale equilibrata, con più infermieri, medici e fisioterapisti accanto agli Oss. Le Rsa devono diventare attrattive, con salari dignitosi, formazione continua e condizioni di lavoro che valorizzino il personale”.



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