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Applicazione del D.Lgs. 81/2008: cosa si intende per… #finsubito prestito immediato

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Affronta questa sentenza della Corte di Cassazione una problematica nella quale lo scrivente si è spesso imbattuto nel corso della sua attività di vigilanza ispettiva nei cantieri temporanei o mobili per la risoluzione della quale ha dovuto prendere le proprie decisioni direttive che oggi riscontra essere state in linea con gli insegnamenti della suprema Corte di Cassazione e della giurisprudenza.

 

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Tale problematica è quella della individuazione dell’obbligo da parte del committente di nominare un coordinatore per la sicurezza quando l’opera realizzata per suo conto viene eseguita in più fasi in ognuna delle quali opera una sola impresa anche diversa da quella che ha lavorato nella fase precedente, con l’apertura e chiusura successiva quindi di più cantieri che si avvicendano nei lavori. In altre parole, se ci si trova dinanzi a una organizzazione del genere c’è da decidere se, ai fini dell’obbligo da parte del committente di nominare un coordinatore per la sicurezza, si ha a che fare con un unico cantiere nel quale operano più imprese o con più cantieri distinti nei quali opera un’unica impresa specie se i lavori sono legati a titoli autorizzativi diversi.

 

Nel caso in esame un coordinatore per la sicurezza è stato condannato nei due primi gradi di giudizio perché ritenuto responsabile, assieme al datore di lavoro, dell’infortunio mortale accaduto a un lavoratore che, recatosi in cantiere benché sospeso per recuperare alcuni attrezzi, era caduto dal primo piano del fabbricato che era in ristrutturazione risultato privo delle protezioni contro la caduta dall’alto. L’accusa mossa all’imputato è stata di non avere predisposto il piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) e di non averne potuto pretenderne il rispetto da parte dell’impresa esecutrice. L’imputato è ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo, a sua difesa, che non sussisteva l’obbligo della redazione di un PSC in quanto per la realizzazione dell’opera era prevista la successione di più fasi anche in tempi diversi durante le quali nel cantiere doveva comunque  operare sempre un’unica impresa.

 

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La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile nonché erronea la posizione dell’imputato che nella sua difesa aveva desunta la insussistenza di un rischio interferenziale muovendo dall’assunto che, nel caso in esame, vi fossero stati due distinti cantieri anche distanti nel tempo l’uno dall’altro nei quali aveva operato un’unica ditta. In merito alla nozione di cantiere unico la Corte suprema ha precisato che, ai fini dell’obbligo da parte del committente di nominare il coordinatore per la sicurezza, la nozione di cantiere va rapportata all’opera da realizzare e la sua cessazione è determinata dalla effettiva ultimazione di tutti i lavori ad essa inerenti; il sopraggiungere di nuovi provvedimenti di autorizzazione dei lavori evidenziato dal ricorrente, ha inoltre aggiunto, non ha muta sostanzialmente l’identità del cantiere, che è determinata dall’opera, per come inizialmente progettata e via via definita, sino al completamento, anche in forza di varianti.

 

Una conferma di quanto appena affermato si può desumere, ha sostenuto la Corte di Cassazione, dalla lettura dell’art. 99 del D. Lgs. n. 81/2008 che alla lettera b) prevede l’obbligo della notifica preliminare nel caso in cui in un cantiere nel quale opera una singola impresa la cui entità presunta di lavori sia inferiore a duecento uomini-giorno subentri una seconda impresa per effetto di varianti sopravvenute in corso d’opera.

 

Il fatto e l’iter giudiziario

La Corte di Appello ha confermata la sentenza del Tribunale con la quale un coordinatore per la sicurezza nella fase della progettazione ed esecuzione dei lavori era stato condannato per il reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, ai danni di un lavoratore dipendente di una ditta appaltatrice dei lavori di ristrutturazione di un immobile (il legale rappresentante della quale, non ricorrente, era stato, a sua volta, condannato nella qualità di datore di lavoro della vittima). Nell’occorso, il lavoratore deceduto, nonostante la sospensione dei lavori appaltati, si era recato insieme ad altri operai sul cantiere, su disposizione dello stesso datore di lavoro, per ritirare alcuni attrezzi di lavoro ed era precipitato da un balcone posto al primo piano dell’edificio, privo di protezioni o parapetti e senza che lui fosse munito di cintura di sicurezza, riportando delle lesioni che ne avevano cagionato l’immediato decesso. Al coordinatore, in particolare, era stato contestato di non avere predisposto il piano per la sicurezza e di coordinamento dei lavori e di non aver potuto conseguentemente pretenderne il rispetto da parte della ditta esecutrice.

 

La Corte di Appello, nel confermare la sentenza di condanna,  ha richiamata la piattaforma probatoria esaminata dal primo giudice (dichiarazioni dell’ispettore del lavoro intervenuto nell’immediatezza, del committente dell’opera, dello stesso imputato, gli esiti della consulenza espletata su incarico della difesa), e ha condivise le relative conclusioni, ritenendo dimostrata l’assenza del parapetto, essendo emerso dagli accertamenti compiuti nell’immediatezza dell’infortunio che non erano stati trovati residui indicanti l’installazione di un parapetto in legno come asserito a difesa. La stessa ha disatteso la tesi dell’insussistenza dell’obbligo di redigere il piano per la sicurezza da parte del coordinatore, stante la prevedibile presenza, anche non contemporanea, di più imprese in cantiere, avuto riguardo alla necessità di procedere in un secondo momento a lavori di impiantistica, ritenendo altresì che l’inadempimento dell’imputato era stato macroscopico, avendo egli, con la sua condotta omissiva, lasciata sostanzialmente la sicurezza del cantiere alle sole iniziative del datore di lavoro e ritenendo così dimostrato il nesso di causa tra l’omissione e l’evento.

 

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Il ricorso per cassazione e le motivazioni

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso, formulando svariati motivi fra cui quello che non fosse necessario redigere il piano di sicurezza e coordinamento. Secondo la stessa, infatti, dall’esame dei titoli edilizi acquisiti, dalle dichiarazioni testimoniali e dalla consulenza della difesa, sarebbe emerso che su quello specifico cantiere non si erano trovate ad operare, anche non contemporaneamente, più imprese, poiché i lavori erano stati affidati alla sola ditta presso la quale operava il lavoratore infortunato che li aveva ultimati. Il punto dal quale era precipitato il lavoratore, peraltro, ha sostenuto la difesa, non era interessato dal cantiere allestito per l’esecuzione dell’appalto affidato alla ditta, la sua presenza dovendo probabilmente ricondursi all’esigenza di recuperare arnesi di lavoro. Tutto ciò era stato dimostrato anche documentalmente dal consulente di parte, senza che la Corte di Appello vi avesse fatto riferimento; essendo il cantiere sospeso inoltre non poteva richiedersi alla figura del coordinatore una vigilanza lavorativa durante il periodo di sospensione dei lavori. L’impresa che stava operando in cantiere, peraltro, secondo la difesa era subentrata in forza dell’approvazione di nuovo titolo edilizio per realizzare alcune varianti rispetto alle opere eseguite dalla ditta che aveva operato prima in cantiere.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato ritenuto inammissibile da parte della Corte di Cassazione. Il punto sul quale ruota l’impalcatura difensiva, ha osservato la suprema Corte, è rappresentato dall’asserita insussistenza, nel caso in esame, della fonte degli obblighi del coordinatore per la sicurezza, vale a dire di quello che viene definito rischio interferenziale, quel rischio cioè correlato alla presenza, sul cantiere, di più imprese facenti capo a diversi gestori del rischio, che si trovino ad operare, anche se non nel medesimo contesto temporale, tuttavia, nel medesimo contesto lavorativo. A tale specifica situazione il legislatore ha fatto riferimento nel descrivere alcuni degli obblighi gravanti sulla peculiare figura del sistema antinfortunistico che è il coordinatore per la sicurezza nella fase della progettazione e della esecuzione dei lavori, la cui nomina costituisce, a sua volta, obbligo specifico di altra figura del sistema antinfortunistico, vale a dire quella del committente dell’opera. La suprema Corte ha, peraltro, evidenziato come la difesa, secondo il tenore delle argomentazioni formulate con il ricorso, abbia inteso ricollegare l’insussistenza di tale rischio alla circostanza che il cantiere nel quale si era trovata a operare una impresa esecutrice era diverso rispetto a quello interessato, in precedenza, dall’intervento di un’altra ditta.

 

Si premette in merito, ha così proseguito la Sezione IV, che la giurisprudenza di legittimità ha già da tempo messo a fuoco il ruolo del coordinatore per la sicurezza, figura che si affianca ad altre della materia antinfortunistica, ritenendo che ad esso siano riservati compiti di “alta vigilanza” che si articolano nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel PSC e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori; nella verifica dell’idoneità del POS e nell’assicurazione della sua coerenza rispetto al PSC; oltre che nell’adeguamento dei piani in relazione alla evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute, e ha citato in merito alcune precedenti sentenze della stessa Corte di Cassazione che avevano richiamato quanto appena detto fra cui la sentenza della IV Sezione penale n. 3288 del 23/01/2017, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ La vigilanza del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione” e la sentenza della IV Sezione penale n. 44977 del 07/11/2013, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ Sui limiti delle responsabilità del responsabile dei lavori nei cantieri”.

 

La Corte di Cassazione ha aggiunto che è stato pure precisato che il controllo e le verifiche correlate alla posizione di garanzia in esame non possono essere meramente formali, ma vanno svolte in concreto, sebbene non sia richiesta la presenza quotidiana del coordinatore sul cantiere, ma solo nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo esercitata o da esercitarsi. In altri termini, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto è previsto per tale figura solo quando constati direttamente gravi pericoli. Pertanto, anche se il coordinatore non può esimersi dal prevedere momenti di verifica, essi non possono avere cadenza quotidiana e, parallelamente, l’accertamento giudiziale non dovrà ricercare segni di una presenza diuturna, ma le tracce delle azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale poiché il coordinatore ha una autonoma funzione di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto).

 

Tale funzione di alta vigilanza, ha ribadito la suprema Corte, si esplica prevalentemente mediante procedure, riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure ( datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l’obbligo di adeguare il piano di coordinamento e sicurezza in relazione all’evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate (sez. 4 n. 24915 del 10/6/2021, e n. 2293 del 19/12/2020), Sotto altro profilo, che interessa il caso in esame, è stato anche già chiarito che la disciplina relativa ai cantieri temporanei o mobili trova applicazione con riferimento ai “lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento”, solo nel caso in cui nel medesimo cantiere siano realizzati anche lavori di edilizia o di ingegneria civile, in ragione del rischio d’interferenza tra gli stessi.

 

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La Corte di Cassazione ha a tal punto richiamato il concetto di cantiere unico, poiché su di esso è stato impostato l’impianto difensivo di cui al ricorso, avendo il ricorrente desunto l’insussistenza del rischio interferenziale proprio muovendo dall’assunto che, nella specie, vi fossero stati due, distinti cantieri a distanza temporale l’un dall’altro, da ciò facendo seguire l’irrilevanza della nomina del coordinatore da parte della committenza e, quindi, anche quella della mancata predisposizione del piano di sicurezza e coordinamento, oggetto dell’imputazione.

 

La suprema Corte ha rilevato in merito che l’unicità del cantiere non è collegata, come sembra sia stato evocato dalla difesa, al titolo edilizio e alle eventuali varianti di esso che siano state via via approvate. Una conferma di tale affermazione può essere tratta dall’art. 99, comma 1 lett. b), del D. Lgs. n. 81/2008 riguardante la notifica preliminare, secondo il quale «Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’inizio dei lavori, trasmette all’azienda unità sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro nonché, limitatamente ai lavori pubblici, al prefetto territorialmente competenti la notifica preliminare elaborata conformemente all’allegato XII, nonché gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi: a) cantieri di cui all’articolo 90, comma 3 [ovvero quelli nei quali è prevista la presenza di più imprese, anche non contestuale]; b) cantieri che, inizialmente non soggetti all’obbligo di notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di varianti sopravvenute in corso d’opera; c) cantieri in cui opera un’unica impresa la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno…….”. Tra le altre indicazioni l’art. 99 indica quale contenuto della notifica preliminare anche quella del coordinatore per quanto riguarda la sicurezza e la salute durante la progettazione dell’opera e la realizzazione dell’opera (n. 6 e 7 dell’allegato XII al D. Lgs. n. 81/2008), della data presunta d’inizio lavori (n. 8) e della durata presunta dei lavori in cantiere (n. 9), nonché del numero massimo presunto dei lavoratori sul cantiere (n. 10) e del numero previsto di imprese e di lavoratori autonomi sul cantiere (11).

 

Dalla previsione dell’obbligo di aggiornare la notifica nel caso di varianti in corso d’opera, dunque, ha sostenuto la suprema Corte, si può trarre, quale logica conseguenza che il sopraggiungere di nuovi provvedimenti di autorizzazione dei lavori non muta l’identità del cantiere, che è determinata dall’opera, per come inizialmente progettata e via via definita, sino al completamento, anche in forza di varianti. L’evoluzione dell’opera, legittimata sul piano amministrativo da nuovi provvedimenti, può far insorgere le condizioni per la nomina del coordinatore, non presenti ab origine; ciò non si riflette comunque in una ‘novazione’ del cantiere. Pertanto, questo persiste sino alla effettiva ultimazione dei lavori, la cui dimostrazione può essere più o meno complessa (si rileva, peraltro, che la giurisprudenza amministrativa ha già chiarito come la comunicazione di fine lavori, quale dichiarazione sostitutiva di atto notorio, non dia prova della data certa di ultimazione dei lavori citando sul punto la sentenza del Consiglio di Stato, sez. II, n. 7198/2020.

 

Sulla scorta di quanto sin qui esposto va dunque formulato, secondo la suprema Corte, il principio di diritto secondo cui “Ai fini dell’applicazione dell’obbligo di nominare il coordinatore per la progettazione e quello per la esecuzione dei lavori, ai sensi dell’art. 90, comma 3 d.lgs. n. 81/2008, la nozione di cantiere va rapportata all’opera da realizzare e il momento della sua cessazione non è determinato da eventuali varianti in corso d’opera, ma dalla effettiva ultimazione di tutti i lavori ad essa inerenti”.

 

Tale premessa, pertanto, ha sostenuto la Sezione IV, consente di affermare l’erroneità di fondo dell’assunto difensivo, per il quale, nella specie, l’opera sarebbe stata interessata da due distinti cantieri, in due momenti diversi corrispondenti a due differenti titoli edilizi, con conseguente insussistenza di un obbligo in capo al committente di nominare il coordinatore e per questi, siccome inutilmente nominato, di gestire il rischio interferenziale, in primo luogo predisponendo il piano per la sicurezza e il coordinamento. In altri termini, ha sostenuto la suprema Corte, è da considerarsi erronea, alla luce del quadro normativo di riferimento, l’equazione proposta dalla difesa per la quale una variante in corso d’opera darebbe vita a un cantiere nuovo, posto che il cantiere, sempre in base all’impianto normativo, si identifica nell’opera stessa.

 

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L’esistenza del rischio da interferenza lavorativa riconducibile alla potenziale compresenza, anche non contemporanea, di più imprese invero, ha osservato  la suprema Corte, è stata rappresentata dal primo giudice, il quale ha ritenuto che l’imputato aveva l’obbligo di redigere il PSC per l’evidente ragione che il cantiere aveva ad oggetto opere la cui esecuzione richiedeva necessariamente l’intervento di una pluralità di ditte, anche in vista dei futuri lavori di completamento del fabbricato, l’assunzione dell’incarico da parte dell’imputato valendo a conferma della ravvisata necessità di coordinamento. Sotto altro profilo, peraltro, il primo giudice aveva escluso che i lavori di cui al primo titolo edilizio fossero stati ultimati diversi mesi prima della data dell’infortunio: il giudice, infatti, aveva dato atto che il coordinatore non aveva comunicato al comune la chiusura dei lavori, che le opere non erano state collaudate e che alcuni testi avevano confermato la continuità dei lavori, almeno fino a due giorni prima dell’evento.

 

Essendo risultate errate in conclusione le doglianze difensive relative alla presenza di due cantieri distinti e all’assenza dell’obbligo di nominare un coordinatore per la sicurezza e essendo stati ritenti manifestamente infondati anche i restanti motivi di ricorso la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e  condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3000 euro in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000), ma non anche alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili non avendo le conclusioni scritte depositate nel loro interesse fornito alcun contributo alla dialettica processuale a causa della loro assoluta genericità.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Scarica la sentenza di riferimento:

Cassazione Sezione IV penale – Sentenza n. 34387 del 12 settembre 2024 (u. p. 4 luglio 2024) – Pres. Dovere – Est. Cappello – Ric. omissis – Ai fini dell’obbligo di nominare il coordinatore per la progettazione, la nozione di cantiere va rapportata all’opera da realizzare e il momento della sua cessazione è determinato dalla effettiva ultimazione di tutti i lavori ad essa inerenti.

 



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