scatto di tre mesi «sterilizzato» a partire dal 2027

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Non ci sarà nessun aumento dell’età di pensionamento di tre mesi a partire dal 2027. La garanzia è arrivata direttamente dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha provato a chiudere le polemiche che erano scoppiate dopo che l’Inps aveva aggiornato i suoi sistemi di calcolo delle pensioni, adeguandoli alle nuove aspettative di vita rilevate dall’Istat portando l’età di uscita dal lavoro a anni e tre mesi e quella per il pensionamento anticipato in base agli anni contributivi a 43 anni e un mese (dai 42 anni e dieci mesi attuali). «Io», ha detto ieri il ministro parlando con l’Ansa, «sono per sterilizzare».Per questo Giorgetti ha spiegato di aver dato «indicazione alla Ragioneria di aspettare con i decreti direttoriali. L’aumento è nelle prerogative della politica. Questo», ha detto il ministro, «è l’andamento che viene certificato dall’Istat e dall’evoluzione demografica ma non c’è e non ci sarà nessun decreto direttoriale finché la politica non si esprimerà». La domanda, a questo punto, è in che modo avverrà questa “sterilizzazione”. In realtà c’è un precedente, quello del 2019. Il decreto legge numero quattro varato all’inizio di quell’anno, lo stesso provvedimento con il quale fu introdotto il Reddito di cittadinanza e il pensionamento con Quota 100, stabilì il “congelamento” degli adeguamenti automatici dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita, fino alla fine del 2026.

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La strada

La strada che si intenderebbe seguire sarebbe, insomma, la stessa. Bloccare l’aumento almeno fino al 2029, quando è previsto il successivo adeguamento. Più difficile sarebbe invece, cancellare del tutto il meccanismo di adeguamento automatico dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita, perché si andrebbe ad incidere sull’intera curva della spesa pensionistica e andrebbero perciò trovate delle coperture finanziarie rilevanti. Questo meccanismo di adeguamento automatico, introdotto per la prima volta durante l’ultimo governo Berlusconi dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti e da quello del lavoro, Maurizio Sacconi, costituisce uno degli elementi portanti che garantiscono nel lungo periodo la sostenibilità del sistema previdenziale.

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Il meccanismo

L’altro sono i coefficienti di trasformazione, i numeretti che trasformano il montante di contributi accumulati durante la vita lavorativa in assegno pensionistico. Anche questi ultimi vengono adeguati alle aspettative di vita ogni due anni. Più si allunga la vita, più il coefficiente diventa basso riducendo l’assegno mensile che si percepirà una volta andati in pensione. L’ultimo adeguamento dei coefficienti c’è stato a novembre e ha recepito l’allungamento della speranza di vita riducendo le pensioni per chi lascerà il lavoro a partire da quest’anno.

Sulla linea di un congelamento deil’adeguamento dei requisiti di pensionamento, si è espresso anche il sottosegretario al lavoro, il leghista Claudio Durigon. «Ci impegneremo», ha detto, «a bloccare ogni inasprimento dei requisiti, se i dati Istat dovessero evidenziare un aumento dell’aspettativa di vita». La conferma di questo si avrà soltanto a marzo, quando l’Istituto di statistica diffonderà le stime aggiornate. Ma nelle previsioni diffuse a ottobre dello scorso anno, l’Istat aveva già registrato un repentino aumento delle aspettative di vita una volta compiuti i 65 anni, e d era stato lo stesso presidente dell’Istituto, Francesco Maria Chelli, ad anticipare che con questi nuovi dati l’età di pensionamento sarebbe salita di tre mesi a partire dal 2027 e di altri due mesi nel 2029. Ora invece, il governo si è detto pronto ad intervenire per fare in modo che i lavoratori possano continuare ad andare in pensione una volta compiuti i 67 anni (con una finestra di tre mesi di attesa) o una volta versati 42 anni e 10 mesi di contributi all’Inps.

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