Natalia Bonifacci, la modella bolzanina con il figlio nell’inferno di Los Angeles: «Mai visto un incendio così: il cielo era nero e pieno di cenere»

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di
Vittoria Melchioni

La modella bolzanina vive in California con il figlio di 7 anni:«L’aria era irrespirabile. Ho amici che hanno perso tutto»

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«Una città distrutta. Una comunità distrutta. Anche se hai avuto la fortuna che casa tua è stata risparmiata dal fuoco, intorno non c’è più nulla». Natalia Bonifacci, modella bolzanina che da vent’anni vive in California, scatta questa istantanea di Los Angeles avvolta dagli incendi che ancora stanno divampando. «Sono tornata dall’Italia il 5 gennaio, dopo aver passato tre settimane divisa tra l’Alto Adige e Napoli, dove vive mio fratello- racconta – abbiamo passato le vacanze tutti insieme aspettando la nascita del mio nipotino, poi io e mio figlio Leo, di sette anni, siamo ritornati negli Stati Uniti». Il momento peggiore? «Scegliere cosa mettere in valigia quando ti arriva l’allerta sul telefono. Come fai a decidere cosa sia importante o no quando hai costruito una casa con amore, giorno dopo giorno?». 

Gli incendi a Los Angeles

Quella valigia è pronta, anzi le valigie sono pronte, ma fortunatamente sono ancora all’interno della villetta di Loz Feliz, il quartiere residenziale ai piedi della collina dominata dal celebre osservatorio Griffith apparso in pellicole di successo come “Gioventù bruciata” e “LaLaLand”. «L’incendio “Sunset fire”, il più vicino a casa nostra – racconta Natalia – è stato contenuto e non siamo dovuti evacuare, grazie a Dio, ma ho amici che hanno perso tutto». 




















































Sembrava un gennaio come tanti altri a Los Angeles: gli eventi per la stagione dei premi, gli inviti alle serate, il clima mite, forse persino un po’ troppo mite: «Non piove da nove mesi a Los Angeles – spiega la modella – la vegetazione è molto brulla, la terra è secca e martedì scorso ha iniziato a spirare il vento di Santa Ana. Gli insegnanti della scuola di Leo mi hanno avvisato subito che non avrebbero fatto uscire i bambini a giocare e li avrebbero tenuti a scuola proprio a causa del forte vento. Quando sono andata a riprenderlo al pomeriggio, abbiamo deciso di restare in casa, un po’ per la contentezza di essere tornati dopo tre settimane passate in viaggio, un po’ per jet lag ci siamo addormentati presto. Mi sono svegliata alle 4 di notte, scrivo alla mia amica Courtney che stava a Pacific Palisades e mi informa di essere stata evacuata. Ed inizio a preoccuparmi». 

Il cielo nero e pieno di cenere

Natalia abita a Los Angeles da anni, la prima volta che è atterrata nella città del sogno americano è stata 20 anni fa, conosce bene le insidie che nasconde quella terra cantata in centinaia di canzoni: «Dopo un po’ fai l’abitudine agli incendi e ai terremoti, ma una catastrofe di queste dimensioni non l’avevo mai vista – continua – mercoledì mattina quando ci siamo svegliati, il cielo era nero e pieno di cenere. Siamo stati a casa per non respirare le polveri sottili, ma ancora abbastanza tranquilli. Alle sei del pomeriggio si è scatenato il “Sunset fire” che è molto vicino a casa mia e lì ho iniziato a pensare ad una prossima evacuazione. Ho preparato una valigia dei ricordi con dentro la prima ecografia di Leo, gli album fotografici, oggetti cari alla memoria, e poi una valigia con gli effetti personali un po’ più di valore perché, se lasciamo casa, non sappiamo se potremo mai tornarci».

«Ci vorranno anni per ricostruire tutto»

Tra le tante critiche al sindaco di Los Angeles Karen Ruth Bass, al governatore Gavin Newsom e a tutto il sistema assicurativo che pare non voler scendere a patti sui risarcimenti, la comunità di Los Feliz si è coesa sempre di più: «Non dovete pensare che siano bruciate solo le case dei divi di Hollywood. Palisades è distrutta, rasa al suolo, così come Altadena. Non c’è più un supermercato, molta gente ha perso il lavoro – spiega Natalia – ci sono persone che erano in affitto e ora non sanno davvero dove andare. I luoghi di ritrovo non esistono più: i parchi, le strade del passeggio. Nulla. Ci vorranno sei, sette anni per ricostruire tutto». Giovedì è stato sicuramente il giorno più brutto: «La corrente elettrica andava e veniva, due mie amiche sono venute da me per caricare il cellulare, sono andata a fare il pieno alla macchina in caso dovessimo scappare e tutta Hollywood boulevard era bloccata dal traffico – prosegue nel racconto – L’aria era sempre più irrespirabile, l’incendio vicino a casa è stato domato e quindi non abbiamo dovuto lasciarla, ma continuano ad arrivarmi messaggi di allerta sul telefono e soprattutto notizie di amici che avevano perso la casa e tutto quello che avevano». 

La scuola chiusa

Il grande ingranaggio della solidarietà si è messo in moto da subito, in attesa degli aiuti statali, governativi, federali: «La scuola di Leo ha chiuso e ha allestito un centro di raccolta beni per chi ha necessità. In 20 tra staff scolastico e alunni, hanno avuto la casa bruciata completamente dalle fiamme e idem per un’altra ventina del campus di Pasadena. C’è bisogno davvero di tutto: dagli abiti, ai pannolini per i bambini, perfino ai trucchi». Mamma e figlio, grati di essere in salute e di non aver perso nulla, hanno passato il week-end facendo volontariato nel loro quartiere: «Siamo una comunità coesa, molto unita. Seppure nella tragedia, nessuno si sente solo. Ci spaventa solo l’avviso di aumento dei venti previsto per martedì». Natalia non si perde d’animo, non lascerà Los Angeles, specialmente per il piccolo Leo che qui ha la sua vita: «Il cielo è tornato di un colore decente, l’aria è un po’ più respirabile. C’è una gran voglia di tornare alla normalità, ma gli incendi non sono ancora stati domati – conclude – Oltre alla ricostruzione, si dovrà pensare anche a tutti quelli che saranno senza lavoro. Io, per esempio, lavoro come freelance e tutti gli eventi sono stati cancellati. Avrei dovuto partecipare ad un party in una boutique questa settimana, ma è stata bruciata completamente».


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