Flop del programma per riportare al lavoro i disoccupati: solo il 36% ha trovato un posto. Gli incentivi ad assumere? Aumentano i divari

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 


Poco più di un terzo delle persone prese in carico dal programma Gol – Garanzia occupabilità lavoratori – ha trovato un lavoro dopo le attività nelle quali è stato coinvolto. Di queste, il 58% ha avuto un contratto a tempo. In numeri: i partecipanti sono stati 3,1 milioni, quindi le persone che hanno trovato un’occupazione sono meno di 1,2 milioni. I dati arrivano dal Rapporto 2024 dell’Inapp, l’Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche, presentato martedì alla Camera dei deputati.

Il programma, va ricordato, è finanziato con 5,4 miliardi di euro a valere sul Pnrr e si pone una serie di obiettivi di politiche attive del lavoro nel quinquennio dal 2021 al 2025: la presa in carico di almeno 3 milioni di persone, platea che deve essere formata per il 75% da disoccupati di lunga durata, under 35, over 55, donne e disabili. Le fasce più vulnerabili del nostro mercato del lavoro, insomma. Il Rapporto è critico sullo stato di avanzamento della misura: se da un lato l’obiettivo delle persone prese in carico è stato raggiunto, sui risultati ottenuti non ci siamo.

Infatti, al 30 novembre 2024, il 61,3% dei presi in carico ha avviato o concluso un’attività di politica attiva o un tirocinio extra-curricolare. Solo 328mila di questi sono stati coinvolti in un’attività formativa. In genere, dice il rapporto, la parte difficile viene nel momento in cui, dopo la firma del patto di servizio, bisogna passare all’effettiva erogazione della misura di politica attiva. Il 36,6% dei partecipanti a Gol ha trovato un lavoro dopo la presa in carico. Tuttavia i fortunati sono in larga maggioranza persone già vicine al mercato del lavoro, che avevano bisogno al massimo di un parziale adeguamento delle competenze. L’ambizione del programma era invece anche quello di includere le coorti più fragili. Inoltre, anche il tentativo di rendere capillare l’offerta di servizi pubblici per l’impiego sul territorio – con un punto sede ogni 40mila abitanti – ha avuto successo solo in un terzo delle sedi. “Le disparità territoriali – dice il rapporto – sono notevoli per le attività di orientamento, per la facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e per i servizi rivolti alle imprese”.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Bisogna poi ricordare che il programma Gol coinvolge prioritariamente chi percepisce sostegni al reddito e ammortizzatori sociali, per esempio la Naspi e il Reddito di cittadinanza. Dopo l’abolizione di quest’ultimo Gol si è rivolta ai beneficiari di Assegno di inclusione (Adi) e Supporto formazione lavoro (Sfl). L’obiettivo del governo era soprattutto rendere più stringente la condizionalità dei sussidi, per spingere coloro che li ricevono ad attivarsi e accettare offerte di lavoro. Il Rapporto non contiene dati su questo aspetto, ma il presidente Natale Forlani, nella sua relazione, ha detto che tra le difficoltà vi è anche il “mancato funzionamento delle condizionalità previste per i beneficiari dei sostegni al reddito”.

A parte la Gol, i dubbi sollevati dal Rapporto Inapp riguardano poi l’efficacia degli incentivi alle assunzioni, strumento su cui il dibattito è aperto da tempo. Se lo scopo era creare occupazione che durasse a lungo, sembra che non sia stato centrato: “La rilevanza dell’utilizzo degli incentivi nei settori caratterizzati da una elevata flessibilità dei rapporti di lavoro – dice il Rapporto – ha vanificato l’obiettivo primario di favorire le assunzioni a tempo indeterminato per la durata minima di tre anni. La media effettiva dei rapporti di lavoro incentivati per tale scopo non supera infatti i 16 mesi”. Di positivo c’è che la probabilità che gli sgravi abbiano ridotto il sommerso, ma gli effetti su occupazione e salari non sembrano rilevanti.

Nel 2023, il 59,7% delle assunzioni agevolate di donne ha riguardato contratti part time (32,7% per gli uomini). In pratica, dice il Rapporto, questi incentivi rischiano addirittura di acuire il divario di genere nella qualità degli impieghi creati, perché la quota di precariato e tempo parziale nei rapporti agevolati da sgravi è addirittura superiore rispetto a quella che si vede nei contratti non agevolati. Inapp inoltre suggerisce di combinare gli incentivi con i programmi di formazione, perché gli sgravi che presentano queste caratteristiche risultano i più efficaci anche per l’obiettivo della crescita di produttività.

Malgrado i record di occupazione sbandierati negli ultimi mesi, l’Italia ha 3,1 milioni di lavoratori in meno rispetto alla media europea. Si tratta di un confronto condotto “a parità di popolazione” dall’Eurostat e rielaborato nel Rapporto. Il dettaglio è ancora più interessante: i settori che scontano una maggiore carenza sono proprio quelli pubblici, a partire dalla sanità che registra 1,3 milioni di lavoratori in meno rispetto agli altri. Seguono la pubblica amministrazione con meno 696 mila e l’istruzione con meno 315 mila.

Insomma, altro che Paese del “posto fisso”, il dato conferma che l’Italia ha un deficit di occupazione proprio nei comparti pubblici. Gli unici settori nei quali abbiamo un numero di occupati superiore agli altri sono privati: la manifattura con più 360mila, il lavoro domestico con più 287mila, alberghi e ristoranti con più 127mila e l’agricoltura con più 107mila. Se da un lato l’industria resiste, malgrado tutto, a tenere sono il turismo, l’agricoltura e i servizi alla persona e alle famiglie.

Il Rapporto Inapp, dunque, invita a guardare oltre il numero generale dell’occupazione che negli ultimi anni ha segnato i punti più alti della storia. Perché nonostante l’importante crescita a cui stiamo assistendo permangono le criticità croniche: il tasso di inattività al 33,6%, che colpisce soprattutto i giovani (per loro è dieci punti superiore alla media Ue) e le donne del Mezzogiorno.

E poi il problema dei salari, altra questione cronica. Negli ultimi anni sono stati rinnovati molti accordi collettivi, ma il dato generale dice che la perdita di potere d’acquisto tra il 2019 e il 2024 è stata pari al 6,9%. Una media che nasconde enormi differenze tra settore e settore. Per esempio, a soffrire di meno sono stati i bancari e i lavoratori della manifattura, i cui accordi collettivi hanno attutito meglio gli effetti dell’inflazione.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link