Le mire di Trump su Groenlandia e Canada e l’Articolo 5 della NATO – Analisi Difesa

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Parecchi anni fa a causa del mio incarico del momento ebbi l’occasione  di essere presente allorché la NATO , a seguito dell’attacco terroristico di al-Qaeda alle Torri Gemelle di New York e ad altri luoghi degli Stati Uniti, discusse la possibilità di ricorrere per la prima volta nella sua storia all’Articolo 5 del Patto Atlantico, quello che impone a tutti gli Stati membri una solidarietà corale –  che però può assumere forme diverse da Stato a Stato – in caso di aggressione ad uno dei firmatari della Alleanza.

Al termine di una lunga riunione svoltasi nella sede del North Atlantic Council al Quartier Generale di Bruxelles dell’Alleanza l’Articolo 5 fu in quel caso adottato e ciò avvenne all’unanimità, malgrado inizialmente si fossero registrate due opposizioni basate entrambe su validi motivi emersi in sede di discussione.

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La prima di esse, avanzata dai tre Stati del Benelux, riguardava il fatto che l’aggressione subita dagli Stati Uniti non avesse avuto come protagonista uno Stato bensì, almeno secondo le informazioni fino ad allora disponibili ed in seguito pienamente confermate, una organizzazione terroristica, vale a dire un bersaglio molto più sfuggente e contro cui non si sapeva a quello stadio quali misure avrebbero potuto essere adottate.

La seconda obiezione, sorprendentemente, fu avanzata dagli  Stati Uniti che, reduci dalla recente esperienza NATO della guerra del Kossovo, proclamarono subito per bocca del Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, come non fossero disposti a combattere in questo caso una altra “war by Committees” (guerra condotta da Comitati) come era stata la precedente che aveva sofferto di tutte le lentezze derivanti dal fatto di dover ricercare per ogni decisione di rilievo l’approvazione di tutti gli Stati membri.

Soltanto quando fu loro garantito che si sarebbero potuti muovere da soli , o al massimo rinforzati unicamente da reparti specializzati di altri paesi da loro espressamente richiesti, l’opposizione degli USA cadde e l’applicazione dell’articolo 5 poté alla fine essere proclamata.

Da allora, cioè dal settembre del 2002, l’Articolo 5 non è stato più utilizzato, anche se in più di una occasione la Turchia sembra aver avuto la tentazione di invocarlo quando i suoi rapporti con la Russia non erano molto buoni in quell’area siriana in cui gli interessi dei due paesi sono apparsi per lungo periodo diametralmente opposti.

Se anche la Turchia avesse avanzato la sua richiesta, il clima dell’Alleanza, impegnata in quegli anni in una inesorabile avanzata verso est che doveva far passare sotto il suo controllo l’intera area cuscinetto un tempo dominata dalla Unione Sovietica, non era però certo tale da permetterne l’accoglimento.

Come effetto collaterale la richiesta avrebbe infatti inevitabilmente reso pubblico un crescente clima di ostilità fra Russia e NATO che si preferiva invece, almeno per il momento, mantenere sotto traccia.

Discussa pubblicamente fu invece, nel medesimo periodo, l’opportunità di modificare l’articolo in senso più cogente obbligando i paesi membri, in caso di aggressione di uno di essi, ad una collettiva risposta militare.

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Un progetto che venne poi abbandonato soprattutto perché la sua approvazione avrebbe aperto la porta a parecchie altre richieste di modifica di un Trattato pesantemente datato, e quindi bisognoso di cambiamenti numerosissimi.Dopo parecchio tempo comunque l’Articolo 5 torna adesso di attualità in una maniera tanto assurda quanto inaspettata.

Nella sua enunciazione del proprio programma il Presidente in pectore degli Stati Uniti, Donald Trump, ha infatti parlato, nella maniera muscolare e priva di riserbo che gli è propria, di quanto ritiene che debba essere fatto, tanto in politica interna che in politica estera, per mantenere gli USA nella condizione di “America first” e garantirne pienamente la sicurezza.

Quello che è emerso è che in sostanza egli sarebbe orientato a cercare di trasformare in una “Fortezza America“ la parte Nord del continente e che vedrebbe di conseguenza di buon occhio il passaggio sotto il controllo degli Stati Uniti tanto di Panama e del relativo Canale quanto della Groenlandia, attualmente sotto sovranità danese.

Una altra idea emersa dalle sue interviste è stata poi quella di un possibile mutamento futuro nella relazione degli USA con il Canada, i cui cittadini – almeno secondo Trump – aspirerebbero per la maggior parte a passare quanto prima sotto sovranità statunitense.
Il tono usato in tutti i casi è stato molto prossimo alla minaccia ed il futuro Presidente non ha affatto tenuto conto che fra i paesi usati come bersaglio ve ne sono ben due, Canada e Danimarca, che convivono con gli USA sotto l’ombrello della medesima Alleanza Atlantica.

Assurdo in questo caso pensare ad un futuro scenario in cui, dopo un progressivo peggioramento dei rapporti bilaterali, l‘applicazione dell’Articolo 5 possa venire richiesta da Danimarca e Canada nei riguardi degli Stati Uniti? Per il momento assolutamente sì…ma attendiamo le future mosse di Trump prima di fare altre sicure previsioni.

Oltretutto, stando almeno alla sua politica declaratoria, a Donald Trump la NATO non piace particolarmente e ciò non solo per la reticenza di molti paesi membri ad allinearsi sui livelli di spesa militare che egli riterrebbe opportuni ma anche per altri motivi che a suo parere ne decretano la quasi irrilevanza nel quadro degli scenari che egli immagina per il proprio paese.

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A questo punto non ci resta altro da fare che attendere gli eventi futuri, rammaricandoci di avere unicamente la NATO come possibile strumento militare e di non essere stati mai capaci, per un assurdo attaccamento ad interessi nazionali consolidati, di costruirci una difesa che fosse unicamente europea e quindi in grado di provvedere alla sicurezza del nostro territorio. Persino a 360 gradi, qualora ciò fosse domani necessario.

Immagini: X e Truth

 



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