«Una sconfitta per la cultura italiana»

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«L’estimatore del vino non avrà mai un approccio positivo verso il vino dealcolato. L’alcol fa parte delle famose tre gambe del vino, del suo equilibrio. È un po’ come degustare qualcosa senza un elemento fondamentale, come sedersi su una sedia senza una gamba». Il via libera in Italia alla produzione di vini dealcolati, attraverso un decreto e nuove disposizioni attuative pubblicate dal ministero dell’Agricoltura, non convince gli imprenditori salentini del settore, alcuni criticano fortemente questa novità e lasciano intendere di non volerlo prendere in considerazione. Altri spiegano che per ricavare il dealcolato occorre mettere in piedi una linea di produzione diversa dalle cantine.

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Il decreto

Il decreto del ministero detta disposizioni di attuazione di un regolamento dell’Unione europea che definisce vino analcolico (dealcolato) quello con un tasso di alcol non superiore a 0,5% mentre vino parzialmente dealcolato quello con un tasso tra 0,5% e 9% (in Italia la percentuale è di 8,5%). Secondo un’indagine dell’Unione italiana vini, il 36% degli italiani sembra interessato a consumare bevande dealcolate in etichetta, intanto in Puglia si attende lo sbarco sul mercato della nuova bevanda ma diversi imprenditori si dicono convinti che il vino tradizionale «riuscirà a resistere grazie alla sua qualità sempre più alta». C’è da dire pure che secondo il decreto ministeriale, nulla cambierà per i vini pugliesi a denominazione certificata: in Italia infatti il processo di dealcolazione, totale o parziale, non potrà essere eseguito per le categorie di prodotti vitivinicoli a denominazione di origine protetta (detti Dop) e ad indicazione geografica protetta (Igp), Igt Salento compreso.

Apollonio Vini

Per Massimiliano Apollonio, della Casa vinicola Apollonio Vini 1870 Monteroni di Lecce, rientrante nella denominazione Copertino Doc, il vino dealcolato «è una sconfitta della cultura italiana. Per noi che facciamo parte dell’Unione imprese storiche italiane, questa novità è un po’ la perdita dell’identità tutta italiana a discapito di esigenze anche un po’ fasulle di mercato, legate allo spauracchio che il vino faccia male alla salute. Noi, invece, siamo convinti che questo sia dovuto ai superalcolici e non certo ai vini, prodotti millenari che esistono nel Salento, in Puglia, già da 3000 anni. Il vino veniva nominato e utilizzato dal nostro Gesù, e apparve qui da noi ancora prima fin dalla Magna Grecia». Per Apollonio il dealcolato rischia di essere «un boomerang perché ovviamente il vino senza alcol sarà prodotto anche in Italia e pure nei paesi scandinavi del nord Europa e quindi determinerà la perdita di identità del nostro Primitivo, del Negramaro, del Susumaniello e delle centinaia di vitigni autoctoni che abbiamo in Puglia. C’è da dire comunque che con i vini rossi del Salento è molto difficile da realizzare». Il vino dealcolato arriva quasi in concomitanza con le nuove regole del codice della strada che hanno modificato limiti e sanzioni: «Occorre trovare delle soluzioni con i ristoratori e i consumatori, istituire delle navette come accade in altri paesi europei. Purtroppo, nei locali ormai le persone sembrano terrorizzate a bere anche un bicchiere di vino, non si capiscono bene con precisione ancora quali sono le percentuali introdotte dal nuovo codice».

Cantina Coppola

Critico pure il parere dell’imprenditore Giuseppe Coppola di Cantina Coppola 1489 Gallipoli: «I succhi di frutta si fanno da sempre e il vino dealcolato non è che un succo di frutta, non ha niente a che fare con il vino, con la cultura di un territorio e con quello che rappresenta anche in termini di storia della produzione vitivinicola. Non si può immaginare di risolvere determinati problemi con il proibizionismo o con soluzioni alternative. Il problema dell’alcolismo è una cosa differente. L’abuso dell’alcol è un problema educativo che va affrontato e risolto in maniera alternativa. Esistono tutta una serie di altri prodotti che nulla hanno a che fare con il vino e che spesso, purtroppo, vengono maggiormente utilizzati da giovani e giovanissimi, soprattutto per il cosiddetto sballo del sabato sera. Oggi – continua Coppola – si sta perdendo di vista invece l’obiettivo della qualità, dell’educazione all’utilizzo e al consumo consapevole di un prodotto che ha fatto la storia dell’Italia e dell’Europa in generale». Occorre per Coppola puntare sul ruolo delle famiglie e della scuola riguardo al consumo consapevole e su «sanzioni vere e durature per chi somministra eventualmente prodotto ai minorenni».

Cupertinum

Francesco Trono presidente dell’antica Cantina sociale Cupertinum (Copertino), evidenzia ulteriori aspetti: «Per legge le cantine non potrebbero produrre questo vino dealcolato, ci vogliono stabilimenti ad hoc e un processo prettamente industriale, per tutta una serie di motivi. Bisogna comunque attenzionare questa novità alla luce delle norme del codice stradale e per il fatto che altri paesi europei già producono tale tipologia di prodotto che sicuramente andrà ad eliminare delle quote di mercato, ma che a mio avviso non si può chiamare “vino”. Diamogli un altro nome perché noi tutti nel tempo abbiamo lavorato su questa tipologia che porta con sé storia, tradizione, cultura». 

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