VISTO DALLE RINNOVABILI/ La mossa che ci serve per “sgonfiare” il caro bollette

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Il gas ci ha fregato ancora: le bollette sono in drammatico rialzo e la dipendenza dai Paesi fornitori conferma una pericolosa vulnerabilità energetica del Paese anche rispetto alle speculazioni dei mercati di cui si sentono già gli effetti. A farne le spese sono e saranno ancora le tasche degli italiani: famiglie (soprattutto le più deboli) e imprese. Proprio come tre anni fa. Anzi, peggio di tre anni fa se consideriamo che nonostante la lezione (terribile) del 2022 il gas continua ad avere un peso eccessivo nel mix energetico italiano per la produzione di energia elettrica. Siamo gli unici, tra i principali Paesi europei ad affidare al gas una quota così importante nella produzione di energia elettrica: In Italia arriviamo al 46% contro il 34% del Regno Unito, il 23% della Spagna, il 16% della Germania, il 6% della Francia (dati per l’anno 2023).



Questa anomalia, pur leggermente ridimensionata negli ultimi anni, costituisce un grave elemento di debolezza le cui conseguenze sono tornate a manifestarsi nelle scorse settimane.

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Attenzione, però, il tema del futuro energetico italiano non è tanto una scelta pro-rinnovabili o pro-gas. Chi affronta l’argomento con questa dicotomia rivela una piegatura ideologica che impedisce di comprendere i veri fattori in gioco. Il passo che ci è chiesto non è tanto una scelta di campo, quanto una modifica del mix che possa meglio salvaguardare gli interessi dei cittadini e del sistema-Paese e non solo quelli di chi su alcune fonti energetiche ha costruito da decenni un sistema di generose rendite e ricchi profitti a cui non vuole rinunciare. È il tema della transizione energetica, a cui si oppone un’ideologia “no-green” tanto rovinosa e nefasta quanto la peggiore ideologia green. Anzi ancora di più.



Riepiloghiamo brevemente i fatti che ci hanno riportato in piena emergenza energetica. Nel mese di dicembre i prezzi del gas rafforzano la tendenza al rialzo con un’impennata di qualche decina di punti percentuali. Il 27 dicembre Arera annuncia che la bolletta elettrica per i clienti cosiddetti “vulnerabili” serviti in Maggior Tutela aumenterà del 18,2%. Un salasso per le fasce più fragili della popolazione, in particolare quelle anziane e a basso reddito. L’autorità è molto chiara sulle ragioni dei rincari. Ecco cosa scrive: “L’aumento per il prossimo trimestre è riconducibile a diversi fattori: il perdurare delle tensioni geopolitiche in alcune aree strategiche e il rialzo stagionale dei prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica, correlato alle quotazioni del gas naturale in vista della stagione invernale”.



1° gennaio: Gazprom dichiara di aver interrotto l’invio di gas tramite l’Ucraina. Anche se in Italia la quota di gas che arrivare direttamente dalla Russia è ormai minima, la notizia desta allarme e innesca ulteriori speculazioni. A inizio anno alla Borsa di Amsterdam il prezzo del gas raggiunge quota 50 ero al MW toccando il picco più alto dell’ultimo anno.

In questo scenario alcuni “supporter” del gas hanno cercato di alzare la solita cortina fumogena nel grottesco tentativo di scaricare sulla crescita delle rinnovabili la responsabilità di quanto sta accadendo al grido di “ma quanto ci costa la transizione energetica”. Ma hanno messo in campo le consuete argomentazioni solide quanto la neve al sole.

In realtà, è proprio la transizione energetica ad aver avviato un fenomeno di abbassamento dei prezzi dell’energia elettrica nella maggior parte dei Paesi europei. Il kWh prodotto da fonte eolica e solare infatti non è solo quello più conveniente, ma aumenta anche la disponibilità di energia a basso costo. La stretta attualità ce ne mostra un esempio: il 1° gennaio in Germania la produzione da rinnovabili (soprattutto da sole e vento) ha superato del 25% la domanda. Questo fenomeno si era manifestato con grande frequenza nelle stagioni primaverili ed estive, soprattutto in Spagna e nella stessa Germania, generando un calo dei prezzi dell’energia che aveva portato addirittura i listini in negativo. Il 1° gennaio rappresenta certamente un’eccezione per quanto riguarda i mesi invernali, ma la direzione è ormai tracciata.

Non è un caso che proprio in Germania e Spagna già nel 2023 le energie rinnovabili avevano coperto più del 50% della produzione di energia elettrica. Anche in Italia siamo arrivati al 50%: lo storico traguardo è stato raggiunto proprio nel 2024 grazie soprattutto alla diffusione del fotovoltaico, ma questo non si è ancora tradotto in benefici sulle bollette a causa del meccanismo che aggancia il prezzo dell’energia elettrica a quello (più alto) del kWh prodotto con il gas. Così oggi l’energia solare premia soprattutto chi la utilizza in modalità di autoconsumo. Non è una piccola fetta: il Gse ha calcolato che l’autoconsumo copre il 25% di tutta la produzione da fonte solare, e il 49% degli impianti fotovoltaici che autoconsumano (escludendo quindi i grandi impianti utility scale normalmente collocati a terra e non abbinati direttamente a un’utenza).

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L’energia da fonte solare rappresenta, quindi, un enorme potenziale di cui oggi si utilizza solo una piccola parte. Ora bisogna compiere l’ultimo passo: arrivare al disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas in modo da consentire alle rinnovabili di riversare su tutte le bollette il proprio potenziale in termini di contenimento dei costi dell’energia elettrica e quindi di risparmio per le famiglie e le imprese italiane che da anni pagano le bollette più salate d’Europa. Questa è una delle priorità nell’agenda del ministro Pichetto Fratin e ormai anche Confindustria lo chiede con forza. E forse già dalle prossime settimane potrà esserci qualche novità.

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