il potere e la politica fra omertà, ipocrisia e corruzione

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La stagione scolastica, dedicata alle proposte teatrali per le scuole secondarie, si apre con “Todo modo”, l’opera in un atto unico, tratta dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, con l’adattamento di Matteo Collura e la regia di Fabrizio Catalano, nipote del famoso scrittore di Racalmuto, con alle spalle una ricca e consolidata attività da scrittore, traduttore, drammaturgo e sceneggiatore.

 

L’eremo di Zafer
L’incipit prende avvio dalla platea, dove compare un uomo, l’io narrante della storia, che racconta di essersi imbattuto per caso in un eremo sperduto e di aver deciso di visitarlo, incuriosito dal luogo. Immerso in una luce rossa innaturale, quasi accecante, varca il sipario, ancora chiuso, portando con sé gli spettatori nella storia. Al centro del palco si staglia un quadro: è il dipinto di San Zafer (in realtà Sant’Antonio Abate, opera di Manetti), con in mano un libro che non riesce a leggere, a causa della sua vista debole. Accanto a lui, Satana in persona gli porge i suoi occhiali dalle proprietà diaboliche. In questa immagine è racchiuso il senso profondo dell’opera di Sciascia: per l’uomo, anche il migliore, è impossibile cogliere la verità, perché tutto il genere umano è malato, è corrotto e piega la realtà a suo piacimento, a suo vantaggio, in modo immorale.

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Todo modo
Il titolo dell’opera è una citazione estrapolata dagli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola “Todo modo para buscar la voluntad divina”, che tradotta letteralmente significa che ogni mezzo è lecito per cercare la volontà divina. Il fondatore dell’ordine dei Gesuiti rappresenta un modello di cultura élitaria proprio come Don Gaetano: più che un timorato ministro di Dio, il prete appare come uno stratega, un lucido prevaricatore, che muove le fila dall’alto della sua immensa cultura, utilizzata per plagiare e mistificare. Il suo eremo si è trasformato in un hotel di lusso, che accoglie cardinali, uomini politici, imprenditori, che vi si recano per prendere parte ad ipocriti esercizi spirituali, accompagnati dalle proprie amanti.

 

La recita del Rosario
Momento centrale delle vicende è la recita del Rosario, che si tiene nel giardino interno dell’eremo, immaginato dietro le quinte: lo spettatore può vedere solo ombre che si muovono. All’improvviso, si sente uno sparo e si apprende che è stato ucciso l’ex senatore Michelozzi. Questa è solo la prima vittima di una serie di omicidi, che si susseguono facendo il verso ai romanzi di Agata Christie. A risolvere il caso, nel più assoluto riserbo, viene chiamato il sostituto procuratore della Repubblica Scalambri, che dovrà sottostare ad un muro di omertà e di interessi collusi, tanto che non sarà possibile scoprire il volto dell’assassino.

 

Fiat voluntas tua
I dialoghi sono filosofici, dibattuti in chiave dialettica, in particolar modo tra don Gaetano e il Professore: giustizia ed espiazione, libero arbitrio e ineluttabilità della condotta individuale, onestà e corruzione. Il primo è una sorta di profeta della sciagura umana: “Siamo tutti sull’orlo dell’abisso dentro e fuori di noi”. Terribile e senza possibilità di riscatto suona la sua severa asserzione: “La Chiesa è come una zattera in mare aperto nella tempesta e su di essa ci si sbrana a vicenda”. Il suo interlocutore tenta invano di ricondurre i ragionamenti su un terreno più equilibrato: il prelato appare come un vero demonio invasato.

 

La menzogna genera menzogna
“Todo modo” è una riflessione sul potere, sulla politica, sull’ipocrisia di chi governa in ogni ambito dello Stato e della Chiesa e dichiara la necessità di recuperare un pensiero critico sulla società:  non è solo testimonianza del clima storico, in cui è stato scritto, al contrario è .una riflessione attualissima sulla corruzione dilagante, sul sistema del clientelarismo, sull’ambiguità di condotte che appaiono esemplari e che invece celano misfatti e omertà. Anche nella finzione scenica, nessuno è colpevole e in questo modo sono tutti possibili colpevoli. La morte improvvisa dello stesso don Gaetano sembra portare con sé il segreto di quanto accaduto e il sollievo per uno scandalo eluso.

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Interpreti di spicco
Nomi di richiamo sono Pino Quartullo, attore, regista, sceneggiatore e drammaturgo, che interpreta con dinamismo e piglio deciso il sostituto procuratore Scalambri, ed Isabel Russinova, nei panni raffinati ed ammiccanti della moglie di un pezzo grosso, ma tutto il cast si distingue per la credibilità del ruolo e la perfezione nella resa del personaggio: mistico e magnetico si rivela Roberto Negri, nelle vesti del controverso Don Gaetano, flemmatico e pacato Alessio Caruso, che dà voce e pensiero al Professore, irriverente e genuino il cuoco, a cui presta il volto e il corpo ben pasciuto Massimiliano Buzzanca, figlio dell’indimenticabile Lando e con loro Stefano De Majo, Gionathan Montagna, Riccardo Isgrò e lo stesso regista, Fabrizio Catalano, che impersona l’avvocato Voltrano.

 

La verità è nel fondo di un pozzo
Con questo romanzo Sciascia sembra volerci dire che la verità è sotto gli occhi di tutti, ma proprio per questo nessuno la vede. Numerose sono le citazioni, che rimandano a Stendhal, Simenon, DostojevsKij, proprio come il finale dell’opera, che richiama una citazione tratta da “I sotterranei del Vaticano” di Gide, a sottolineare il perverso connubio tra realtà e finzione, mistica del bene e del male, incapacità dell’uomo a redimersi. Al termine dello spettacolo Pino Quartullo e il regista Catalano, con simpatica ed affabile disponibilità, si intrattengono, lodando il pubblico del San Domenico “attento, concentrato e partecipe” e la bellezza unica del teatro cremasco.





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