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Il mare nascosto, primo lungometraggio del regista Luca Calvetta, si è appena aggiudicato la menzione Festambiente del Clorofilla Film Festival 2024, di cui eHabitat è media partner. L’ultimo di una serie di numerosi premi, per questo film che s’ispira a Il piccolo principe e segue il viaggio metaforico di un giovane venuto da lontano alla faticosa ricerca di un senso del tutto. Forse il simbolo dell’immigrato dei tempi odierni, che nel suo lungo peregrinare nel lacerato sud d’Italia – e del mondo in generale – s’imbatte in varie situazioni ed incontra personaggi emblematici, capaci di dispensare perle di saggezza e realismo.
Ricca di echi letterari, filosofici e artistici, quest’opera indipendente è una poesia sul grande schermo che incrocia vari generi (cinema, teatro, documentario) e si regge sul talento di un narratore d’eccezione, Ascanio Celestini. Calvetta dipinge un affresco di immagini potenti, incorniciato da musiche evocative e venato di un lirismo di fondo, capace di sviscerare tematiche universali quali l’identità, la dignità, la bellezza, il tempo, la miseria, la sofferenza e la solitudine.
In sintesi, un film suggestivo e spiazzante, che stimola ma non rassicura, interroga ma non fornisce risposte definitive (emblematici i continui forse di Celestini). Il mare nascosto manca di un filo narrativo preciso ma gioca sulle emozioni e sulla capacità di immedesimazione dello spettatore, regalando a ciascuno di essi sensazioni e conclusioni differenti, come un libro aperto.
Sicuramente un film complesso che difficilmente lascerà indifferenti, da ammirare con la giusta attenzione (più visioni regalano sempre nuovi spunti), e altamente consigliato ad un pubblico che vuol riflettere sul senso del mondo e della nostra esistenza.
Girato interamente nell’arcana ed affascinante Calabria, terra d’origine della famiglia paterna del regista, Il mare nascosto è un film indipendente e a basso costo, realizzato con strumenti amatoriali e prevalentemente da non-professionisti. Scritto diretto e prodotto da Luca Calvetta, è un film corale, poetico e volutamente politico, ai confini tra realtà e immaginazione e fuori da ogni schema. Il testo originale si intreccia a diversi scritti di Antoine de Saint-Exupéry e ai versi di Pier Paolo Pasolini, Romain Gary e Mahmoud Darwish, richiamando il retroterra accademico del regista e i suoi studi politici.
Il mare nascosto [70′, Italia, 2023] è interpretato da Ascanio Celestini, Marco Leonardi, Anna Maria De Luca, Carlo Gallo, Carmelo Giordano, Nadia Kibout e da alcuni esordienti sullo schermo, ovvero il rapper Kento, lo scrittore Gioacchino Criaco, il giovane poeta Mohamed Amine Bour e la sorprendente Josephine Faraci. Il montaggio è di Massimiliano Curcio e dello stesso regista, le musiche originali di Ewa Dominika Lorek, Alessandro Sgarito e Stefano Gallone.
Presentato in anteprima assoluta nella serata di apertura dell’Ischia Film Festival 2024, questo prezioso film ha già ottenuto importanti riconoscimenti nell’anno in corso: miglior documentario al Magna Graecia Film Festival; miglior lungometraggio al Caorle Film Festival, al Lecce Film Festival ed al Garofano Rosso Film Festival; premio alla miglior regia all’Asti Film Festival ed al Tropea Film Festival, dove sono stati premiati pure Ascanio Celestini come miglior attore protagonista ed Anna Maria De Luca come migliore attrice non protagonista.
Il regista
Nato a Ginevra, Luca Calvetta ha conseguito un dottorato di ricerca in Teoria politica alla Luiss Guido Carli di Roma ed ha fatto esperienza alle Nazioni Unite di Ginevra e nella comunicazione culturale a Parigi. Nominato Young Global Shaper dal World Economic Forum di Davos, ha lavorato per sette anni al programma televisivo diMartedì curando la parte culturale e di approfondimento, prima di collaborare con la Rai in quattro edizioni della serata finale del Premio Campiello di letteratura.
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Prima di questo lungometraggio, Calvetta si è fatto notare per il suo documentario a costo zero Il paese interiore, ispirato alla vita ed all’opera dell’antropologo Vito Teti e visibile liberamente su Vimeo.
L’intervista
Per prima cosa, raccontaci come sia stato possibile realizzare un film così raffinato e curato in ogni particolare, pur lavorando senza scenografi, costumisti e attrezzisti e non godendo di alcun finanziamento pubblico? Quali sono state le principali difficoltà e quali invece le risorse inaspettate?
Per realizzare Il mare nascosto in effetti ho dovuto imparare (con molti amici, devo aggiungere) giorno dopo giorno a fare quel che non sapevo fare, inventare soluzioni, deviare strada, riscrivere e improvvisare, ma cercando di restare sempre fedele alla mia voce, ad una visione precisa di cinema e direi di arte in generale. Una visione che si vuole poetica e politica al contempo. Ogni inquadratura infatti, ogni taglio di montaggio, ogni parola, al di là dei limiti tecnici, degli strumenti inadeguati, dei non-professionisti (come me), sono stati e sono per me necessari e al servizio di un’ambizione intellettuale (ed estetica) alta, esigente, libera dai vincoli del cinema commerciale e direi forse della sempre più diffusa semplificazione contemporanea, in ogni ambito. Senza scorciatoie quindi, senza compromessi. Tutto questo ha richiesto tempo e sacrificio, ma credo traspaia nel film e arrivi allo spettatore, trattandolo con rispetto, come parte attiva dell’opera, chiedendogli anzi di compiere il viaggio insieme ai protagonisti del film. Ogni limite, e ci siamo dovuti letteralmente conquistare ogni singola scena, è stato in fin dei conti uno stimolo, un’opportunità di superare il già visto.
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Si tratta di un film profondo e molto complesso, ricco di citazioni letterarie ed artistiche e ispirato alla favola senza tempo di Antoin de Saint-Exupéry. Com’è nata l’idea di quest’opera, cosa ha significato per te Il piccolo principe e cosa hai voluto trasporre con i tuoi riferimenti culturali?
Il piccolo principe è stato un pretesto narrativo, certamente non casuale, per raccontare un viaggio, interiore e fisico, per far parlare i luoghi e non solo i personaggi, assumendo però una prospettiva diversa da quella della favola di Saint-Exupéry, ovvero adottando lo sguardo e la voce degli ultimi, degli sconfitti, camminando in qualche modo sui margini, geografici e simbolici. Quello che ho voluto realizzare, in altre parole, è un film che parla di confini, tra le nazioni, ma soprattutto tra le discipline, il cinema, il teatro, la poesia, tra il passato e il presente, tra la realtà e l’immaginazione, tra la voce del narratore e quella degli altri personaggi, per sfumarli, aprirli, per rompere i confini. Perché solo superando confini, definizioni prestabilite, pregiudizi, possiamo accedere alla nostra identità. Il mare nascosto racconta proprio del percorso che dobbiamo fare tutti, anche rispetto al nostro passato, alle nostre ferite, alle nostre origini, per diventare noi stessi. Perché le nostre radici stanno anche davanti e non solo dietro di noi. E questa è in qualche modo pure la storia della mia vita, un mosaico fatto di molte culture, nazioni, lingue, classi sociali.
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Il film è retto dall’interpretazione magistrale di un grande narratore del nostro tempo come Ascanio Celestini. Come è nata questa collaborazione e cosa rappresenta per te la voce di Ascanio nel mondo di oggi?
Ascanio Celestini è un grande artista e una persona rara. Un intellettuale coerente, coraggioso, generoso, che non esita ad esporsi per le battaglie politiche e civili in cui crede. L’ho conosciuto quando lavoravo in televisione, grazie a Michela Murgia, cui sarò sempre grato per questo. E che proprio come Michela Murgia rappresenta una voce necessaria al dibattito politico e culturale italiano, a prescindere dal condividere o meno la stessa visione del mondo. Voci preziose in un panorama arido di figure pronte ad esprimere opinioni scomode, articolate, non conformi alle mode del momento. Abbiamo collaborato la prima volta per il mio lavoro precedente, un documentario dal titolo Il paese interiore, ispirato all’opera dell’antropologo Vito Teti, l’autore che ha reso famoso il concetto di restanza, ma non solo. Io credo che in quel lavoro e ancora di più nel film Il mare nascosto, Ascanio abbia ritrovato una sensibilità, uno sguardo poetico e politico appunto, che alimenta, seppure in una forma diversa, anche la sua produzione artistica.
Non nascondi l’intento politico di questo film (bellissimo il personaggio del guardiano del faro), che suggerisce indefinitamente varie tematiche quali l’immigrazione e l’accoglienza (“Antoine de Saint-Exupéry oggi forse scriverebbe di una barca che divora le persone” afferma Celestini) e rappresenta un viaggio interiore e fisico nei luoghi più nascosti e dimenticati e tra le persone più fragili ed emarginate, ma così ricche di esperienza e saggezza. Cos’è e cosa dobbiamo imparare da questo sud del mondo che ritrai così efficacemente nel film?
Grazie, prima di tutto… Credo di aver già risposto in parte, ma soprattutto io vorrei con questo film suggerire delle domande più che offrire delle risposte, non a caso Il mare nascosto ha una forma complessa, non lineare, non spiega tutto, ma chiede allo spettatore di partecipare, di riempire gli spazi oscuri con la propria vita, la propria esperienza, la propria sensibilità. Anche questa è una scelta in qualche maniera politica: considerare l’altro, lo spettatore in questo caso, come un soggetto, un individuo attivo, e non come un contenitore vuoto, da guidare verso una risposta prestabilita. Il sud poi, come si dice nel film, per me non è un luogo ma una condizione interiore, una ferita quasi, uno squarcio. E la ferita non è solo dolore, ma apertura verso una dimensione ulteriore, possibilità di un nuovo inizio, relazione agli altri e alle parti sconosciute di noi stessi.
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È un film ricco di spunti e tematiche e mi pare di ravvisare pure quella ambientale nella figura del pastore, che riferendosi alla natura parla di bellezza fragile e presa in prestito e di accaparramento sfrenato delle risorse per trarne solo guadagno. C’è pure un intento ecologista nella tua pellicola?
Senza dubbio e qui devo richiamare in qualche modo la mia formazione politica e accademica. Proprio nella mia tesi di Dottorato, ormai scritta molti anni fa, parlavo di qualcosa come una “identità sostenibile”, perché l’idea era che le tematiche ecologiste in senso stretto non possano separarsi da una più ampia visione in cui ogni individuo deve sempre considerarsi in relazione con gli altri, con l’ambiente, con il tempo, quello passato e quello futuro, con le dimensioni non ancora espresse di se stessi, etc. Una relazione di mutuo rispetto e scambio, una comunicazione aperta che si pone in una prospettiva critica verso le forme più estreme di capitalismo, nazionalismo, fanatismo… sfortunatamente molto attuali. Il mare nascosto poi mette i luoghi al centro della narrazione e si tratta spesso di luoghi feriti dalla mano dell’uomo…
In tutto il film traspaiono l’importanza della cultura ed il valore dell’arte. “Dove finisce il mio teatro inizia forse il mare e il mare non finisce”, recita Celestini. Qual è il tuo messaggio più profondo in quest’opera?
Questo richiama proprio il tema dei confini di cui parlavo prima, l’idea di aprirli per lasciare spazio alla libertà, all’identità di ciascuno. Ma sottolineando che l’identità non è un punto di arrivo, un monolite, ma un processo sempre aperto e in divenire. Ognuno troverà il messaggio che la propria sensibilità gli suggerirà… l’arte, diceva un filosofo che amo molto, è una finestra aperta sul caos e non un velo che ci nasconde la realtà e ci rassicura.
“Se racconterai di me ricorda il mio futuro”, “un giorno impareremo a vedere le stelle che nascono”, “ovunque qualcosa si interrompa, qualcosa può nascere ancora”: sono solo alcune citazioni dal film, che al di là della cupezza di certe situazioni pare lanciare pure un messaggio di speranza. Cosa puoi dirci in proposito?
Senza anticipare il finale, ho voluto però rappresentare diversi percorsi possibili. Ognuno di noi, e così pure i personaggi del film, deve fare i conti con le proprie origini, il proprio passato, e chi ci riuscirà potrà accedere a se stesso e al proprio futuro. In ogni dolore, avversità, ostacolo, c’è anche una promessa di felicità, di crescita, di futuro. In ogni cielo notturno, per riprendere la citazione che hai fatto, c’è una stella che brilla. Bisogna solo imparare a guardare… l’arte può trasformare le ferite in nuova luce…
Per concludere, il film ha già ottenuto importanti riconoscimenti, hai già in cantiere altri progetti sempre nel mondo del cinema?
Sto iniziando a lavorarci, ma la strada sarà lunga. Per adesso, voglio accompagnare Il mare nascosto verso le persone, organizzare una distribuzione, condividerlo.
Il mare nascosto, intervista al regista Luca Calvetta
ultima modifica: 2025-01-12T00:01:36+01:00
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