Solo con l’indipendenza fisica ed economica le donne con disabilità possono salvarsi dall’emarginazione e dall’oppressione fisica e psicologica

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 


di Elena Papaleo

Empowerment, Vita Indipendente, studio, lavoro, accesso ai servizi di comunità (in primis quelli sanitari, ma non solo), sono questi gli aspetti su cui è necessario lavorare per garantire alle donne con disabilità l’indipendenza fisica ed economica: lo afferma Elena Papaleo, essa stessa donna con disabilità motoria, in questa articolata riflessione che prende spunto dalla lettura del Terzo Manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell’Unione Europea.

Una bella immagine di Elena Paolaeo scattata a Berlino qualche anno fa.

Dopo mesi e mesi di tentativi, Simona Lancioni [responsabile del Centro Informare un’h, N.d.R.] è riuscita a convincermi a scrivere un articolo sul Terzo Manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell’Unione Europea, pubblicato dal Forum Europeo sulla Disabilità (EDF) il primo marzo 2024 [il testo, in lingua italiana, è disponibile a questo link, N.d.R.],  ed elaborato facendo riferimento ai dati raccolti con un sondaggio effettuato dallo stesso Forum, cui hanno partecipato quasi 500 donne residenti in 33 Paesi europei. Il 79% delle partecipanti erano donne con disabilità, il 26% madri di persone con disabilità.

Microcredito

per le aziende

 

Perché non ho scritto prima questo articolo? Semplice, perché – a parte gli impegni lavorativi – confesso che affronto sempre con remore i testi e, in generale, tutto ciò che riguarda la disabilità. Perché? Semplice anche questo… perché in una società in cui ti ritrovi circondato da barriere fisiche e mentali, è dura vivere con una disabilità abbarbicata addosso. Tuttavia, bisogna reagire e lottare… Ed è proprio questo l’intento del mio articoletto.

Nel Terzo Manifesto ho ritrovato molti dei concetti sui quali ho riflettuto spesso nel corso dei miei quarant’anni di vita da persona con disabilità motoria grave. In particolare, sul concetto di empowerment, vale a dire, il potenziamento di sé e della propria capacità di autodeterminazione. Eh, sì, perché laddove non si possa raggiungere un obiettivo con la forza “muscolare”, bisogna provarci a tutti i costi con la forza “della coscienza”. Ed è proprio la presa di coscienza a diventare il nostro strumento essenziale per farci valere in una società che tende ad escludere chi non è perfetto. Come dico spesso, se è vero il detto “chi non ha testa ha gambe”, in questa società risulta ancora più determinante il suo contrario: ovvero “chi non ha gambe abbia testa!”. Sì, forse questo è diventato da anni il mio mantra e vorrei che lo diventasse anche per molte ragazze e donne con disabilità. Perché piangersi addosso e attendere la famosa manna dal cielo, ahimè, porta poco lontane. Credo che sia fondamentale per le ragazze e donne con disabilità impegnarsi a studiare e a lavorare (anche se spesso si fa molta più fatica delle persone cosiddette “normodotate”), per ottenere una posizione nella società, un’indipendenza economica (anche se piccola!) dal contesto familiare, dimostrando così di non essere “disabili” ma “abili in un altro modo”. Ecco che a questo punto entra in ballo il ruolo fondamentale dell’Unione Europea che è chiamata a debellare quella tremenda e vergognosa piaga dell’«emarginazione sistemica e le barriere attitudinali e ambientali» per tutte le ragazze e donne con disabilità, a maggior ragione per quelle con disabilità intellettiva. E uno degli ottimi strumenti che i Paesi dell’Unione Europea hanno già a disposizione è il contributo per la Vita Indipendente, come sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (in particolare l’art. 19), in base al quale detti Stati (Italia compresa!) sono chiamati a garantire alle persone con disabilità grave (comprese le ragazze e donne con disabilità) la stabilità di un contributo per la Vita Indipendente per pagare gli assistenti personali volti al supporto nello svolgimento di ogni attività di vita quotidiana (compresa la cura della persona e la possibilità di lavorare grazie all’aiuto di detti assistenti). E questo, tra l’altro, dovrebbe avvenire senza penalizzare chi lavora, perché senza quel supporto la persona disabile non può lavorare (e non può vivere, perché se quel poco che guadagna serve per pagare gli assistenti, non resta nulla di cui campare!), perdendo così la dignità e il proprio ruolo di figura attiva nella società. Solo con l’indipendenza fisica ed economica le ragazze e le donne con qualsiasi tipo di disabilità (e, aggiungerei, qualsiasi essere umano!) possono salvarsi dall’emarginazione e dall’oppressione fisica e psicologica da parte di qualsiasi altro individuo. Perché nessuno – e ripeto, nessuno – può permettersi di emarginare e opprimere qualcun altro.

«Garantire la parità di accesso agli ambienti e alle informazioni per le donne e le ragazze con qualsiasi forma di disabilità» diventa dunque uno degli obiettivi cardine che l’Unione Europea è chiamata a raggiungere il più presto possibile, perché noi ragazze e donne con qualsiasi forma di disabilità, possiamo impegnarci quanto vogliamo a studiare e a ottenere un lavoro, ma se poi l’accessibilità ai trasporti pubblici, agli edifici e agli ambienti, così come l’accesso alle informazioni digitali e non digitali ci viene negata, ci ritroviamo con una «porta sbattuta in faccia» e i nostri sforzi di autodeterminazione risultano vani.

In una società che si definisce “civile”, chiunque dovrebbe riuscire a prendere un mezzo pubblico per raggiungere il luogo di lavoro (o di cura, o di svago, ecc…), senza dover prenotare (spesso con largo anticipo) mezzi di associazioni pubbliche o private che per fare 3-4 km arrivano a chiedere anche 50 euro! In una società “civile” una persona con qualsiasi forma di disabilità non dovrebbe porsi la domanda «Ma quel luogo sarà accessibile?» e mettersi a indagare con il bisogno disperato di scoprire se all’ingresso e all’interno di quel luogo ci sono gradini, scale o porte strette, o se qualcuno si è degnato di mettere una rampa di fortuna o, nella migliore delle ipotesi un ascensore (sperando poi che sia funzionante, perché, ahimè, non è sempre così scontato!)

Infine, vorrei sottolineare anche l’importanza dell’accessibilità alle cure e all’assistenza sanitaria, che spesso viene tutt’oggi negata alle ragazze e donne con disabilità, perché mancano le strutture e la formazione adatta. Spesso le ragazze e donne con qualsiasi forma di disabilità rinunciano alle campagne di prevenzione e alle cure, perché le strutture sanitarie attuali sono sprovviste di strumentazioni volte ad agevolare l’accesso alle strutture stesse e l’esecuzione delle visite e delle terapie. Mi riferisco, tra le tante cose, all’assenza di sollevatori in molti reparti ospedalieri che costringe le donne e ragazze con disabilità a farsi sollevare di peso come “sacchi di patate”, mettendo a rischio la propria persona e quella che gentilmente si offre di darle una mano. Si parla tanto di fare prevenzione ma, se quando arriviamo nell’ambulatorio, non c’è modo nemmeno di salire su un lettino e farsi visitare, allora ti viene voglia di scappare perché ti senti presa in giro. Spesso si trovano medici, infermieri, personale OSS [operatori socio-sanitari, N.d.R.] e OSA [Operatori Socio-Assistenziali, N.d.R.] molto gentili e disponibili, ma il doversi fare sollevare di peso (anche se magari pesi 33 kg) risulta come un’invasione della propria personalità e intimità.

Concludo citando un altro passaggio che ben rispecchia queste mie riflessioni (includendone anche altre), sperando davvero che l’Unione Europea realizzi quanto prima tutti gli obiettivi di questi fondamentali Manifesti sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità: «Sviluppare servizi e supporto a livello comunitario per le donne e le ragazze con disabilità evitando di istituzionalizzarle. Tutte le soluzioni infrastrutturali per l’alloggio, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e altri servizi devono essere realizzate in modo accessibile affinché le donne e le ragazze con disabilità possano avvalersi dei servizi generali. Va notato che i modelli di assistenza tradizionali forniti dagli istituti e dalle comunità residenziali per persone con disabilità portano le donne e le ragazze con disabilità alla perdita di autonomia, all’impoverimento economico, alla segregazione e all’isolamento dal resto della comunità.
Promuovere i servizi basati sulla comunità con un approccio basato sui diritti umani che sostenga le donne con disabilità, le madri di persone con disabilità e le donne che si prendono cura dei loro familiari con disabilità. I modelli di assistenza tradizionali impongono ai membri della famiglia, in maggioranza donne, un carico sproporzionato di lavoro di cura non retribuito. Emerge anche che le donne con disabilità si occupano di molti familiari con e senza disabilità».

Sì, perché nel 2025 in molti Stati dell’Unione Europea (Italia compresa!) a oggi non si è reso ancora il giusto riconoscimento alle «madri di persone con disabilità e le donne che si prendono cura dei loro familiari con disabilità» sacrificando il loro lavoro, il loro tempo e spesso la loro stessa salute mentale e fisica. E questo, ahimè, in un Paese a suo dire “civile” è una vera e propria vergogna.

 

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Vedi anche:
Valeria Alpi, Ma tu Valeria, in quanto donna con disabilità, da chi ti senti rappresentata? «Informare un’h», 20 settembre 2024.
Asya Bellia e Marta Migliosi, Luci ed ombre del Terzo Manifesto sulle donne e le ragazze con disabilità, «Informare un’h», 15 giugno 2024.
Stefania Delendati, Donne e ragazze con disabilità, femminile plurale, «Informare un’h», 14 giugno 2024.
Sezione del centro Informare un’h dedicata ai “Manifesti delle Donne e delle Ragazze con disabilità del Forum Europeo sulla Disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.

 

 

Ultimo aggiornamento il 11 Gennaio 2025 da Simona



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link