Adista News – Armi sì, transizione ecologica e lotta alla povertà no. L’iniqua manovra del governo Meloni

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Adista Documenti
n° 2 del 18/01/2025

DOC-3354. ROMA-ADISTA. Se ai cattivi governi abbiamo fatto l’abitudine, la controfinanziaria della Campagna Sbilanciamoci! indica, anno dopo anno, come sia del tutto percorribile una strada alternativa: le sue proposte, puntuali, fattibili e sostenibili economicamente, stanno infatti a dimostrare, meglio di qualsiasi discorso, che lo scempio in corso non è affatto ineluttabile.

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Eppure, (anche) il governo Meloni ha presentato «una manovra economico-finanziaria modesta, di galleggiamento, iniqua socialmente e, dal punto di vista ambientale, regressiva», proprio mentre l’Istat lancia l’allarme sull’aumento della povertà assoluta e relativa: «gli italiani a rischio di povertà assoluta costituiscono il 25% della popolazione e oltre 4,5 milioni di persone non si curano perché non possono più permetterselo».

In questo quadro, non può non colpire l’enorme ed eticamente insostenibile spreco di risorse rappresentato, da un lato, dall’inutile e devastante opera del Ponte sullo Stretto e, dall’altro, dall’aumento senza precedenti delle spese militari.

Il Bilancio del Ministero della Difesa si attesta infatti per il 2025 su 31.295 milioni di euro, con una crescita netta di oltre 2,1 miliardi di euro (pari a un aumento del 7,31%) rispetto alle previsioni per il 2024: «Per la prima volta nella storia viene dunque superata (e di gran lunga) la quota complessiva di 30 miliardi». E, come se non bastasse, una parte sempre più rilevante («letteralmente esplosa negli ultimi anni e principale responsabile degli aumenti recenti») è costituita dagli investimenti per nuovi sistemi d’arma: «tra Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale Armamenti nel 2025 ci saranno fondi per oltre 9,7 miliardi di euro.

A questi vanno aggiunti i fondi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (ex Ministero dello Sviluppo Economico) per 3,3 miliardi circa, che portano il totale globale delle spese per la realizzazione dei programmi di armamento previste nel 2025 ad un record storico che sfiora i 13 miliardi di euro (12.983 milioni per la precisione)».

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E tutto questo mentre il governo non solo ignora l’esigenza di un aumento rilevante della spesa per l’università e per la ricerca in Italia, tagliando oltre 500 milioni di euro – «in un quadro europeo in cui siamo tra i Paesi con la più bassa percentuale di laureati sulla forza lavoro» –, ma opera anche un decremento delle risorse per la sanità pubblica rispetto al Pil: «Si passa dal 6,28% del 2024 al 6,12% nel 2025 e al 5,94% nel 2026, per poi sprofondare al 5,7% nel 2027.

Se si fa un confronto con il 2001, quando il Fondo Sanitario Nazionale era al 6,8% del Pil, questo significa un punto in meno, ovvero 20 miliardi sottratti agli investimenti». E ciò malgrado l’Italia sia uno dei Paesi con minore spesa sanitaria tra quelli più “avanzati”, e tra gli ultimi posti in Europa: «in termini pro capite la spesa sanitaria italiana è di 2.224 euro, la metà di quella della Germania (4.513 euro) e sensibilmente più bassa anche rispetto a quella della Francia (3.652 euro). Di fronte all’invecchiamento della popolazione, alle insufficienze croniche dei servizi e all’emergere di nuovi bisogni sanitari, il Servizio sanitario nazionale è, di fatto, in via di smantellamento, nel tempo in cui, «con la scusa della lotta alle liste d’attesa, si incentiva il ricorso alle strutture private».

E nulla si registra sul fronte previdenza, con risibili aumenti di qualche euro alle pensioni più basse: «Nessun intervento di sostanza, né che realizzi le promesse elettorali di superamento delle draconiane misure introdotte da Monti e Fornero nel 2011, né che affronti i problemi reali della previdenza: la necessità di introdurre flessibilità nell’uscita dal lavoro, la necessità di garantire adeguate pensioni, l’elevato onere contributivo».

Ma non è tutto: «Quel poco che abbiamo visto di politica industriale e di investimenti in questi anni, grazie al Pnrr, rischia di arenarsi», evidenzia Sbilanciamoci, come pure sembra fermarsi il processo di transizione ecologica: il taglio di 4,6 miliardi al Fondo automotive (l’80% dell’intero finanziamento) costituisce, giusto per fare un esempio, «una scelta assolutamente miope di fronte alla crisi del settore e ai rischi di licenziamenti e cassa integrazione», insieme alla mancanza di misure vere (che si riducono in Legge di Bilancio a poco più di 100 milioni di euro su 22 miliardi) per la trasformazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi in Sussidi Ambientalmente Favorevoli.

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Di seguito, alcuni stralci del Rapporto Sbilanciamoci! del 2025 su «come usare la spesa pubblica per i diritti, la pace, l’ambiente».

*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza 

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