Circular economy hubs per una crescita inclusiva e sostenibile

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I circular economy hubs come centri nevralgici di una rete europea che connetta attori economici legati al territorio, istituzioni locali, nazionali ed europee per facilitare la transizione verso l’economica circolare. Si è discusso di questo nel recente evento EU Circular Talks organizzato dalla European Network of Circular Economy Hubs, in cui una serie di esperti ha approfondito attraverso il racconto di quattro casi concreti cosa siano i circular economy hubs, perché sono importanti e come possano promuovere uno sviluppo inclusivo e sostenibile. Ma anche quali sono le sfide da affrontare: dalla sostenibilità finanziaria all’armonizzazione delle politiche pubbliche.

Capire il ruolo dei circular economy hubs è la condizione indispensabile per qualsiasi discorso sulle loro potenzialità: la loro funzione si può riassumere con la definizione di “catalizzatori”, in quanto incoraggiano la diffusione di conoscenze e la creazione di nuove iniziative imprenditoriali sostenibili mettendo in connessione aziende e startup con le istituzioni e la cittadinanza. Il punto di partenza è la constatazione che “in questa transizione abbiamo bisogno della collaborazione di tutti”, per usare le parole di Frick Van Eyck, direttore di Holland Circular Hotspot, partner dell’evento.

“Servono governi – ha elencato Van Eyck – che stabiliscano le ambizioni e creino le condizioni per la transizione. Abbiamo bisogno della creatività e delle conoscenze delle comunità locali. Del coinvolgimento dei cittadini, perché sono i consumatori a orientare il mercato. È importante integrare i concetti dell’economia circolare nell’istruzione e nella formazione. E abbiamo bisogno di imprenditori, perché dimostrano coraggio, investono e sono gli attori protagonisti della crescita economica: tutti questi – ha proseguito Van Eyck – sono gli stakeholders, i mattoni della transizione ecologica. I circular hub rappresentano il cemento tra i mattoni”.

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Sinergia tra livello istituzionale e comunità locali

Una doppia anima, come sottolineato da Anders Ladefkut del Comitato economico e sociale europeo, un organo consultivo dell’Unione Europea, in cui si conciliano l’approccio top-down tipico delle istituzioni, il cui ruolo è garantire che il quadro normativo europeo supporti la crescita dell’economia circolare e bottom-up tipico delle comunità locali, in grado di valorizzare le esperienze locali e creare una rete che favorisca la diffusione di idee innovative e buone pratiche: “Il secondo approccio è quello che definisco l’infrastruttura per disseminare nella società esperienze di circolarità”, ha precisato Ladefkut.

La necessità di accelerare la semina è impellente, visto che “solo il 10% dell’economia è oggi circolare“, ha fatto notare l’esperto del Comitato economico e sociale europeo: “E queste reti – nella sua opinione – possono fare assumere dimensioni di scala alle iniziative di economia circolare e promuovere la crescita”. Un punto di vista su cui ha immediatamente concordato Van Eyck: “La sinergia tra regolamentazione pubblica e spirito di iniziativa economica dei privati può amplificare notevolmente l’impatto degli sforzi verso un’economia circolare”, ha riconosciuto.

Per il direttore di Holland Circular Hotspot quello che è necessario per trasformare le idee in azioni concrete è “diffondere la conoscenza, condividere le best practices, rendere la circolarità misurabile grazie ad adeguati strumenti, fornire piani di sviluppo alle aziende e migliorare l’accesso ai finanziamenti”. I circular hub servono proprio a questo e perciò la prima cosa da fare, ha concluso Van Eyck, è analizzare in profondità le esperienze già esistenti, aprendo così alla seconda parte della conferenza.

Leggi anche: Indicatori per misurare l’economia circolare: la guida dell’OECD

Collaborazione tra nazioni confinanti: l’hub austriaco

Karin Huber-Heim, direttore esecutivo del Circular Economy Forum Austria, ha sottolineato come le politiche di economia circolare possano spingersi oltre i confini statali: “L’Austria è una piccola nazione al centro dell’Europa: confiniamo con Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Italia e Svizzera e con ciascuno dei nostri vicini possiamo attivare collaborazioni creative per diffondere l’economia circolare”, ha spiegato.
L’hub è stato fondato nel 2020 come piattaforma neutrale per lo scambio di conoscenze. Per mantenere questo approccio politicamente indipendente i finanziamenti “provengono solo da partner privati”, ha precisato Huber-Haim. Ciò non significa che l’hub non sia in stretta collaborazione con i ministeri austriaci e le istituzioni europee, tutt’altro: “Solo non importa quale sia il partito politico al governo in Europa o in Austria, noi portiamo avanti la nostra agenda circolare”.

Per farlo l’hub si avvale della collaborazione di sessanta esperti, che forniscono supporto strategico e progettuale per accelerare la transizione circolare in settori come la bioeconomia e l’edilizia. Huber-Heim ha condiviso esempi di iniziative normative interregionali che hanno incoraggiato con successo le pratiche circolari e permesso la scalabilità. Tra queste: programmi universitari e corsi aziendali per potenziare le competenze in economia circolare, un tool chiamato Compass per le pmi che analizza il livello di circolarità e consiglia azioni concrete per migliorarla.

E poi la comunicazione, attraverso il finanziamento di due riviste e numerosi report sul tema circolarità. Fino a progetti innovativi come i “living labs” per testare le pratiche migliori, tra cui il passaporto digitale dei materiali per l’edilizia o il “bonus riparazione”, che ha già sostenuto oltre un milione di interventi di riparazione di dispositivi elettronici e sarà esteso a biciclette ed e-bike e, infine, un sistema di deposito cauzionale per contenitori monouso che partirà nel 2025.

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Leggi anche: L’Unione Europea prova a far diventare globale l’economia circolare

Educazione all’economia circolare e sostegno finanziario

Dina Padalkina, fondatrice e presidente di Circular Berlin, ha incentrato il suo intervento sugli approcci guidati dalle comunità locali. Fondato nel 2019 come organizzazione no-profit con la missione di trasformare Berlino in una città circolare, in poco tempo Circular Berlin ha raggiunto una serie di risultati degni di nota, come la realizzazione di una guida per il comparto tessile con soluzioni per il riutilizzo e la riparazione di tessuti o un programma educativo rivolto agli hotel di Berlino per ridurre gli sprechi alimentari e migliorare la sostenibilità nelle mense. L’importanza dell’educazione, delle campagne di sensibilizzazione e della promozione di partnership a livello locale per diffondere i principi dell’economia circolare sono altri temi fondamentali nell’approccio di Circular Berlin: “In soli cinque anni abbiamo organizzato oltre 40 workshop”, ha raccontato Padalkina.

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Infine, il Circular City Challenge: un’iniziativa per mettere in contatto le esigenze locali con le soluzioni creative delle startup, coinvolgendo altre città europee. “Uno dei principi che muove il nostro circular hub è capire come sia possibile implementare un progetto in modo tale che sia replicabile come concetto in altre località, senza riprodurlo esattamente così com’è nella pratica”, ha spiegato Padalkina: “Perché qualcosa che funziona a Berlino non è detto sia adatto per Barcellona, ma più ci confrontiamo e scambiamo esperienze, più impariamo gli uni dagli altri“.

Sicuramente, perché queste iniziative possano attecchire, è indispensabile rispondere alla sfida dei finanziamenti. Con un focus sulle imprese, a Helsinki, in Finlandia, è nato MiXi, un circular hub con l’ambizione di collegare il dinamico ecosistema delle startup con il mondo dell’economia circolare. “Le startup hanno difficoltà ad accedere ai fondi attraverso i canali tradizionali perché crescono più lentamente e richiedono quantità di denaro iniziali significative, ma con MiXi stiamo esplorando modelli innovativi che combinano investimenti pubblici e privati per ridurre la percezione di rischio per gli investitori”, ha spiegato la fondatrice dell’hub, Alisa Mick.

Gli strumenti con cui MiXi promuove il collegamento tra startup, investitori e sostenibilità sono due programmi di supporto: Tundra, che sostiene aziende guidate da donne nel settore del climate tech, con un focus sulla regione artica, e Circulator, un programma di pre-incubazione per startup circolari in collaborazione con l’Università di Helsinki. E, infine, eventi come il Nordic Circular Summit e il World Circular Economy Forum, dove MiXi facilita la connessione tra i vari stakeholder della circolarità.

Leggi anche: Circular City Labs, promuovere il riuso per supportare la leadership femminile

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Circular hubs con una missione sociale

Sostenibilità non vuol dire solo tutela dell’ambiente, ma anche attenzione ai diritti sociali. L’integrazione tra le due dimensioni, ambientale e sociale, è stata al centro dell’intervento di Ingvild De Bondt, coordinatrice dei social circular hubs De Keet nelle Fiandre, in Belgio. “La genesi dell’idea dei social circular hubs è nata dall’esigenza di avere degli enti capaci di mettere in contatto istituzioni comunali, associazioni no profit, pmi e istituti di ricerca, spesso incapaci di dialogare tra loro”, ha raccontato De Bondt: “Oggi abbiamo 14 hub sociali distribuiti nelle Fiandre, con competenze nei settori dell’edilizia, dell’alimentare, della sanità, delle pmi, tutti in grado di stimolare una nuova imprenditorialità circolare con un impatto sociale”.

Tra gli esempi di progetti sociali e circolari citati da Ingvild De Bondt ci sono quelli focalizzati sulla gestione dei rifiuti da packaging, attraverso soluzioni condivise tra le aziende locali, oppure sulla riduzione degli sprechi alimentari nella sanità: “Stiamo collaborando con ospedali e istituti di ricerca per affrontare il problema degli sprechi alimentari in ambito sanitario, con l’obiettivo di misurare gli sprechi, ridurre i rifiuti e tradurre questa sfida in valore per le aziende sanitarie”, ha spiegato De Bondt. Il risparmio stimato di questa iniziativa è di circa 15 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, per un valore di 30 milioni di euro.

Un esempio di come la circolarità sia un vero e proprio propulsore per la crescita economica e sociale. “Abbiamo bisogno di un approccio multi-stakeholder per far sì che gli hub circolari sociali abbiano successo, stimolando l’imprenditoria sociale e circolare, creando posti di lavoro e rispondendo a specifiche esigenze locali e delle comunità. Credo davvero che collegando persone che hanno la mentalità del cambiamento, possiamo veramente costruire insieme il percorso verso l’economia circolare”, ha concluso De Bondt.

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