chi “ama i cani” e li tratta come oggetti

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Nell’inchiesta di Report sull’Enci, l’Ente Nazionale di Cinofilia Italiana, ci sono diversi colpevoli ben identificati nella loro responsabilità di non agire secondo quello che dovrebbe essere il loro mandato: politici, allevatori di cani e dirigenti dell’ente.

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Mancano però i principali colpevoli: le persone che spendono migliaia di euro per comprare un cane senza nemmeno preoccuparsi almeno della sua salute, consentendo così a gente priva di alcuno scrupolo di continuare a far riprodurre soggetti affetti da patologie devastanti. Quelle che portano i loro animali a gareggiare alle mostre di bellezza o nelle gare competitive senza alcuna considerazione dello stato emotivo del cane. E tutti coloro che – pensando e dichiarando ai sette venti di “amare i cani”  – continuano a trattarli come oggetti.

Ad ogni domanda che viene dal “pubblico”, del resto, c’è qualcuno che risponde con un’offerta accattivante e su ogni commercio c’è chi specula. Questa non è una notizia e non c’è motivo per cui anche la cinotecnica e la cinofilia, che rappresentano segmenti di un mercato sempre fiorente, avrebbero dovuto non essere intaccate dagli interessi di pochi a fronte della richiesta di tanti.

La domanda costante di cani di razza è simile a quella che regola il mercato degli oggetti di lusso e su cui, di conseguenza, fiorisce un business mal controllato dall’Enci e dallo Stato, come chiaramente Innocenzi ha dimostrato a fronte di risposte evasive e aggressive da parte dei maggiori responsabili dell’ente e della politica presente e passata.

L’inchiesta di Report ha un file rouge giornalistico evidente: mostrare come personaggi che governano la res pubblica riescano a mettere la loro lunga mano, attraverso quella che è stata definita “la lottizzazione dei cani“, anche sul “miglior amico dell’uomo”.

E’ questo l’impianto dell’inchiesta – come del resto è giusto che sia in base al registro editoriale che la trasmissione ha da sempre – che è stata condotta e affidata ad una giornalista che di benessere animale se ne intende e come.

Si deve appunto partire da questo presupposto per comprendere che quanto è emerso dal servizio di Innocenzi non poteva approfondire tutti i delicatissimi temi che ha comunque affrontato ma che ha raggiunto uno scopo importante: mostrare sul servizio pubblico in primis che anche i cani sono oggetto di monopolio all’interno delle spartizioni di incarichi nei partiti politici.

L’excursus temporale che la giornalista ha evidenziato nella “presa del potere” all’interno dell’organo di cinofilia italiano è infatti rappresentativo della manipolazione che viene fatta in ogni settore da chi vince alle elezioni. In questo caso si tratta di personaggi di destra, anche estrema, con nessuna competenza sul tema specifico e la cui dimostrazione esemplare della loro inesistente capacità di almeno anche solo empatizzare con l’animale – prima caratteristica manco professionale ma umana che chi si occupa di cani dovrebbe avere – è la dichiarazione dell’attuale europarlamentare di Fratelli d’Italia Carlo Fidenza. Innocenzi gli chiede proprio che tipo di conoscenza ha lui dei cani e la prima risposta che l’ex responsabile di un osservatorio interno dell’Enci nato e finito anni fa senza lasciare alcuna traccia è stata: «Ho un cane che attualmente è parcheggiato dai miei suoceri».

Fidenza era stato messo in quella posizione da Gianni Alemanno nel periodo in cui quest’ultimo era a capo del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Non è l’unico simbolo di una prassi consolidata (da parte di tutto l’emiciclo spesso quando si sale al Governo) ad aver ottenuto un ruolo dirigenziale all’epoca: c’è anche Fabrizio Crivellari, che però è rimasto al suo posto tanto che ancora oggi è direttore generale dell’Enci. E’ lui quello più in difficoltà nella gestione dell’intervista, tanto da alzarsi e andarsene di fronte a domande ben poste e rivolte per ottenere una risposta chiara.

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In difficoltà nel servizio è sicuramente anche Maria Vittoria Brambilla che non è riuscita a spiegare il motivo per cui la trasmissione che conduce è finanziata in larga parte proprio dall’Enci, se non dichiarando che ritiene l’ente affidabile, e svincolando rispetto all’osservazione che questa “vicinanza” sia in contrasto con il suo ruolo, tra l’altro, di Presidente dell’intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali.

Lasciamo però alla visione dell’inchiesta chi ancora non l’ha fatto per riuscire ad avere una fotografia nitida di una politica che lottizza questi animali e molti altri in realtà, perché ciò che ci sta a cuore ora è di “usare” il lavoro di Innocenzi per evidenziare ancora di più non solo quello che ha mostrato, senza dimenticare che ha reso bene l’idea anche dell’esistenza di una parte della cinofilia. Quella marcia a tal punto da utilizzare farmaci dopanti per far performare “meglio” i cani durante le mostre di bellezza o di far riprodurre soggetti malati per continuare a guadagnare sulla pelle dei cani e delle persone, come nel caso della donna uccisa a Grugliasco dai Cani Lupo Cecoslovacchi che la figlia aveva comprato in un allevamento con tanto di pedigree.

La verità, purtroppo, è infatti ancora più orrenda di quanto raccontato ed è importante che la Rai abbia dato spazio a ciò che tanti non sanno o non considerano proprio quando approcciano con il mondo dei cani. Con la nostra inchiesta “Staffette, dall’amore al business”, del resto, abbiamo già dimostrato che si fa commercio pure sui meticci nel nostro Paese e non certo perché chi adotta è intenzionato a sua volta a guadagnare dal cane ma solo e soltanto perché finisce nel flusso di chi approfitta di “quell’amore per i cani” che troppe volte si concretizza in un sentimento autoriferito: riguarda la soddisfazione dei bisogni attraverso l’oggettivazione di un’altra specie che ha avuto la fortuna o la sfortuna, dipende dai punti di vista, di co evolversi accanto a un animale opportunista che si chiama homo sapiens.

Ed ecco allora che arriviamo al nodo della questione: l’individuazione della responsabilità originaria di tutto ciò che si è visto nell’inchiesta che va a toccare tutti coloro che sono di sottofondo al servizio, ovvero persone che se gli chiedi di definirsi ti rispondono sicuramente che “amano i cani” ma che poi li acquistano per moda, per bellezza, per ridurli semplicemente a oggetti che soddisfino le loro necessità.

Alcuni continuano a chiamare “inconsapevolezza” la scelta compiuta da costoro, ma ormai i fatti dimostrano che quello che gli esseri umani fanno a una specie così vicina a noi e che con noi si è co evoluta non può essere ridotta a mera ignoranza. Soprattutto non nell’anno 2024 dopo Cristo, in cui bastano davvero pochi clic per scoprire tutto ciò che si vuole sul cane in generale, sulla sua etologia e a maggior ragione anche sulle razze e quanto le abbiamo selezionate a tal punto da creare soggetti la cui vita stessa è una lenta condanna a morte.

Ecco, al posto di inconsapevolezza è ora di parlare di strafottenza della peggiore specie: quella che nasce in tanti da una completa assenza del desiderio di conoscere perché prendendo un cane – ribadiamo non solo quelli di razza ma anche un meticcio – troppe volte la spinta è dettata dalla necessità di sopperire alle mancanze relazionali che si hanno nel confronto intraspecifico tra esseri umani. E’ una decisione egocentrica ed egoistica, per dirla più chiaramente di quanto Papa Francesco è riuscito a fare andando poi a penalizzare i cani e non le persone: la creazione di un rapporto che tale non è, perché non basato sulla reciprocità delle necessità che anche un cane ha e che invece diventa un surrogato su cui catalizzare le proprie mancanze, carenze e anche l’assenza di autostima.

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Il cane come simbolo di forza e possanza, come il Pitbull da portare in giro con lo strozzo. Il cane come vezzo estetico e estensione della propria vanità come il Barboncino Toy da mettere nella borsetta firmata. Il cane come giocattolo da dare in pasto ai bambini come il fiero Pinscher ridotto a esserino nevrotico e perennemente abbaiante.

Tutti esempi della delegittimazione di Fido come individuo, un essere pensante dotato di cognizioni ed emozioni di cui ci si serve fin quando è utile al nostro fabbisogno emotivo, ridotto a oggetto da strumentalizzare per ottenere risultati che vanno dalla sua esposizione come prolungamento dell’ego umano fino all’espressione della propria competitività o al piacere di partecipare ad una banale mostra di bellezza (vedi gare e sport cinofili ridotti a mere esibizioni di prestazioni da cui tornare ricoperti di coppe e medaglie a fronte di animali segregati nei kennel da cui escono solo per le esibizioni).

Nell’inchiesta di Report, a un certo punto, viene intervistata una signora che pur di avere un cucciolo di Jack Russell dal pelo lungo dice di aver speso più di mille euro, dichiara serenamente che voleva anche una femmina per farli accoppiare e poi ha scoperto che il suo cane era privo di pedigree. E’ il racconto di una truffa, fondamentalmente, in cui cadono in tanti. Questi tanti, dunque e però, sono i primi e unici responsabili di una filiera che non smette mai di produrre orrore e incompetenza, come Innocenti ha dimostrato e che non finirà fin quando non vi saranno regole chiare sull’educazione dell’umano e non del cane.





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