Più lavoratori, ma calano le imprese (bar in primis): luci e ombre nella ristorazione italiana


Scendono a 327.850 le imprese nel settore della ristorazione in Italia, meno di quante erano nel 2023 (-1,2%), un dato influenzato dal comparto bar in cui le imprese sono 127.667 (-3,3% sul 2023), mentre i ristoranti e le attività di ristorazione mobile restano pressoché stabili a 195.670 (+0,1%), con le imprese nel comparto del banqueting, della fornitura di pasti preparati e della ristorazione collettiva che salgono a 3.849 (+3,9%). Ed ancora, un valore aggiunto dei servizi di ristorazione stimato, nel 2024, in 59,3 miliardi di euro a prezzi correnti (+1,4% sul 2023 e +6,3% sul 2019), un aumento dei prezzi al consumo del 3,2%, in calo sul +5,8% del 2023, ma al di sopra del tasso di inflazione generale (+1%); un mercato del fuori casa con un valore stimato di 96,4 miliardi di euro, pari al 33% dei consumi alimentari, a +1,6% a prezzi costanti sul 2023, e con una crescita sul 2019 dell’11,3% in valore, ma -6% in volume. E, poi, oltre 1,1 milioni di dipendenti (la Fipe parla complessivamente di 1,5 milioni di unità), un dato in crescita e da salutare positivamente. Parla comunque di “un anno di moderata crescita, che vede il consolidamento dei trend positivi osservati nel 2023, ma anche la persistenza di diverse criticità strutturali”, la fotografia scattata dal Rapporto Ristorazione 2025 di Fipe – Confcommercio sul settore. Il rapporto annuale della Federazione dei Pubblici Esercizi è stato presentato, nei giorni scorsi, a Roma, alla presenza del presidente Lino Enrico Stoppani, del direttore del Centro Studi Luciano Sbraga e del presidente Inps Gabriele Fava.
Sullo sfondo, un sentiment delle imprese che resta positivo anche per l’anno in corso, sebbene in sensibile rallentamento e da rivedere alla luce delle turbolenze economiche in atto, ha spiegato la Fipe. Comunque il saldo tra le imprese che dichiarano di aver migliorato il proprio risultato economico e quelle che, al contrario, lo hanno peggiorato, segna +26,2%. E questo nonostante che nel 2024 sono state avviate 10.719 nuove imprese nel settore della ristorazione, ma con 29.097 che hanno cessato l’attività determinando un saldo negativo di 18.378 unità, con oltre un terzo delle chiusure concentrato nel Nord Italia. Rispetto al 2023, le cessazioni e le iscrizioni hanno registrato il medesimo incremento (+3,9%).
Sul versante dei prezzi, il 2024 si è chiuso con aumenti medi al di sopra del 3%, in forte calo sul +5,8% del 2023, ma al di sopra del tasso di inflazione generale. Complessivamente, allargando lo sguardo agli ultimi tre anni si parla di un tasso di crescita dei prezzi del 14,6%, a fronte di un’inflazione generale del 15,4%. Inoltre, spiega ancora il rapporto, “a livello europeo, la ristorazione italiana si conferma tra quelle che hanno registrato aumenti più contenuti”.
Prosegue, inoltre, la propensione a investire da parte delle imprese: nel 2024 il 43,2% degli imprenditori dichiara di aver effettuato almeno un investimento per il proprio ristorante o bar, e il potenziamento della comunicazione digitale è per bar e ristoranti la prima area di investimento (8,8%). Nel segmento bar viene rilevata una leggera ma più alta percentuale di imprese che hanno investito in strumenti per la digitalizzazione dell’interfaccia con il cliente (7,5% nei bar, 6,5% nei ristoranti) e per digitalizzare i processi di gestione (7% bar, 5,8% ristoranti). Ma anche le attrezzature professionali: tra i ristoranti gli investimenti si sono concentrati soprattutto sugli strumenti per la cottura (8,7%), la refrigerazione (5,7%) e il lavaggio (4,8%). Nel canale bar, invece, gli imprenditori hanno acquistato nuove attrezzature per la refrigerazione (6,7%) e il lavaggio (4,8%). Su percentuali simili tra i due canali si colloca l’acquisto di nuova strumentazione per la lavorazione degli alimenti come ad esempio, ma non solo, impastatrici, celle di lievitazione (3,7% ristoranti, 3,2% bar) e la conservazione di cibi come macchine per il sottovuoto, e per il confezionamento dei piatti (3% ristoranti, 2,3% bar). Il 6% dei ristoranti ha ampliato il locale, i bar si sono concentrati soprattutto nel rinnovare il bancone (5,7%), in interventi di ampliamento e/o ristrutturazione del locale (4%) e nel rinnovo di oggetti come sedie, tavolini e non solo (3,3%). Il 3,8% ha ampliato o allestito il proprio dehors, una voce di investimento che era stata grande protagonista negli anni scorsi, sulla spinta delle autorizzazioni straordinarie concesse durante il periodo pandemico. Nel caso dei ristoranti, la percentuale sale al 4,5%.
Considerando l’importo medio dichiarato dalle imprese, complessivamente si stima che il settore abbia generato nel 2024, grazie agli investimenti, un giro d’affari di circa 3 miliardi di euro. Circa un terzo delle imprese ha in programma di investire nel 2025 e, in considerazione della cifra media preventivata, la spesa complessiva per gli investimenti sfiorerebbe i 2 miliardi di euro.
Per quanto riguarda il tema delle risorse umane, nel 2024 le oltre 176.800 aziende (su una media annuale di 166.864) del settore ristorazione – bar, ristoranti, mense & catering – con almeno un dipendente hanno impiegato, in media d’anno, 1.114.666 lavoratori dipendenti.
Ogni azienda occupa mediamente 6,7 unità e il numero dei lavoratori dipendenti oscilla, nell’arco dell’anno, in una forchetta che va da un minimo di 985.569 unità nel mese di febbraio al massimo di 1.236.701 unità nel mese di giugno. Tra il 2023 e il 2024 il lavoro dipendente nella ristorazione è aumentato, in media, di circa 70.000 unità (+6,7%). In crescita (1,8%), anche il numero delle imprese che hanno lavoratori alle proprie dipendenze. La ristorazione si avvale di una forza lavoro sostanzialmente giovane. Il 61,8% dei dipendenti ha meno di 40 anni e il 39,7% è under 30, tuttavia, la categoria che registra il maggior incremento è quella degli over 50 (+10% sul 2023) in linea con quanto sta avvenendo nel mercato del lavoro. Oltre 5 dipendenti su 10 sono donne e nel corso degli anni anche la presenza degli stranieri è cresciuta tanto che nel 2024 supera il 28%. La quota maggiore di dipendenti è tra gli operai (88,2% del totale), mentre gli apprendisti, oltre 78.400, sono il 7%. Per quanto riguarda le tipologie contrattuali, il part-time conta 656.352 occupati, pari al 58,9% del totale, di più dei lavoratori a tempo pieno che sono 458.313 (41,1%). In termini relativi nel 2024 cresce più il lavoro full time (+7,2%) che quello part time (6,4%). La tipologia contrattuale più diffusa resta il tempo indeterminato con 659.740 lavoratori pari al 59,2% del totale. Ma la crescita dell’occupazione, evidenzia la Fipe, non è accompagnata da un parallelo aumento della produttività, che anzi cala di mezzo punto percentuale sul 2023 e soprattutto si mantiene ben al di sotto dei livelli di dieci anni fa. Persistono, infine, le difficoltà strutturali nel reperire personale, soprattutto qualificato: in questo versante, il mismatch tra domanda e offerta di competenze continua ad aumentare la sua forbice. Il 35,6% delle imprese con almeno un dipendente, si legge nel rapporto, ha nell’ultimo anno ricercato o assunto nuovo personale o ha in programma di farlo. Di queste, ben il 90,2% ha avuto una qualche difficoltà nel reperire banconisti, cuochi, camerieri, lavapiatti. Le prime tre ragioni delle difficoltà di reperimento vanno ricercate, secondo gli imprenditori, dalla “scarsità di personale con le competenze o caratteristiche specifiche richieste” (38,1%), al “rifiuto da parte dei candidati” (34,5%) e alla “scarsa attrattività del settore” (21,5%). Per reperire personale qualificato, quasi il 70% di bar e ristoranti utilizza il passaparola tra familiari e amici. Venendo alle imprese con dipendenti che operano nel settore della ristorazione, il primato è della Lombardia con 25.307 imprese, e una quota sul totale del 15,2%. Il Lazio, con oltre 16.600 imprese, occupa la seconda posizione e precede Veneto ed Emilia-Romagna con oltre 13.000 aziende. Quindi, in sole quattro regioni si concentra oltre il 40% dei pubblici esercizi che impiegano lavoratori dipendenti.
Per il mercato fuori casa un volano importante, in positivo, continua a essere il turismo, mentre lo smart working incide negativamente soprattutto in occasione del pranzo. I dati rilevati nell’indagine continuativa Afh Consumer Tracking nel 2024, si legge nel documento di sintesi dei principali risultati del rapporto, mostrano come siano state complessivamente realizzate circa 8 miliardi di visite nei luoghi del fuoricasa, per uno scontrino medio che è stato pari a 10,40 euro. Cresce la colazione, vista sempre più un momento di socialità, la cena resta l’occasione preferita dai consumatori, mentre aperitivo e dopocena risentono entrambe del calo delle visite delle generazioni più giovani (Z e Millennials). Si nota l’influenza di tendenze emergenti, a cominciare dalla maggiore attenzione alla salute e al benessere dei consumatori, che si riflette nella crescita della domanda di prodotti salutari.
“Il rapporto 2025 restituisce un quadro estremamente composito sul settore della ristorazione, alle prese con un lungo recupero dei livelli pre-pandemia che, tuttavia, non sembra essersi ancora concluso – ha commentato Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio – le perduranti difficoltà nella ricerca di personale qualificato, nonostante la crescita complessiva degli occupati, deve far accendere un faro sulle prospettive del settore in termini di mantenimento degli elevati standard di offerta e di servizio che lo hanno sempre contraddistinto. Le leve devono essere indirizzate a rafforzare sicurezza contrattuale e stabilità economica; e riguardo al rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro ha rappresentato un passaggio importante, migliorare la flessibilità organizzativa, anche intervenendo sui modelli di business delle imprese ed investire sui fronti della formazione professionale partendo dalla scuola”.


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