Carriere separate, riforma porta impronte di Silvio Berlusconi

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«Non c’è bisogno di mettere la firma di Forza Italia a questa riforma: sopra ci sono le impronte digitali di Silvio Berlusconi e di una storia che è stata politica, ma soprattutto umana». A dirlo è il vicepresidente della Camera e deputato di Forza Italia Giorgio Mulè, nel giorno in cui alla Camera si voteranno le pregiudiziali e poi gli emendamenti alla riforma voluta dal fondatore del suo partito. Partito che ieri ha presentato un emendamento per mantenere l’elezione dei membri laici del Csm, una proposta che ha sollevato un acceso dibattito all’interno della stessa maggioranza. La proposta di modifica, però, ha uno scopo preciso, spiega Mulè: ribadire la centralità del Parlamento.

Come va letto questo emendamento di Forza Italia che mira a mantenere l’elezione per i membri laici del Csm?

Intanto non va visto come un ostacolo per la riforma, ma come uno dei tentativi per migliorarla e per stemperare le polemiche, per andare anche incontro a eventuali obiezioni da parte di chi vedeva il sorteggio come fumo negli occhi. E siccome già di fumo ce n’è abbastanza, proviamo a toglierne un po’, facendo in modo che il Parlamento torni centrale rispetto all’elezione dei membri laici.

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Per la magistratura ciò rappresenta la conferma che si tratta di una riforma punitiva. Come replica?

Chi si trova in Parlamento ha un mandato popolare, è stato eletto. E ha la responsabilità di indicare, per un organo costituzionale, membri di sua emanazione. È giusto che se ne assuma la responsabilità, dando un nome e un cognome alla persona che vuole mandare al Consiglio superiore della magistratura. I giudici, invece, non sono eletti, ma hanno acceso alla magistratura tramite un concorso statale. Quindi la differenza è proprio nell’essenza del mandato popolare.

La proposta iniziale, sulla quale Nordio aveva chiesto di non presentare emendamenti non condivisi da tutti i partiti di maggioranza, prevedeva comunque il sorteggio anche per i laici. Questa scelta last minute è anche un modo per mettere la firma di Forza Italia su quella che è una riforma da sempre voluta da Silvio Berlusconi?

Non c’è bisogno di mettere la firma a questa riforma: sopra ci sono le impronte digitali di Silvio Berlusconi e di una storia che è stata politica, ma soprattutto umana e ha lasciato sul presidente Berlusconi le cicatrici di una accanimento giudiziario, di una giustizia politicizzata. Non era necessario un emendamento o un orpello alla riforma. Una riforma che trasuda lo spirito costruttivo iniziale di Forza Italia. È, come dire, un’espressione del Dna di un movimento che nasce con lo scopo di avere una giustizia giusta. E questo diventa uno di quei traguardi che definiscono l’identità del nostro partito.

Ma si tratta di un emendamento condiviso con gli altri partiti della maggioranza? Perché ci sono voci circa tensioni con la Lega…

Inizialmente si pensava di non presentare emendamenti, ma alla fine è stato deciso di fare qualche modifica. Ritengo dunque che anche nel caso in cui non si possa parlare di una vera e propria condivisione ci sia comunque la volontà di discuterne in Aula. Non si tratta di un emendamento contro la maggioranza, è un emendamento presentato nell’ambito di un accordo che prevede la possibilità di proporre modifiche da parte dei partiti di maggioranza.

Ma davvero si avrà una giustizia giusta con la separazione delle carriere? O, come dice l’Anm tramite il suo presidente Santalucia, il pm finirà sotto il controllo dell’esecutivo?

Il principio costituzionale di indipendenza della magistratura non viene minimamente intaccato. E adesso, con la riforma, realizziamo la terzietà. Quindi queste obiezioni obbediscono a un corporativismo che è stato oramai condannato, è il caso di dire, dal tempo e da quella che purtroppo è diventata una consuetudine nell’osservazione dei fatti giudiziari che, nelle grandi e nelle piccole questioni, riguardano gli italiani. Il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia fa il lavoro di capo del sindacato delle toghe e quindi difende quello che lui ritiene essere irriformabile e che invece va riformato, in obbedienza ad un principio di civiltà giuridica prima ancora che di necessità normativa.

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Al Dubbio Santalucia ha dichiarato, in un’intervista di fine mandato, che gli italiani, col referendum, bocceranno la riforma. Lei cosa ne pensa?

È un pio desiderio. Dopodiché è normale che lui dica questo, così come è normale che io dica che vincerà, ammesso che ci sarà il referendum, chi è favorevole alla separazione delle carriere. Questo perché gli italiani hanno vissuto e hanno visto negli ultimi 32 anni, da Mani Pulite in poi, una deviazione da parte della magistratura rispetto ai poteri che gli vengono attribuiti dalla Costituzione. Nessuno meglio di loro lo sa.

In casi molto mediatici come quelli di Matteo Renzi (Open) e Matteo Salvini (Open Arms), i giudici sembrano aver dimostrato che non esiste un appiattimento sulle tesi dei pm, quasi smentendo la necessità di effettuare una separazione chirurgica delle carriere. Vale lo stesso per le persone “comuni”?

Questa riforma serve proprio ai cittadini. Perché le procure e gli uffici giudiziari d’Italia non sono solo quelli dei grandi distretti, ma sono anche quelli dei distretti periferici o cosiddetti di provincia. Laddove è molto maggiore la contaminazione e “l’inquinamento”, chiamiamolo così, tra le due funzioni. Quindi è pensata proprio per loro e certamente tutelerà tutti i cittadini italiani. Non solo i colletti bianchi o coloro che hanno garanzie superiori in quanto deputati o parlamentari della Repubblica.

Lei prima ha detto: “se ci sarà un referendum”. Sta dicendo che pensa ci sia una maggioranza tale da non renderlo necessario?

Io non ho paura del referendum, confido nella maturità e nella bontà di questa riforma. Se ci sarà avremo una ragione in più per validare questa riforma, una controprova della sua bontà.



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