Elon Musk spinge l’estrema destra in Europa – infosannio

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Da Londra a Berlino, da Parigi a Budapest: il braccio destro di Trump detta la sua personale linea politica in Europa. E sogna l’ascesa dei nazionalisti

(di Roberto Festa – ilfattoquotidiano.it) – Non è stato un buon inizio d’anno per Elon Musk. Mentre si lanciava in una battaglia furiosa con la destra radicale Usa sull’immigrazione, le azioni di Tesla perdevano sei punti e un veterano affetto da disturbo post-traumatico esplodeva in una delle sue auto davanti al Trump Hotel di Las Vegas. I momentanei rovesci non hanno comunque impedito a Musk di commentare a tutto campo le vicende internazionali, farsi nuovi nemici a Londra e Berlino, abbracciare qualsiasi movimento dell’ultradestra si sia presentato sulla scena mondiale. Dopo aver dato un momentaneo altolà al suo protagonismo sfrenato – nei giorni dello scontro sull’innalzamento del debito -, Donald Trump lo ha riammesso a corte. I due hanno passato insieme l’ultimo dell’anno. Per alcuni Musk è ormai l’uomo più potente al mondo. Per altri, l’uomo più pericoloso al mondo. Una cosa è certa. Averlo come amico, o nemico, cambia la vita.

NO SEX PLEASE, WE’RE BRITISH – In meno di una settimana, il fondatore e proprietario di Tesla ha condiviso o scritto su X oltre sessanta post sulla politica inglese, arrivando ad accusare il primo ministro Keir Starmer di “facilitare gli stupri sui minori”. Secondo Musk, il governo britannico non avrebbe indagato adeguatamente su presunti abusi sessuali su minori, tra cui quelli avvenuti a Rochdale, la città a nord di Manchester in cui decine di ragazzine furono violentate tra il 2004 e il 2013 (la destra inglese sostiene che gli abusi siano stati coperti perché i responsabili erano di origine pakistana). Musk ha in particolare attaccato la ministra laburista Jess Phillips, che ha rigettato la richiesta un’indagine nazionale sugli abusi, dicendo che il suo posto dovrebbe essere “in prigione”. Solo il Reform Party, il movimento populista di Nigel Farage, può a suo giudizio “salvare la Gran Bretagna” attraverso nuove elezioni e una politica diversa in tema di immigrazione. Anche se il suo leader, a suo dire, “non ha ciò che serve” e deve essere cambiato.

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Nel suo entusiasmo antisistema, il miliardario è arrivato a chiedere la liberazione di Tommy Robinson, un attivista di estrema destra da cui persino Farage ha preso le distanze, che si trova in carcere dopo aver ripetutamente diffamato un rifugiato siriano. La reazione del governo inglese è stata sinora ondivaga. C’è chi, come il ministro del Lavoro Andrew Gwynne, ha detto che Musk “è un cittadino americano e dovrebbe concentrarsi sulle questioni americane”. Più aperto il ministro della Salute Wes Streeting, secondo cui il governo di Londra è disponibile a collaborare con i giganti dell’hi-tech per combattere gli abusi sessuali sui minori. La linea sembra però darla Starmer che non ha mai replicato a Musk. In caduta libera nei sondaggi, con una serie di questioni interne aperte – dagli sgravi fiscali alla riforma della scuola alle coperture per la sanità – l’ultima cosa di cui Starmer ha bisogno è fare la guerra a Musk.

IL “SANGUE FREDDO” DI SCHOLZ – “Da socialdemocratici, siamo abituati da secoli a ricchi imprenditori cui non piace la politica socialdemocratica. Basta mantenere il sangue freddo”. La dichiarazione di Olaf Scholz alla rivista Stern punta a minimizzare l’effetto Musk sulla politica tedesca. Anche qui, l’uomo più ricco al mondo si è introdotto con la grazia di un elefante in una cristalleria. Ha dato dello “stupido incompetente” al cancelliere dopo l’attentato al mercatino di Natale di Magdeburgo. Ha definito il presidente tedesco Walter Steinmeier “un tiranno antidemocratico”. Ha scritto che “solo Alternative für Deutschland può salvare la Germania”. Il prossimo 9 gennaio è in programma una sua conversazione su X con Alice Weidel, la co-chair di AfD.

Di fonte a questo martellamento, Scholz ha esibito, come hanno scritto i media tedeschi, “il dito medio”: “Può dire ciò che vuole. La Germania è governata dai suoi cittadini, non dai commenti stralunati di un miliardario americano”. Di fronte alla marea montante dell’estrema destra e a una pressione sempre più inquietante al confine orientale, è comunque difficile mantenere il “sangue freddo”. Proprio il Cremlino è stato di recente evocato da un socialdemocratico, Lars Klingbeil, che ha paragonato gli interventi di Musk ai maneggi di Putin sulle elezioni tedesche. Entrambi “sostengono i nemici della democrazia. Entrambi vogliono indebolire la Germania e gettarla nel caos”. È un sentimento condiviso da diversi leader europei che temono di essere schiacciati tra due superpotenze dal volto minaccioso e antidemocratico.

LE LUSINGHE DI MACRON. I SORRISI DI MELONI – Manco a dirlo, Musk appoggia in Francia la destra di Marine Le Pen. A Emmanuel Macron è stato comunque risparmiato il trattamento riservato a Starmer e Scholz. La ragione sta probabilmente nell’atteggiamento ossequioso con cui il presidente francese gli si è rivolto, invitandolo alla riapertura di Notre-Dame e a un summit sull’intelligenza artificiale che si terrà a Parigi il mese prossimo. Un ostacolo a questa strategia potrebbe venire da Bruxelles, dove la Commissione ha accusato X di violazione delle norme europee su trasparenza e manipolazione dei contenuti. Proprio un francese, il commissario europeo Thierry Breton, ha guidato la crociata contro Musk. Dopo avergli intimato di non diffondere “contenuti dannosi” nell’intervista su X con Trump, Breton è stato accusato di interferenza nelle elezioni Usa e costretto a dimettersi. La diffidenza europea per la fede assoluta di Musk nel free-speech – oltre che l’esasperazione per il sostegno ai movimenti populisti e ultranazionalisti del Vecchio Continente – potrebbe comunque minare la “politica della lusinga” di Macron.

È invece uno scambio di amorosi sensi quello che si è stabilito con Giorgia Meloni. La presidente del consiglio italiano è “persino più bella dentro che fuori… è autentica, onesta e coscienziosa”, ha cinguettato Musk introducendo Meloni al recente gala dell’Atlantic Council di New York. “È un genio prezioso”, ha risposto commossa la leader italiana. I due condividono parecchie cose: dalla preoccupazione per i bassi indici di natalità in Italia al sospetto nei confronti dell’intelligenza artificiale, al disprezzo per il woke fino ai timori sull’immigrazione. Musk ha chiesto di licenziare i giudici che si sono opposti all’invio di migranti in Albania e ha esultato con un “Bravo!” per l’assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms. Probabile che i rapporti resteranno idilliaci sino a quando il governo di Roma manterrà alta la retorica anti-immigrazione e offrirà un quadro normativo favorevole agli investimenti stranieri nelle attività aerospaziali.

BENE GLI ALTRI – La frase che chiudeva molte vecchie recensioni teatrali riassume l’attitudine di altri leader che preferiscono mantenere un profilo basso e deferente. Musk ha discusso del futuro di Tesla in Turchia con Recep Tayyp Erdoğan. Ha parlato con il primo ministro Narendra Modi dei suoi prossimi investimenti in India. È stato pubblicamente lodato da Volodymyr Zelensky per il ruolo dei suoi satelliti Starlink nel garantire internet nell’Ucraina bombardata dai russi. Si è sentito diverse volte con Vladimir Putin. Ha salutato calorosamente Viktor Orban, arrivato a omaggiare Trump a Mar-a-Lago. Soprattutto, è colui che con un paio di parole sussurrate all’orecchio di Trump può decidere le sorti di un governo o di una carriera politica.

Il mondo non ha del resto molto da temere. Al momento, il vero obiettivo di Musk sono le vecchie nomenclature occidentali, democratiche e liberali – tra i nemici c’è anche Justin Trudeau – che ai suoi occhi ostacolano l’instaurazione di forme di governo più autoritarie, efficienti, tecnocratiche. Quell’obiettivo – distruggere corpi intermedi e organi di controllo – Musk se lo prefigge anche all’interno, alla guida dell’ancora fumoso Department of Government Efficiency con cui punta a decimare la burocrazia Usa – oltre probabilmente a rendere più prospera la vita delle sue aziende. Un solo esempio: Starlink, il suo servizio satellitare, mira a incassare centinaia di milioni in contributi federali che arriveranno solo grazie a nuove norme della Federal Communications Commission che guarda caso dipenderà dal dipartimento di Musk.

Se il futuro prossimo di Musk appare radioso, non mancano le incognite sul lungo periodo. Due, in particolare. La prima riguarda proprio il governo Usa. Altri, nel passato, hanno provato a riformarlo con scarso successo. Lanciarsi in una guerra contro la macchina amministrativa e perderla potrebbe rappresentare un colpo fatale. L’altra minaccia per Musk viene dal mondo MAGA. Il recente scontro con Steve Bannon ha mostrato piani divergenti. La destra trumpiana vuole limitare sempre e comunque l’arrivo dei migranti. Musk è a favore dell’entrata di migranti come lui – è nato in Sudafrica -, quindi con alte competenze professionali. Lo scontro ideologico e di interessi tra populisti e moguls dell’hi-tech è destinato ad approfondirsi e uno degli obiettivi sarà proprio lui che agli occhi di amici e nemici è portatore della colpa più grave. Sussurrare direttamente all’orecchio di Donald Trump.

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