Quota 103 nel 2025 come alternativa alla legge Fornero. Ecco le nuove regole

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Nella legge di Bilancio 2025 per le pensioni figura la conferma di Quota 103, la misura di flessibilità che il governo ha introdotto nel 2023 come alternativa alla legge Fornero per quanto, specialmente lo scorso anno, con risultati deludenti. Secondo quanto riportato dai dati Inps, infatti, solo pochi lavoratori hanno fatto accesso a Quota 103 per andare in pensione, disincentivati dal fatto che per coloro che accedono a questa misura è previsto un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno che a seconda dei casi può risultare particolarmente penalizzante.

E nel 2025 non va meglio, anzi. Nell’estendere Quota 103 il governo ne ha confermato tutti gli aspetti, compreso appunto il ricalcolo contributivo per l’intero assegno: e se a questo si aggiunge il fatto che da gennaio 2025 le regole sono diventate meno vantaggiose, con l’entrata in vigore di coefficienti di trasformazione più bassi rispetto a quelli utilizzati lo scorso anno, ne risulta che questa misura risulta essere sempre meno conveniente.

Nonostante ciò ci sono comunque dei lavoratori che guardano con interesse a questa opzione di pensionamento, anche perché consente di anticipare l’accesso alla pensione di ben 5 anni rispetto a quanto richiesto dalla pensione di vecchiaia come definita dalla legge Fornero del 2011, e di circa 2 anni rispetto alla pensione anticipata.

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Vediamo quindi chi può accedere a Quota 103 nel 2025, quali sono i requisiti aggiornati e le ragioni per cui questa misura può risultare poco attrattiva per i lavoratori.

Requisiti

Quota 103 funziona al pari di quanto già fatto con Quota 100 prima e con Quota 102 poi: il diritto alla pensione, quindi, si raggiunge quando la somma tra età anagrafica e contributi previdenziali dà come risultato 103.

L’età minima viene fissata a 62 anni, mentre i contributi minimi richiesti sono pari a 41 anni.

Di fatto, possiamo dire che Quota 103 è nata dall’unione tra Quota 100 e Quota 41: la prima, infatti, consentiva l’accesso alla pensione a 62 anni di età (a fronte però di appena 38 anni di contributi), mentre la seconda, come si intuisce dal nome, con 41 anni di contributi ma indipendentemente dall’età.

Esempi

Ciò significa che se una persona compie 62 anni nel 2025 può andare in pensione solo se nel frattempo ha raggiunto 41 anni di contributi. Si tratta, quindi, di un anticipo di appena 1 anno e 10 mesi rispetto alle regole ordinarie, visto che oggi esiste la pensione anticipata che consente l’accesso alla pensione una volta maturati 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), indipendentemente dall’età anagrafica.

Pensiamo adesso a una persona che ha 64 anni di età e 39 anni di contributi: in questo caso la somma dà come risultato 103, ma non viene soddisfatto il requisito contributivo minimo che, come visto sopra, viene fissato a 41 anni. Ragion per cui per andare in pensione con Quota 103 bisognerebbe comunque lavorare per almeno altri 2 anni, o in alternativa l’unica possibilità è attendere il compimento dei 67 anni di età così da accedere alla pensione di vecchiaia.

Ricalcolo contributivo dell’assegno

Come anticipato, uno degli aspetti negativi riguarda il calcolo dell’assegno. Per chi va in pensione con Quota 103, infatti, il calcolo viene effettuato interamente con le regole del contributivo, anche per la parte che altrimenti sarebbe stata calcolata con il retributivo.

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Solitamente il ricalcolo comporta una riduzione dell’assegno, tanto maggiore quanto più è rilevante la quota che riferisce al regime retributivo. E quest’anno va ancora peggio dal momento che, come anticipato, sono entrati in vigore dei coefficienti di trasformazione peggiori rispetto a quelli utilizzati nel biennio scorso. Questi sono quei parametri che una volta applicati sul montante contributivo – ossia il totale dei contributi versati in carriera – restituiscono l’importo della pensione. A parità di contributi, quindi, andare in pensione nel 2025 è maggiormente penalizzante.

Prima di fare domanda per la pensione con Quota 103, quindi, conviene informarsi su quali possono essere le conseguenze sull’assegno, in modo da poter effettuare una valutazione a 360 gradi.

Finestra mobile

Anche Quota 103, al pari di Quota 100 e 102, ma anche della pensione anticipata, presenta una finestra mobile. Ciò significa che dalla maturazione dei requisiti alla data effettiva del pensionamento dovrà trascorrere un certo periodo, variabile tra lavoratori privati e pubblici.

Nel dettaglio, i tempi dalla maturazione dei requisiti alla decorrenza dell’assegno sono i seguenti

  • per gli iscritti alle gestioni dipendenti del settore privato la finestra mobile è di 7 mesi;
  • per i dipendenti pubblici, invece, è di 9 mesi.

Incentivo per chi rinuncia a Quota 103

Nel 2025 viene confermato anche l’incentivo rivolto a chi pur soddisfando i requisiti di accesso a Quota 103 decidono di continuare a lavorare scatta la possibilità di richiedere all’Inps un bonus in busta paga.

In sostanza, il lavoratore riceve negli ultimi anni che lo separano dalla pensione un bonus pari all’importo dei contributi che avrebbe dovuto versare all’Inps, ma solo per la parte che grava sul lavoratore (pari quindi al 9,19% per i dipendenti del settore privato e all’8,80% nel pubblico impiego). Tuttavia, il minor accredito contributivo comporterà una riduzione della pensione futura.

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Limite importo percepibile

Altro aspetto da considerare riguarda l’importo limite di pensione. Per chi va in pensione con Quota 103, infatti, l’assegno non potrà avere un importo superiore di 5 volte il trattamento minimo, quindi 3.016,95 euro euro (valore aggiornato al 2025).

L’importo pieno, se superiore al suddetto limite, verrà erogato solamente una volta raggiunti i requisiti ordinariamente richiesti per l’accesso alla pensione.

Divieto di cumulo con attività lavorative

Così come per Quota 100 e Quota 102, anche Quota 103 vieta il cumulo tra pensione e redditi da lavoro fino al raggiungimento dei requisiti previsti dalla pensione di vecchiaia, quindi fino al compimento dei 67 anni di età.

L’unica eccezione è rappresentata dai redditi provenienti da attività di lavoro occasionale, nel limite di 5 mila euro l’anno.

Si tratta di un meccanismo che serve per evitare che chi sceglie di andare in pensione in anticipo possa poi riprendere a lavorare. D’altronde l’intento del governo è di utilizzare tale misura per favorire il ricambio generazionale nel mercato del lavoro.



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