La legge regionale sarda di moratoria degli impianti di energie da fonti rinnovabili è incostituzionale. La scoperta dell’acqua calda.

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La petizione Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! si firma qui.

La legge regionale Sardegna n. 5/2024 è stata dichiarata illegittima dalla sentenza Corte cost. n. 28 dell’11 marzo 2025.

Noi del GrIG l’avevamo detto e formalizzato in tutte le salse.

Inutilmente.

Cagliari, Consiglio regionale della Sardegna, rappresentanti delle associazioni ambientaliste, audizione disegno di legge su moratoria impianti energie rinnovabili (6 giugno 2024)

La legge regionale cassata non ha tenuto conto della previsione del pur noto art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021, secondo cui “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.

La giurisprudenza costituzionale era già stata estremamente chiara nell’attribuire allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali della materia “energia”, fra cui le disposizioni in materia di individuazione di aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti, la predisposizione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni – Province autonome (vds. sentenza Corte cost. n. 27/2023sentenza Corte cost. n. 11/2022;  sentenza Corte cost. n. 177/2021sentenza Corte cost. n. 106/2020).  

L’impugnato art. 3 che introduce il divieto di realizzare impianti FER per 18 mesi, nelle more dell’approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee, vìola i principi introdotti dall’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, quali il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 (comma 5), il divieto di introduzione di moratorie (comma 6), e l’avvio di procedure autorizzatorie agevolate per l’installazione di FER nelle aree individuate temporaneamente da considerarsi idonee (comma 8).

Le disposizioni regionali impugnate, in definitiva, pur finalizzate alla tutela del paesaggio, nello stabilire il divieto di installare impianti alimentati da fonti rinnovabili, si pongono in contrasto con la richiamata normativa statale che, all’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, reca principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle competenze statutarie in materia di produzione dell’energia.”.

Fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus) in volo e centrale eolica

Assodata l’illegittimità della previsione, ampiamente prevedibile e prevista, che accade quando sia stata inibita la realizzazione di un impianto energetico in base alla norma dichiarata illegittima?

Una volta avviato il procedimento di autorizzazione, la previsione secondo la quale l’impianto di produzione e accumulo di energia elettrica non possa essere più realizzato, oltre a determinare una lesione del legittimo affidamento dell’operatore, provocherebbe anche un suo indubbio danno, posto che, nelle more del compimento delle procedure per l’ottenimento dei titoli abilitativi, si assume che lo stesso operatore abbia già sostenuto costi tecnici e amministrativi ingenti, così violando anche l’art. 41 Cost., trascurando altresì le attività amministrative eventualmente già svolte dalle autorità competenti, a scapito del principio costituzionalmente rilevante del buon andamento della pubblica amministrazione. Dal che è prospettata altresì la violazione dell’art. 97 Cost.”

E’ vero che la legge regionale n. 5/2024 è stata abrogata dalla legge regionale Sardegna n. 20/2024 sulle aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili (anch’essa impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale), ma chi paga in presenza di richieste di risarcimento dei danni?

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

P.S. anche la proposta di legge popolare denominata Pratobello ’24 (“Proposta di legge urbanistica della Regione Autonoma della Sardegna – Norme urbanistiche in applicazione dell’articolo 3, lettera f, dello Statuto Autonomo della Sardegna (Legge Costituzionale 3 del 26 febbraio del 1948) – disposizioni normative urbanistiche relative all’insediamento di impianti fotovoltaici industriali a terra e eolici terrestri con recepimento di principi e obblighi di tutela e valorizzazione contenuti in programmi sovranazionali, nazionali e regionali”) appare portatrice di alcuni elementi critici analoghi alla legge regionale Sardegna n. 5/2024, già dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza Corte cost. n. 28 dell’11 marzo 2025. Infatti, l’art. 3 (divieto di insediamento) della proposta di legge d’iniziativa popolare ripropone sostanzialmente la moratoria sine die vietata dall’art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i. e da conforme giurisprudenza costituzionale.  

Eboli, centrale fotovoltaica

SENTENZA N. 28

ANNO 2025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 (Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato e depositato in cancelleria il 30 agosto 2024, iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visti l’atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna, nonché l’atto di intervento della RWE Renewables Italia srl;

udito nell’udienza pubblica del 14 gennaio 2025 il Giudice relatore Angelo Buscema;

uditi l’avvocato dello Stato Eugenio De Bonis per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Claudio Vivani per RWE Renewables Italia srl, Mattia Pani e Giovanni Parisi per la Regione autonoma Sardegna;

deliberato nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 30 agosto 2024 (reg. ric. n. 33 del 2024), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 3 della legge della Regione Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 (Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali), in riferimento all’art. 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in relazione al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili», alla medesima direttiva 2018/2001/UE e al regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima»); nonché in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) e agli artt. 3 e 4, lettera e), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna); e, infine, in riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost.

1.1.– Con il medesimo ricorso il Governo ha formulato istanza di sospensione della disposizione impugnata, ai sensi dell’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), paventando che dalla sua applicazione deriverebbe, nelle more della definizione del giudizio nel merito, «“il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica”, ovvero il “rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini”». Tale pregiudizio consisterebbe nel fatto che la sottoposizione a misure di salvaguardia, per massimo diciotto mesi, degli ambiti territoriali interessati dalle procedure realizzative di impianti di produzione di energia derivante da fonti energetiche rinnovabili (FER), così come disposta dalla disposizione regionale impugnata, farebbe mancare la quota regionale di potenza aggiuntiva necessaria per realizzare l’obiettivo di potenza complessiva da raggiungere nel 2030, fissata dal decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili), ed esplicata nella Tabella A di cui all’art. 2 del medesimo d.m. (pari a 6.264 MV), in attuazione degli obblighi eurounitari imposti in particolare dal regolamento n. 2021/1119/UE.

1.2.– Nel merito, rappresenta l’Avvocatura generale dello Stato che l’impugnato art. 3 della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024 introduce misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, «[n]elle more dell’approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell’articolo 20, comma 4», del d.lgs. n. 199 del 2021, «nonché dell’approvazione del PRS, dell’aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e inoltre dell’aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano paesaggistico regionale» e, comunque, per un periodo non superiore a diciotto mesi dall’entrata in vigore della stessa legge regionale, indicando una serie di aree escluse.

1.2.1.– La disposizione impugnata, nell’imporre un divieto alla realizzazione di nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, introdurrebbe una deroga – seppur transitoria – rispetto alla disciplina statale che demanda a decreti ministeriali l’individuazione dei principi e criteri omogenei e che, comunque, anche nelle more dell’adozione di siffatti decreti, vieterebbe ogni moratoria dei procedimenti di autorizzazione. La disposizione regionale, dunque, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale, segnatamente con l’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nella materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».

Premette il ricorrente che lo statuto speciale riconosce alla Regione autonoma Sardegna competenza legislativa concorrente in materia di «produzione e distribuzione dell’energia elettrica» (art. 4, lettera e) nei limiti fissati dall’art. 3 dello statuto, ossia in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico dello Stato e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, e dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.

Nella presente fattispecie assumerebbe rilievo l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché esso configurerebbe un titolo di competenza più ampio rispetto a quello previsto dallo statuto speciale, in applicazione della “clausola di maggior favore”, recata dall’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, che consente l’applicazione delle disposizioni del Titolo V della Costituzione alle regioni speciali per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite dai rispettivi statuti.

Le disposizioni regionali impugnate violerebbero direttamente i principi stabiliti dal legislatore statale con l’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021.

Ricorda il ricorrente che, ai sensi del comma 1 del richiamato art. 20, la definizione di principi e criteri omogenei per l’individuazione di superfici e aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, aventi una potenza pari a quella individuata come necessaria dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), avviene per mezzo di uno o più decreti ministeriali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali) entro 180 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. n.199 del 2021 (ossia entro il 15 dicembre 2021). Il successivo comma 4 stabilisce che, entro 180 giorni dall’entrata in vigore dei citati decreti ministeriali, le Regioni individuano le aree idonee con legge; il comma 6 impone espressamente il divieto di introdurre moratorie o sospensioni di termini dei procedimenti di autorizzazione, nelle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei citati decreti ministeriali; il comma 8 individua, medio tempore, alcune aree idonee all’installazione (siti di impianti già installati, siti oggetto di bonifica, cave e miniere cessate, eccetera).

Rappresenta inoltre il Governo che il d.lgs. n. 199 del 2021 avrebbe recepito la direttiva 2018/2001/UE, stabilendo che gli obiettivi energetici nazionali del PNIEC all’anno 2030 sono ripartiti in sotto-obiettivi energetici regionali, da cui consegue che ogni regione e Provincia autonoma è chiamata a garantire sul proprio territorio il consumo di una quota minima di energia di fonti rinnovabili (FER).

La disposizione regionale impugnata, incidendo sul raggiungimento dei target imposti dalla normativa unionale, si porrebbe in contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost., ai sensi del quale «[l]a potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, perché comprometterebbe gli impegni assunti dallo Stato italiano nei confronti dell’Unione europea volti a garantire la massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili.

La giurisprudenza di questa Corte sarebbe costante nel ritenere costituzionalmente illegittime norme regionali volte a sancire, in via generale e astratta, la non idoneità di intere aree di territorio o a imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni, perché ciò sarebbe in contrasto anche con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell’Unione europea (sono citate le sentenze n. 27 del 2023, n. 77 del 2022, n. 69 del 2018 e n. 13 del 2014).

Ricorda il ricorrente che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di una norma abruzzese, il Giudice delle leggi avrebbe affermato che ogni moratoria in questo settore confligge con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, «in linea di continuità con quelli fatti propri dalle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE» (è citata la sentenza n. 27 del 2023).

1.2.2.– La seconda e autonoma questione promossa dal ricorrente concerne l’art. 3, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, ai sensi del quale le misure di salvaguardia adottate dal comma 1 del citato art. 3 trovano applicazione anche laddove – alla data di entrata in vigore della medesima legge regionale – nelle aree individuate dal medesimo comma siano in corso procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti.

Tale disposizione sarebbe costituzionalmente illegittima perché irragionevole e lesiva dei principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento di cui all’art. 3 Cost.

Una volta avviato il procedimento di autorizzazione, la previsione che l’impianto di produzione e accumulo di energia elettrica non possa essere più realizzato, oltre a determinare una lesione del legittimo affidamento dell’operatore, provocherebbe anche un suo indubbio danno, posto che, nelle more del compimento delle procedure per l’ottenimento dei titoli abilitativi, si assume che egli abbia già sostenuto costi tecnici e amministrativi ingenti, così risultando violato anche l’art. 41 Cost., peraltro, «trascurando le attività amministrative eventualmente già svolte dalle autorità competenti, a scapito del principio costituzionalmente rilevante del buon andamento della pubblica amministrazione». Dal che si prospetta altresì la violazione dell’art. 97 Cost.

2.– Costituitasi in giudizio, la Regione autonoma Sardegna, afferma anzitutto che l’istanza di sospensione cautelare sarebbe inammissibile per genericità, perché non sarebbe stato dimostrato come la sottoposizione a misure di salvaguardia, per un massimo di 18 mesi, delle aree contemplate dal comma 1 dell’impugnato art. 3 possa effettivamente pregiudicare il raggiungimento della quota complessiva di produzione da fonti di energia rinnovabile che l’Italia deve traguardare entro il 2030, come previsto dal PNIEC in attuazione del regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima che modifica le direttive (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 94/22/CE, 98/70/CE, 2009/31/CE, 2009/73/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE e 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive del Consiglio 2009/119/CE e (UE) 2015/652 e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio. Non sarebbe dimostrato, in altri termini, il vulnus che dovrebbe discendere dalla immediata applicazione della disposizione regionale, vulnus che – per giustificarne una sospensione cautelare dell’efficacia – dovrebbe consistere in «un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica», ovvero nel «rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini».

L’istanza cautelare sarebbe in ogni caso da respingere perché il pregiudizio grave e irreparabile, dedotto dal ricorrente e concernente la asserita impossibilità del raggiungimento della quota di produzione di energia da fonti rinnovabili secondo la “tabella di marcia” di cui all’art. 2 del d.m. 21 giugno 2024, non sussisterebbe.

Ai sensi del citato art. 2 del d.m. 21 giugno 2024, la Regione autonoma Sardegna sarebbe tenuta a garantire entro il 2025 una produzione di potenza aggiuntiva (a partire dal 1° gennaio 2021) di energia elettrica FER di 1.553 MW. Rappresenta la difesa regionale che al momento dell’entrata in vigore dell’impugnato art. 3 sarebbe stata intrapresa la realizzazione di impianti con inizio di lavori effettivo e previsioni di fine lavori dichiarata in grado di assicurare una produzione aggiuntiva di energia di 291 MW per il 2024 e di 390 MW per il 2025, per un totale di 681 MW, cui andrebbero aggiunti i 694 MW di potenza aggiuntiva già installata nel 2024. Si conseguirebbe così il risultato di 1.375 MW di potenza aggiuntiva per tutto il 2025, «con uno scostamento di appena 178 MW rispetto al succitato target di 1.553 MW prefissato per la regione Sarda entro tale annualità dal DM 21 giugno 2024».

Sostiene la Regione che la disposizione impugnata, peraltro, non sarebbe idonea a incidere sugli impianti «già in fase di realizzazione» al momento della sua entrata in vigore e che le misure di salvaguardia impugnate sarebbero efficaci per 18 mesi, quindi al massimo fino al 4 gennaio 2026, ossia nelle more dell’individuazione delle aree idonee da parte di una legge regionale da adottarsi entro 180 giorni dalla pubblicazione del d.m. 21 giugno 2024. La difesa regionale attesta che la Giunta regionale avrebbe già approvato il disegno di legge di individuazione delle aree idonee, che disporrebbe anche, una volta entrato in vigore, l’abrogazione della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024.

Sempre nel senso della non fondatezza dell’istanza di sospensione cautelare, la difesa regionale deduce che la Regione autonoma Sardegna sarebbe in grado di assicurare una produzione di circa 1.460 MW di potenza aggiuntiva in relazione a tutto il 2025, a fronte dell’obiettivo di 1.553 MW imposto dal d.m. 21 giugno 2024, con uno scostamento residuale, eventualmente agilmente recuperabile già a partire da gennaio 2026.

2.1.– Il ricorso statale, secondo la Regione, sarebbe inammissibile per omessa ricostruzione del quadro normativo in cui si inserisce la disposizione impugnata, nonché per mancato adeguato confronto con le competenze statutarie di cui dispone la stessa Regione.

Afferma la difesa regionale che il ricorso avrebbe completamente omesso qualunque riferimento alla competenza legislativa primaria regionale in materia di edilizia e urbanistica di cui all’art. 3, lettera f), dello statuto, nonché quella correlata concernente la tutela paesaggistica che la Regione autonoma Sardegna esercita ai sensi dell’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma della Sardegna). L’ambito materiale di competenza attinto dalla legge reg. Sardegna n. 5 del 2024 si evincerebbe dall’art. 1 della stessa legge, rubricato «Finalità», ai sensi del quale «[l]a presente legge reca norme urgenti per garantire la tutela e la salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente anche in rapporto all’articolo 9 della Costituzione». Il Governo, secondo la difesa regionale, avrebbe dovuto dimostrare preliminarmente che la legge regionale della cui legittimità costituzionale si discute sia stata adottata in totale carenza di competenze statutarie.

Asserisce altresì la Regione autonoma Sardegna che il d.lgs. n. 199 del 2021 farebbe salve «le competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono alle finalità del presente decreto ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione» (art. 49 del d.lgs. n. 199 del 2021).

Il ricorso, pertanto, non avrebbe compiuto una adeguata e corretta ricognizione del quadro normativo nel quale si inserisce la disposizione regionale impugnata, dal che ne viene eccepita l’inammissibilità.

Anche la questione relativa alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. sarebbe meramente assertiva, dal che, anche per questo motivo, l’inammissibilità del ricorso.

Infine, del pari inammissibili dovrebbero dichiararsi i motivi di impugnazione concernenti le asserite violazioni degli artt. 3 e 97 Cost., in quanto tali parametri sarebbero solo enunciati e sforniti di adeguata spiegazione e relativo impianto argomentativo-motivazionale di supporto (è citata la sentenza di questa Corte n. 141 del 2024). Peraltro, l’art. 97 Cost. non sarebbe esplicitamente evocato nella deliberazione ad impugnare del Presidente del Consiglio dei ministri.

2.2.– Nel merito, il ricorso dovrebbe dichiararsi comunque non fondato.

Quanto alla asserita violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., la difesa regionale rinvia a quanto già ricostruito in ordine alla non fondatezza della richiesta di sospensione cautelare.

Per quanto riguarda la prospettata violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., la Regione autonoma Sardegna deduce la non fondatezza della questione, poiché la disposizione regionale impugnata sarebbe stata adottata nell’esercizio di una competenza legislativa esclusiva della Regione in materia di «tutela paesaggistica e governo del territorio». Peraltro, la giurisprudenza costituzionale avrebbe attribuito margini di individuazione delle aree non-idonee per gli impianti da FER più ampi alle regioni speciali rispetto alle regioni ordinarie (è citata la sentenza n. 224 del 2012).

Priva di fondamento sarebbe, infine, anche la questione promossa in riferimento all’art. 41 Cost., perché l’obiettivo della disposizione regionale impugnata sarebbe piuttosto quello di tutelare gli operatori economici, onde evitare che sostengano oneri in relazione ad iniziative ricadenti in aree che potrebbero risultare non idonee. Precisa la difesa regionale che il comma 8 dell’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 elencherebbe una serie di aree che vengono considerate idonee, nelle more della loro concreta individuazione da parte del decreto ministeriale. Tale decreto ministeriale, a sua volta, concederebbe alle regioni la «possibilità di fare salve le aree idonee di cui all’art. 20, comma 8, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto» (art. 7, comma 2, lettera b [recte: lettera c], del d.m. 21 giugno 2024).

Da queste disposizioni la Regione deduce che sarebbe consentito alle amministrazioni regionali discostarsi, nella mappatura del proprio territorio, dall’elenco delle aree idonee come definite dall’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, «potendo così anche qualificare come non idoneo un ambito che invece era idoneo ai sensi di quest’ultima citata disposizione». Peraltro, una norma di salvaguardia che facesse salvi i progetti riguardanti impianti insistenti su aree qualificate come idonee ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, già intrapresi prima dell’adozione delle leggi regionali di definizione delle aree idonee e non inidonee, sarebbe stata presente nella bozza del decreto ministeriale attuativo (poi divenuto d.m. 21 giugno 2024) ma, poi, espunta, di comune accordo tra lo Stato e le regioni, in sede di Conferenza unificata.

3.– L’Associazione nazionale energia del vento (ANEV) ha depositato, in veste di amicus curiae, un’opinione scritta di segno adesivo al ricorso dello Stato, ammessa con decreto presidenziale del 21 ottobre 2024, ai sensi dell’art. 6 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, che consente alle formazioni sociali senza scopo di lucro e ai soggetti istituzionali, portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità, di depositare con modalità telematica un’opinione scritta.

In aggiunta agli argomenti svolti nel ricorso, l’opinione prospetta ulteriori profili di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, basati sulla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 (Protezione della proprietà) del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonché agli artt. 16 (Libertà di impresa) e 17 (Diritto di proprietà) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Quanto all’istanza di sospensione cautelare, l’ANEV rappresenta, con l’ausilio di una carta geografica, l’estensione territoriale delle aree interessate dal divieto, così come individuate dalle disposizioni impugnate – mappatura che peraltro sarebbe confermata dall’approvanda legge regionale di individuazione delle aree idonee – e che determinerebbe «il fallimento di gran parte delle iniziative imprenditoriali in corso».

4.– Con atto del 15 ottobre 2024 è intervenuta in giudizio RWE Renewables Italia srl (da ora: Società), la quale, contestualmente, ha depositato istanza di fissazione anticipata e separata della sola questione concernente l’ammissibilità del suo intervento.

Rappresenta l’interveniente Società di essere attiva nello sviluppo, nella costruzione e nell’esercizio di impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile eolica, fotovoltaica e agrivoltaica e nella realizzazione di impianti di accumulo di energia rinnovabile sul territorio italiano.

Asserisce di essere titolare di una posizione giuridica differenziata, che sarebbe lesa in maniera diretta e immediata dalla normativa oggetto del giudizio. In particolare, la Società, in quanto responsabile – fra l’altro – di tre progetti autorizzati ma non ancora avviati nel territorio della Regione autonoma Sardegna, dovrebbe ritenersi legittimata all’intervento, in considerazione del fatto che la moratoria dei procedimenti autorizzativi in corso, disposta dalla disposizione impugnata, applicandosi anche ai progetti menzionati, comporterebbe la diretta lesione della libertà di iniziativa economica privata e della sfera patrimoniale riconosciuti dagli artt. 41 e 42 Cost.

Sempre a detta dell’interveniente, la sua qualifica di società a responsabilità limitata le impedirebbe di depositare un’opinione in veste di amicus curiae, ai sensi dell’art. 6 delle Norme integrative, che riserverebbe questa facoltà esclusivamente alle formazioni sociali senza scopo di lucro e ai soggetti istituzionali, «portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità», elemento che ne rafforzerebbe la richiesta di intervento nel presente giudizio.

5.– La Regione autonoma Sardegna ha depositato nei termini memoria integrativa, nella quale ribadisce che le disposizioni regionali impugnate dovrebbero intendersi quali «misure interinali di salvaguardia nelle more della pianificazione del territorio sardo», che sarebbe di fatto «pres[o] d’assalto» da richieste di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Tale circostanza sarebbe attestata anche da «Uffici statali del Ministero della Cultura», i quali, in uno dei numerosi pareri endoprocedimentali resi dalla Soprintendenza speciale per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in merito alla richiesta di valutazione di impatto ambientale (VIA) per un impianto da fonte eolica da ubicarsi in una delle tante aree della Sardegna caratterizzate dalla presenza di significativo rilievo culturale e paesaggistico, avrebbero affermato che «nell’area vasta di intervento si sta progressivamente verificando un effetto cumulo che si prospetta di gran lunga superiore alla capacità di carico dell’ambiente naturale, fenomeno che ormai riguarda in maniera diffusa l’intero territorio regionale, dove le richieste di connessione per realizzare impianti a energie rinnovabili sono tali da superare, al 30.06.2023, di ben 10 volte […] quanto previsto, per la regione Sardegna, come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base della bozza del D.M. sulle c.d. “aree idonee”, […] tanto da prospettarsi la progressiva sostituzione/industrializzazione dell’ambiente naturale e del paesaggio con impianti di grossa taglia» (nota della Soprintendenza PNRR prot. ingresso 0187684 del 20 novembre 2023). Nella medesima prospettiva, la difesa regionale osserva che il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, nell’ordinanza citata anche dall’Avvocatura generale, nel motivare il rigetto dell’istanza cautelare presentata dalla Società, ha affermato che «l’interesse della ricorrente a ottenere tutela cautelare nella presente sede appare oggettivamente recessivo rispetto a quello pubblicistico alla conservazione – nelle more – dell’integrità del territorio».

6.– Con ulteriore memoria, il Presidente del Consiglio dei ministri ribadisce le motivazioni rappresentate nel ricorso nel senso dell’accoglimento, precisando che allorché si voglia ritenere che la Regione abbia emanato la disposizione impugnata nell’esercizio della propria competenza statutaria in materia di «produzione e distribuzione dell’energia elettrica» (art. 4, lettera e, dello statuto), trattandosi di competenza legisaltiva concorrente, essa dovrebbe comunque esercitarsi nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla normativa statale o da quest’ultima desumibili. Fra questi rientrerebbero sicuramente quelli recati dall’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, fra cui senz’altro quello disposto dal comma 5, ossia «il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 […] tenendo conto della sostenibilità dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo». Tale violazione determinerebbe il palese contrasto della disposizione impugnata con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione a quanto stabilito da ultimo dalla direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023, che modifica la direttiva (UE) 2018/2001, il regolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto riguarda la promozione dell’energia da fonti rinnovabili e che abroga la direttiva (UE) 2015/652 del Consiglio. Similmente ci si troverebbe di fronte a un diretto contrasto dell’impugnato art. 3, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024 con il principio recato dal comma 6 del d.lgs. n. 199 del 2021, che vieta qualunque moratoria o sospensione dei termini dei procedimenti di autorizzazione. A riprova peraltro della violazione anche del legittimo affidamento degli operatori (artt. 3 e 41 Cost.), l’Avvocatura generale dello Stato rappresenta che, con una recente ordinanza, il giudice amministrativo avrebbe rigettato una istanza di sospensione cautelare presentata da una società avverso il provvedimento di diniego di autorizzazione di un impianto fotovoltaico, emesso dal Comune di Porto Torres per contrasto della richiesta di autorizzazione con le previsioni della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, pur a fronte dell’emissione dei pareri positivi da parte delle diverse Amministrazioni intervenute in conferenza di servizi (TAR Sardegna, sezione seconda, ordinanza 8 novembre 2024, n. 319).

Rammenta infine lo Stato che la semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili onshore e offshore rientrerebbe tra gli obiettivi PNRR indicati, per il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, alla componente 2 della missione 2 del Piano, in particolare alla riforma 1 (M2C2-6: M2C2R1), rubricata «Semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili onshore e offshore, nuovo quadro giuridico per sostenere la produzione da fonti rinnovabili e proroga dei tempi e dell’ammissibilità degli attuali regimi di sostegno: Entrata in vigore di un quadro giuridico per la semplificazione delle procedure di autorizzazione a costruire strutture per le energie rinnovabili onshore e offshore».

7.– Con memoria del 23 dicembre 2024, la Regione resistente ha depositato copia della legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20, recante «Misure urgenti per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi», che fra l’altro, all’art. 4, comma 1 ha abrogato la legge reg. Sardegna n. 5 del 2024.

8.– In data 24 dicembre 2024 la Società ha depositato ulteriore memoria in cui sostiene di aver ottenuto l’autorizzazione unica ex art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) emanata dalla Regione autonoma Sardegna con determinazione dirigenziale n. 49 del 22 gennaio 2024, protocollo n. 0003276, per la costruzione e l’esercizio dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica denominato “Alas” (previa valutazione di impatto ambientale conclusasi con positivo giudizio di compatibilità ambientale reso con deliberazione del Consiglio dei ministri del 16 settembre 2022).

8.1.– Ai fini dell’ammissibilità del proprio intervento in giudizio, ai sensi degli artt. 31 e 4, comma 3, delle Norme integrative, la Società rappresenta di essere direttamente destinataria dell’applicazione della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, impugnata dal Governo nel presente giudizio, il quale – avendo anticipato lo scrutinio da parte di questa Corte – costituirebbe l’unica sede possibile per consentire alla Società di ottenere tutela dei diritti che le sarebbero costituzionalmente garantiti, che altrimenti avrebbero trovato tutela mediante il giudizio in via incidentale.

9.– All’udienza pubblica del 14 gennaio 2025 è stata data lettura dell’ordinanza dibattimentale, riportata in calce, con cui è stato dichiarato non ammissibile l’intervento della Società.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe, ha impugnato l’art. 3 della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, in riferimento all’art. 117, commi primo e terzo, Cost., in relazione al d.lgs. n. 199 del 2021, alla direttiva 2018/2001/UE e al regolamento n. 2021/1119/UE; nonché in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 e agli artt. 3 e 4, lettera e), dello statuto speciale; e, infine, in riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost.

1.1.– Rappresenta il ricorrente che l’art. 3 della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024 introdurrebbe «misure di salvaguardia» comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, nelle more dell’approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. n. 199 del 2021 e, comunque, per un periodo non superiore a diciotto mesi dall’entrata in vigore della stessa legge regionale, indicando una serie di aree escluse (tra cui aree naturali protette, zone umide, aree della rete Natura 2000, aree agricole, eccetera).

La disposizione impugnata, nell’imporre un divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, introdurrebbe una deroga – seppur transitoria – rispetto alla disciplina statale che demanda a decreti ministeriali l’individuazione dei principi e criteri omogenei e, comunque, anche in caso di mancata adozione di siffatti decreti, vieterebbe ogni moratoria dei procedimenti di autorizzazione.

La disposizione regionale, dunque, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale, e segnatamente con l’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nella materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». Più precisamente, sarebbero violati i commi 1, 4, 5 e 6 dell’art. 20 del richiamato decreto legislativo, ai sensi dei quali la definizione di principi e criteri omogenei per l’individuazione di superfici e aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili avviene per mezzo di uno o più decreti ministeriali, previa intesa in sede di Conferenza unificata entro 180 giorni dall’entrata in vigore del medesimo d.lgs. n. 199 del 2021; le regioni, secondo tale previsione, individuano le aree idonee con legge; nelle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei citati decreti ministeriali è espressamente vietato introdurre moratorie o sospensioni di termini dei procedimenti di autorizzazione.

Inoltre, poiché il d.lgs. n. 199 del 2021 avrebbe recepito la direttiva 2018/2001/UE, il divieto di cui all’impugnato art. 3 della legge regionale sarda si porrebbe in contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost., ai sensi del quale «[l]a potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», in relazione ai principi espressi dalla direttiva 2018/2001/UE, perché comprometterebbe gli impegni assunti dallo Stato italiano nei confronti dell’Unione europea volti a garantire la massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili.

Precisa il ricorrente che allorché si volesse ritenere che la Regione abbia emanato la disposizione impugnata nell’esercizio della propria competenza statutaria concorrente in materia di «produzione e distribuzione dell’energia elettrica» (art. 4, lettera e, dello statuto), tale competenza avrebbe comunque dovuto esercitarsi nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla normativa statale o da quest’ultima desumibili, cui sarebbero riconducibili quelli recati dall’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021.

1.2.– La seconda (e autonoma) questione promossa nel ricorso concerne il comma 2 dell’art. 3 della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, ai sensi del quale le misure di salvaguardia adottate dal comma 1 trovano applicazione anche laddove – alla data di entrata in vigore della presente legge – nelle aree individuate dal medesimo comma siano in corso procedure di autorizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili. Tale disposizione sarebbe costituzionalmente illegittima, secondo il ricorrente, perché irragionevole e lesiva dei principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento di cui all’art. 3 Cost.

Una volta avviato il procedimento di autorizzazione, la previsione secondo la quale l’impianto di produzione e accumulo di energia elettrica non possa essere più realizzato, oltre a determinare una lesione del legittimo affidamento dell’operatore, provocherebbe anche un suo indubbio danno, posto che, nelle more del compimento delle procedure per l’ottenimento dei titoli abilitativi, si assume che lo stesso operatore abbia già sostenuto costi tecnici e amministrativi ingenti, così violando anche l’art. 41 Cost., trascurando altresì le attività amministrative eventualmente già svolte dalle autorità competenti, a scapito del principio costituzionalmente rilevante del buon andamento della pubblica amministrazione. Dal che è prospettata altresì la violazione dell’art. 97 Cost.

2.– La Regione autonoma Sardegna eccepisce anzitutto l’inammissibilità del ricorso per mancato adeguato confronto con le competenze statutarie.

L’eccezione non è fondata.

Per costante giurisprudenza costituzionale, il mancato confronto con le competenze statutarie determina l’inammissibilità del ricorso solo laddove tale omissione sia radicale (ex multis, sentenze n. 58 del 2023 e n. 281 del 2020).

Come si è detto, il ricorrente ha indicato le competenze statutarie di cui all’art. 4, comma primo, lettera e), dello statuto, invocando i limiti che discendono dal rispetto dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, fra cui rientra l’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021. Il nucleo del ragionamento condotto dal ricorrente, che sostiene il travalicamento delle competenze attribuite al legislatore regionale, emerge, dunque, con sufficiente nettezza. La mancata considerazione di altre competenze regionali può incidere, semmai, sul merito delle questioni (da ultimo, sentenza n. 103 del 2024).

2.1.– Parimenti non fondata è l’ulteriore eccezione di inammissibilità per omessa ricostruzione del quadro normativo.

Lamenta la Regione che lo Stato non avrebbe considerato che il d.lgs. n. 199 del 2021 farebbe salve «le competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono alle finalità del presente decreto ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione» (art. 49 del d.lgs. n. 199 del 2021).

Secondo il costante orientamento di questa Corte, il ricorrente ha l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali denunzia la violazione, proponendo una motivazione che non sia meramente assertiva ma contenga una specifica e congrua indicazione delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati, con il sostegno di una sintetica argomentazione di merito (ex plurimis, sentenza n. 201 del 2021).

Nell’odierno giudizio il ricorrente ha sufficientemente ricostruito il contesto normativo di riferimento, chiarendo che le attribuzioni statutarie in materia di «produzione e distribuzione dell’energia elettrica» (art. 4, lettera e, dello statuto) impongono comunque il rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla normativa statale. Altrettanto chiara risulta la motivazione in ordine alle specifiche ragioni che determinerebbero la violazione degli altri parametri asseritamente lesi.

2.2.– Sempre in via preliminare, deve rilevarsi che non assume rilievo nell’attuale giudizio la sopravvenuta abrogazione della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, da parte dell’art. 4, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 20 del 2024, poiché le disposizioni impugnate hanno ricevuto medio tempore applicazione (come si ricava dall’ordinanza del Consiglio di Stato del 16 dicembre 2024, n. 04777/2024, in cui si dà conto che l’assessorato regionale competente «ha comunicato la sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 3 della l.r. Sardegna 3 luglio 2024 n. 5»), condizione che esclude la dichiarazione della cessazione della materia del contendere (ex multis, sentenze n. 198 e n. 180 del 2024).

3.– Al fine della decisione di merito occorre, innanzitutto, stabilire a quale titolo di competenza legislativa sia da ricondurre la disposizione impugnata, che deve essere esaminata, pertanto, secondo la triplice lente elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte, relativa «all’oggetto, alla ratio e alla finalità» (ex multis, sentenze n. 95 del 2024, n. 78 del 2020 e n. 164 del 2019).

Come detto, il ricorrente ritiene che la disposizione regionale impugnata costituisca espressione della competenza legislativa concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in applicazione della clausola di maggior favore (art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), laddove si ritenga questa più ampia di quella statutaria; ovvero, della competenza legislativa statutaria concorrente in materia di «produzione e distribuzione dell’energia elettrica» (art. 4, lettera e, dello statuto).

La difesa regionale, in senso contrario, sostiene che l’ambito di competenza attinto dalla legge reg. Sardegna n. 5 del 2024 sarebbe quello statutario, di natura primaria, in materia di tutela del paesaggio, come si evincerebbe dall’art. 1 della stessa legge regionale, rubricato «Finalità», ai sensi del quale «[l]a presente legge reca norme urgenti per garantire la tutela e la salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente anche in rapporto all’articolo 9 della Costituzione».

3.1.– Lo statuto assegna alla Regione autonoma Sardegna la competenza primaria in materia di «edilizia e urbanistica» (art. 3, lettera f), nonché la correlata «competenza paesaggistica» ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975. La competenza concorrente nella materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia elettrica», da esercitarsi nel limite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, è prevista dall’art. 4, lettera e), dello statuto.

Quanto all’oggetto, la legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, recante «Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali», sottopone una serie di ambiti territoriali a «misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili», per un periodo non superiore a 18 mesi (art. 3).

La Giunta regionale è poi autorizzata ad approvare il disegno di legge istitutivo «dell’Agenzia regionale dell’energia per l’esercizio delle competenze in materia di produzione, trasporto e distribuzione dell’energia, nonché nelle materie ad esse connesse di competenza legislativa e amministrativa regionale» (art. 2).

La finalità proclamata dell’intervento normativo complessivo coincide con «la tutela e la salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente anche in rapporto all’articolo 9 della Costituzione» (art. 1).

Se l’iniziativa della Regione autonoma Sardegna diretta all’individuazione delle aree da salvaguardare (quali le aree naturali protette, le zone umide di importanza internazionale riconosciute, o quelle umide ricadenti in siti di interesse comunitario o in zone di protezione speciale, ovvero le aree incluse nella rete Natura 2000 relativa alla conservazione degli habitat naturali, le aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette, le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità, le aree caratterizzate da situazioni di dissesto oppure di rischio idrogeologico) sembra corrispondere alle indicazioni contenute nel regolamento (UE) 2024/1991 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2024, sul ripristino della natura e che modifica il regolamento (UE) 2022/869 per il «recupero a lungo termine e duraturo della biodiversità e della resilienza degli ecosistemi in tutte le zone terrestri e marine […] attraverso il ripristino degli ecosistemi degradati» (art. 1, paragrafo 1, lettera a), purtuttavia, con l’art. 3 impugnato, il legislatore sardo ha sospeso in modo generalizzato il rilascio di tutte le autorizzazioni per la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile.

La ratio dell’intervento normativo impugnato sembra pertanto coincidere con la volontà di “congelare” almeno per 18 mesi l’onere di individuare con legge regionale le aree idonee (onere che incombe sulle regioni ai sensi del più volte richiamato art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021), sospendendo in tal modo anche i procedimenti autorizzatori in corso.

La misura di salvaguardia introdotta dall’art. 3 della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024 ha pertanto garantito uno slittamento temporale certo dell’attuazione delle nuove norme recate dal d.lgs. n. 199 del 2021, in modo da assicurare alla Giunta regionale il tempo necessario per la presentazione (e al Consiglio regionale per l’approvazione) del disegno di legge regionale di individuazione delle aree idonee.

Alla luce di questa ricostruzione, questa Corte osserva che la legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, pur conseguendo, come detto, la finalità di tutelare il paesaggio, incide in modo significativo sulla disciplina relativa agli «impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili». Pertanto, la legge regionale afferisce in modo prevalente alla competenza statutaria in materia di «produzione e distribuzione dell’energia elettrica» (art. 4, lettera e, dello statuto speciale).

In ogni caso, anche laddove non si consideri prevalente uno dei due ambiti statutari, ma si ritenga che ci si trovi di fronte a un intreccio di competenze, nessuna delle quali prevalente, ciò nondimeno entrambe tali competenze – quella primaria di tutela del paesaggio e quella concorrente in materia di energia elettrica più volte richiamata – devono esercitarsi «[i]n armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», oltre che, solo per la seconda, nel più volte ricordato limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato», ai sensi dei medesimi artt. 3 e 4 dello statuto di autonomia.

3.2.– Ciò posto, occorre ricordare che qualora sorga una questione di legittimità costituzionale in relazione a una legge di una regione ad autonomia speciale per l’asserita violazione di una norma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, devono essere indicate «le ragioni per le quali il parametro invocato garantirebbe una maggiore autonomia della Regione e sarebbe, perciò, applicabile in luogo di quelli statutari» (sentenza n. 151 del 2017), in attuazione della cosiddetta clausola di maggior favore contenuta all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, secondo cui, «[s]ino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite» (sentenza n. 119 del 2019).

L’applicazione della clausola di maggior favore si giustificherebbe, secondo il ricorrente, in coerenza con il tradizionale confronto parallelo fra “discipline della funzione”, guardando al mero tenore testuale dei parametri: l’art. 4 dello statuto che fa riferimento a «produzione e distribuzione dell’energia elettrica»; l’art. 117, terzo comma, Cost. che prevede invece «produzione, distribuzione e trasporto nazionale dell’energia».

Deve osservarsi che in questa fattispecie, nella ponderazione dei due ambiti di competenza – quello statutario e quello costituzionale –, le norme del Titolo V attributive di autonomia alle regioni non possono essere separate da quelle che riservano alla competenza legislativa esclusiva dello Stato determinate materie “trasversali”, o da quelle dell’art. 118 Cost., in materia di allocazione delle funzioni amministrative. È a tale sistema integrato di ciascuna specifica funzione che occorre fare riferimento quando si tratti di applicare la clausola di maggiore favore di cui all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, che rileverà, pertanto, solo nei casi in cui le norme del Titolo V prevedano forme di autonomia più ampie di quelle già attribuite dagli statuti (ex multis, sentenze n. 119 del 2019 e n. 255 del 2014).

Il regime della funzione statutaria di cui all’art. 4, lettera e), come si è visto, patisce il limite dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato, oltre a quelli imposti alla potestà legislativa primaria di cui all’impugnato art. 3, tra i quali – per quanto qui viene in rilievo – quello delle «norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», mentre, se è vero che la materia ricompresa nel terzo comma dell’art. 117 Cost. è oggettivamente più ampia di quella statutaria, è altresì vero che essa subisce non solo il limite dei principi fondamentali, ma anche quelli derivanti dall’esercizio di tutte le competenze legislative esclusive statali cosiddette trasversali.

Tale valutazione, nel caso di opere relative alla produzione di energia, conduce a far ritenere recessivo, nel caso di specie, il titolo di competenza riconosciuto dal Titolo V a favore del titolo di potestà legislativa previsto dallo statuto speciale.

4.– Ciò posto, le questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti dell’intero art. 3 della legge reg. Sardegna n. 5 del 2024, in riferimento agli artt. 3 e 4 dello statuto speciale, nonché all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 e ai principi di decarbonizzazione e di massima diffusione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili espressi dalla direttiva 2018/2001/UE e dal regolamento n. 2021/1119/UE, sono fondate.

4.1.– Questa Corte, con la recente sentenza n. 103 del 2024, ha ricostruito i tratti essenziali dell’evoluzione normativa nazionale, concernente l’individuazione delle aree in cui è consentita l’installazione degli impianti di energia rinnovabile, dando atto del passaggio dalla disciplina introdotta con l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, a quella dettata dall’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 e attuata con il d.m. 21 giugno 2024.

Il d.lgs. n. 199 del 2021 è stato adottato nell’esercizio di un intreccio di competenze legislative esclusive statali in materia di tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.); concorrenti «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (art. 117, terzo comma, Cost.); nonché in attuazione della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

Esso è volto ad «accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili» e a raggiungere gli «obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030», «conformemente al Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima» (art. 1, commi 1, 2 e 3).

Il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Green Deal europeo in attuazione della direttiva 2018/2001/UE, mediante la diffusione di fonti energetiche rinnovabili, persegue, infatti, finalità di tutela dell’ambiente e di lotta al cambiamento climatico. Proprio per il raggiungimento degli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico e di uso dell’energia da fonte rinnovabile fissati a livello europeo sino al 2030, il nostro Paese ha adottato il richiamato d.lgs. n. 199 del 2021 e predisposto il PNIEC, approvato il 18 dicembre 2019 dalla Conferenza unificata e trasmesso alla Commissione europea, in attuazione del regolamento n. 2018/1999/UE , il successivo 31 dicembre.

Tale normativa è frutto di una diversa impostazione rispetto alla più tradizionale disciplina delle “aree non idonee”. L’individuazione delle aree idonee da parte delle regioni con un intervento legislativo persegue il duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli operatori di conoscere in modo chiaro e trasparente le aree in cui è possibile installare impianti FER seguendo una procedura semplificata; dall’altro, di garantire il rispetto delle prerogative regionali che, nel selezionare in quali aree consentire l’installazione agevolata di FER, possono esercitare la più ampia discrezionalità, fermi restando i limiti imposti dallo Stato in termini di classificazione e obiettivi annui di MW da raggiungere, così come stabilito dal d.m. 21 giugno 2024, fino al 2030.

Si tratta quindi di una riforma che muta l’approccio rispetto al passato, in quanto prevedendo come inderogabile il raggiungimento di predefiniti livelli di energia da fonti rinnovabili, salvaguarda però al contempo le prerogative regionali in materia paesaggistica, mediante la definizione delle aree idonee con legge regionale.

La disciplina statale sull’individuazione delle aree e dei siti sui quali possono essere installati gli impianti di produzione di energia rinnovabile prevista dal d.lgs. n. 199 del 2021 si affianca dunque al previgente regime di individuazione delle aree non idonee, prevedendo che vengano anzitutto definite con legge regionale (art. 20, comma 4) le aree idonee, dalla cui qualificazione consegue l’accesso a un procedimento autorizzatorio semplificato per chi intenda installare FER. Laddove la regione non proceda in questo senso, è prevista l’attivazione, a norma del secondo periodo del richiamato comma 4, dei poteri sostitutivi dello Stato di cui all’art. 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea).

4.2.– L’impugnato art. 3 che introduce il divieto di realizzare impianti FER per 18 mesi, nelle more dell’approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee, vìola i principi introdotti dall’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, quali il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 (comma 5), il divieto di introduzione di moratorie (comma 6), e l’avvio di procedure autorizzatorie agevolate per l’installazione di FER nelle aree individuate temporaneamente da considerarsi idonee (comma 8).

Le disposizioni regionali impugnate, in definitiva, pur finalizzate alla tutela del paesaggio, nello stabilire il divieto di installare impianti alimentati da fonti rinnovabili, si pongono in contrasto con la richiamata normativa statale che, all’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, reca principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle competenze statutarie in materia di produzione dell’energia.

Non assume poi alcun rilievo la circostanza, sulla quale ha insistito la Regione autonoma Sardegna, che tale divieto sia temporalmente circoscritto, anche con la fissazione di un termine massimo di diciotto mesi, il quale peraltro, al di là d’ogni altra considerazione, è di gran lunga superiore a quello, di centottanta giorni, che l’art. 20, comma 4, del d.lgs. n. 199 del 2021 prescrive per l’individuazione con legge delle aree idonee.

L’art. 3 della legge reg. Sardegna deve pertanto dichiararsi costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 3 e 4 dello statuto speciale, dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla direttiva 2018/2001/UE e al regolamento n. 2021/1119/UE, nonché in relazione al d.lgs. n. 199 del 2021.

5.– La decisione sul merito del ricorso assorbe, infine, l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della disposizione impugnata (sentenze n. 20 del 2023, n. 5 del 2018, n. 145 e n. 141 del 2016).

6.– Sono assorbite le ulteriori questioni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 (Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Angelo BUSCEMA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria l’11 marzo 2025

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

Allegato:

Ordinanza letta all’udienza del 14 gennaio 2025

ORDINANZA

Visti gli atti relativi al giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge Regione autonoma Sardegna 3 luglio 2024, n. 5 (Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso depositato il 30 agosto 2024 (reg. ric. n. 33 del 2024).

Rilevato che, con atto depositato il 15 ottobre 2024, è intervenuta nel giudizio la società RWE Renewables Italia srl (da ora, anche: società RWE);

che la società RWE Renewables Italia srl, società attiva nello sviluppo, nella costruzione e nell’esercizio di impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile eolica, fotovoltaica e agrivoltaica e nella realizzazione di impianti di accumulo di energia rinnovabile sul territorio italiano, asserisce di essere titolare di una posizione giuridica differenziata, lesa in maniera diretta e immediata dalla normativa oggetto del giudizio;

che, in particolare, la società RWE, in quanto responsabile – fra l’altro – di progetti autorizzati, ma non ancora avviati nel territorio della Regione autonoma Sardegna, sostiene di essere legittimata all’intervento in considerazione del fatto che la moratoria dei procedimenti autorizzativi in corso, prevista dalla disposizione impugnata, applicandosi anche ai progetti menzionati, comporterebbe la diretta lesione della libertà di iniziativa economica privata e della sfera patrimoniale riconosciute dagli artt. 41 e 42 Cost.;

che, sempre a detta dell’interveniente, la sua qualifica di società a responsabilità limitata le impedirebbe di depositare un’opinione in veste di amicus curiae, ai sensi dell’art. 6 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, che riserverebbe questa facoltà esclusivamente alle formazioni sociali senza scopo di lucro e ai soggetti istituzionali «portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità», elemento che ne legittimerebbe l’intervento nel presente giudizio;

che con atto depositato in data 24 dicembre 2024 la società RWE ha depositato ulteriore memoria nella quale insiste per l’ammissibilità del proprio intervento per consentire alla Società medesima di esplicare la facoltà partecipativa al giudizio di legittimità.

Considerato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale non è ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal titolare della potestà legislativa il cui esercizio è oggetto di contestazione, salva l’ipotesi, in via del tutto eccezionale, in cui la legge impugnata incida specificamente sulla sfera di attribuzione costituzionale di altre regioni o province autonome (ordinanza letta all’udienza 12 novembre 2024 e allegata alla sentenza n. 192 del 2024);

che tale orientamento è stato mantenuto fermo anche a seguito delle modifiche delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale apportate con la delibera di questa Corte 8 gennaio 2020, «non incidendo esse sui requisiti di ammissibilità degli interventi nei giudizi in via principale» (ordinanza letta all’udienza del 25 febbraio 2020 e allegata alla sentenza n. 56 del 2020);

che ad analoga conclusione questa Corte è pervenuta in numerose occasioni successive (ex plurimis, tra le più recenti, sentenze n. 76 del 2023, punto 2 del Considerato in diritto, n. 259 del 2022, punto 2 del Considerato in diritto, n. 221 del 2022, punto 3 del Considerato in diritto e n. 121 del 2022, punto 3 del Considerato in diritto; ordinanza n. 134 del 2022);

che, dunque, l’intervento della società RWE deve essere dichiarato inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile l’intervento in giudizio della società RWE Renewables Italia srl.

F.to: Giovanni Amoroso, Presidente

Gabbiano reale mediterraneo (Larus michahellis)

(foto da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)



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