«Serve un chiarimento politico. Ma basta inseguire la destra»

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«La maggioranza di governo si è divisa a Bruxelles. E Giorgia Meloni ora deve dirci se vuole essere la più fedele suddita di Trump che mette i dazi sui nostri prodotti o vuole fare del nostro Paese un protagonista della costruzione europea. La sovranista Meloni deve fare i conti con il sovranismo americano e con Putin ai confini della Ue. Ma quando mai un vicepremier fa l’opposto del proprio premier? È quello che capita all’Italia governata dalle peggiori destre dal dopoguerra ad oggi». Così Francesco Boccia, capogruppo al senato del Pd, esordisce a proposito del voto di ieri alla plenaria di Strasburgo sulla difesa europa.

Che cosa ci dice questo voto?
Il parlamento europeo ha approvato il Piano Ue per il riarmo. Su questo Piano ci sono molti dubbi che sono stati espressi sia all’interno delle forze progressiste che di quelle di centrodestra. Come Pd siamo convinti che quel piano riarma gli eserciti nazionali ma non prefigura quella difesa comune europea che, insieme alla politica estera, fiscale e sociale dovrebbe essere alla base della costruzione del soggetto Europa. Non è con il libero riarmo dei singoli paesi, con aumento del deficit, negato poi per gli investimenti sociali ed economici, che si fa nascere una Unione europea più forte.

C’è stata una spaccatura nel Pd e in generale col gruppo dei S&d.
La forza del Pd è quella di essere un partito plurale, che tiene dentro diverse sensibilità politiche. Lo sforzo che abbiamo sempre fatto è quello dell’unità e l’esito della riunione della Direzione delle scorse settimane che ha votato all’unanimità la relazione di Elly Schlein lo conferma.

Vi aspettavate questa divisione?
Abbiamo lavorato con il nostro capodelegazione Nicola Zingaretti fino alla fine per trovare una posizione comune ma ci sono state valutazioni diverse sul voto finale. Per ciò che riguarda il Pse penso che le logiche che hanno guidato il voto delle altre delegazioni siano derivate molto dalle dinamiche politiche nazionali dei diversi paesi. Noi ci riconosciamo nella grande famiglia del socialismo europeo ma manteniamo una posizione molto critica nei confronti del Rearm Europe.

Pensa che qualcuno abbia approfittato di questo voto per andare oltre il tema specifico e polemizzare con la segreteria Schlein?
Mi auguro che le posizioni espresse nel nostro gruppo siano dovute ad una valutazione del merito e non per regolare questioni interne. Sarebbe un grave errore politico. Quella di Elly Schlein è una leadership reputazionale con una direzione limpida e coerente.

Quanto hanno contato le prese di posizione dei giorni scorsi di Paolo Gentiloni e Romano Prodi?
Non penso più di tanto. La Commissione europea negli ultimi 21 anni è stata sempre guidata dal Ppe. Possiamo dire dopo più di vent’anni che quando i progressisti inseguono la destra e non fanno la sinistra perdono le elezioni? O dobbiamo continuare ad alimentare un modello che non ha funzionato? Un conto sono stati i grandi passi avanti fatti dalla Commissione Prodi ormai 25 anni fa, un altro l’Europa che ci ritroviamo oggi dopo Barroso, Juncker e Von der Leyen. Difendere acriticamente quel piano di riarmo deciso unilateralmente da Von der Leyen, non significa volere l’Europa unita con la difesa comune, ma solo riarmare gli stati nazionali che rischiano di allontanarsi sempre più dalla difesa comune. Sta a noi aprire una discussione su come essere alternativi alle destre.

Quanto è realistica l’ipotesi del congresso straordinario?
Il nostro partito è una organizzazione con organismi democratici. È ovvio che a questo punto è necessario un chiarimento politico. Intanto lavoreremo perché il Pd in vista del Consiglio europeo della prossima settimana esprima una posizione unitaria. Poi la segretaria e il partito decideranno come affrontare la discussione. Il mondo sta vivendo una crisi drammatica e abbiamo il dovere, di fronte ai nostri elettori, di esprimere una posizione chiara sulla collocazione del Pd e del nostro paese nello scenario internazionale. La segretaria e gli organismi dirigenti stabiliranno quale sarà lo strumento più idoneo. La leadership di Schlein ha permesso al Pd di passare in due anni dal 14% al 24% e di essere il perno di una possibile alternativa a questa destra. Quale che sia la scelta che faremo mi auguro che sia un confronto sul merito che renda più forte il Pd.

Lo stato di eccezione causato da Trump rischia di cambiare le attuali geometrie politiche?
Trump sta sconvolgendo il mondo e chi pensa che non abbia un disegno sbaglia di grosso. Trump impone al mondo una agenda diversa e cambia i punti cardinali della geopolitica. È a rischio la democrazia occidentale per come l’abbiamo conosciuta e non possiamo accettare che ci sia un nuovo ordine mondiale governato dalla forza e dalla potenza economica. Non possiamo lasciare il mondo in mano a Putin, Trump e alla Cina. Serve che l’Europa diventi soggetto politico. Ma secondo noi questo non può avvenire a partire dal riarmo degli Stati nazionali.

Avete detto che è finita l’epoca dei governi tecnici. Vale ancora?
Noi dobbiamo costruire il profilo di un partito con una forte identità progressista che sia il perno di una credibile alternativa a questa destra sovranista. Il Pd lavora per questo, non per costruire alchimie che gli elettori non capirebbero. Con il Pd di Elly Schlein non ci saranno mai governi tecnici.

Queste diverse sensibilità come si ritroveranno il 15 marzo?
La piazza del 15 marzo risponde a un appello di Michele Serra che ha avuto modo di spiegare le ragioni della mobilitazione. Serve più Europa, non il riarmo degli Stati. Noi in questa piattaforma ci riconosciamo e con questo spirito ci saremo. La piazza è un insieme di sensibilità, valori, emozioni e passioni. La Resistenza ci ha consegnato questo tesoro che è la libertà e una Costituzione che ripudia la guerra. Il 15 ci saranno le bandiere Ue e della pace.



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