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La Macadamia integrifolia è una pianta originaria dell’Australia, nota per le sue noci dal gusto delicato e dall’alto valore nutrizionale. A livello mondiale, la produzione di noci di macadamia ha raggiunto nel 2017 quasi 52.000 tonnellate (base kernel). I principali produttori sono il Sudafrica e l’Australia, che insieme rappresentano oltre la metà della produzione mondiale, seguiti da Kenya, Stati Uniti e Cina.Fase vegetativa e fase produttiva della Noce di Macadamia
I principali mercati di destinazione delle noci di macadamia in Europa sono Germania e Paesi Bassi. Il mercato europeo delle noci di macadamia è in crescita, con un aumento dell’uso in prodotti come gelati, snack e alimenti dalle caratteristiche nutraceutiche. In Italia, la coltivazione della macadamia è presente, seppur in superfici ridotte e tali da produrre, nel 2023, un valore d’esportazione di circa 753 mila euro, contrariamente a un valore di importazione pari a circa 2,63 milioni di euro.
Questi dati mettono in luce un interesse presente nel nostro paese che, possono avere prospettive di sviluppo, se si valuta il potenziale economico di questa coltura in Italia. In questo contesto, infatti, nasce un progetto di ricerca scientifica portata avanti dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali (SAAF), Università di Palermo e dalla Scuola Universitaria Superiore di Pavia.
La scala BBCH presentata in questo studio è la prima a dettagliare le fenofasi di Macadamia integrifolia x tetraphylla cv. ‘Beaumont’ in 32 fasi, dallo sviluppo dei germogli alla maturazione del frutto e del seme. L’applicazione del modello di evoluzione fenologica della pianta insieme all’evoluzione delle più importanti variabili climatiche costituisce un riferimento importante per la coltivazione di questa specie in ambiente mediterraneo. La ricerca in questione si propone di analizzare l’adattamento di Macadamia integrifolia x tetraphylla cv. Beaumont all’ambiente mediterraneo, focalizzandosi sulle fasi fenologiche della pianta in relazione alle variabili climatiche, per lo sviluppo di una scala BBCH (vedi immagine qui accanto – clicca qui per ingrandire). La fenologia, ossia la sequenza ricorrente delle fasi di sviluppo vegetativo e riproduttivo, è cruciale per la gestione agronomica della coltura e per la valutazione dell’impatto delle condizioni climatiche sulla produttività della pianta. La scala BBCH standardizza le osservazioni fenologiche, consentendo il confronto tra diverse aree di coltivazione.
La ricerca è stata condotta presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali (SAAF) dell’Università di Palermo, in un impianto sperimentale situato a 20 m s.l.m. Tre alberi di circa 10 anni sono stati monitorati per un periodo di 16 mesi. Sono stati selezionati 32 germogli in diverse esposizioni cardinali e sono stati registrati settimanalmente gli stadi fenologici dalla dormienza fino alla maturazione del frutto. I risultati indicano che la dormienza delle gemme persiste fino alla fine di gennaio, con un rapido sviluppo vegetativo che inizia a febbraio. La fioritura avviene ad aprile con una durata media di 12 giorni, seguita dalla formazione del frutto da maggio ad agosto. La maturazione del frutto e del seme si completa tra agosto e ottobre, con la successiva entrata in dormienza della pianta.
Rispetto al clima australiano, le fasi fenologiche in Sicilia sono influenzate dalle temperature stagionali più estreme, con inverni più freddi ed estati più calde, che possono modificare i tempi di sviluppo della pianta. La scala BBCH sviluppata per M. integrifolia x tetraphylla cv. Beaumont include 32 fasi di crescita, risultando comparabile con le scale esistenti per altre specie arboree come il nocciolo e il noce pecan. L’adozione di questa scala consente di uniformare le osservazioni nei diversi ambienti di coltivazione e di valutare la risposta della pianta ai cambiamenti climatici. Sebbene lo studio fornisca una prima classificazione fenologica della macadamia (foto pianta qui accanto – clicca qui per ingrandire) in ambiente mediterraneo, ulteriori ricerche sono necessarie per approfondire la fioritura e la maturazione del frutto in condizioni climatiche variabili. In conclusione, la scala BBCH per M. integrifolia x tetraphylla cv. Beaumont rappresenta un importante strumento per l’ottimizzazione della gestione colturale, l’adattamento della specie a nuovi ambienti e l’analisi dell’impatto del cambiamento climatico sulla sua fenologia
Tornando più agli aspetti economici, le noci di macadamia sono considerate prodotti di lusso e molti consumatori europei le ritengono ancora troppo costose. Nei prossimi anni, anche grazie alla sua diffusione e conoscenza del prodotto, si prevede una diminuzione dei prezzi, che potrebbe portare a un aumento del consumo.
Il gruppo dei ricercatori che hanno portato avanti lo studio
I costi di impianto e gestione di una coltivazione di macadamia in Italia non sono facilmente stimabili, a causa di superfici ridotte e della mancanza di esperienze della sua coltivazione nel nostro paese. Tuttavia, è possibile fare un confronto con la coltivazione del nocciolo, una pianta da frutto a guscio più comune in Italia. I costi di impianto per ettaro di un noccioleto variano tra 5.000 e 7.000 euro, mentre i costi di manutenzione e gestione si aggirano intorno ai 3.000-4.000 euro all’anno. Le produzioni medie sono di circa 2.500-3.000 kg per ettaro, con un prezzo medio in guscio di circa 2,7 euro/kg.
Tuttavia, è importante sottolineare che questi dati si riferiscono al nocciolo e potrebbero non essere direttamente applicabili alla macadamia. Infatti, essendo considerata un prodotto di lusso, il prezzo di 1 kg di macadamia si aggira tra i 28 e 60 euro al chilogrammo.
In conclusione, la coltivazione della macadamia in Italia presenta diverse sfide, tra cui l’adattamento climatico e la mancanza di dati specifici sui costi e sulla gestione. Considerando la crescente domanda europea e l’interesse per prodotti alimentari salutari e innovativi, potrebbe essere utile approfondire il potenziale adattativo e produttivo di questa coltivazione nel panorama italiano.
Alla ricerca hanno collaborato Pasquale Roppolo, Roberta Passafiume, Ilenia Tinebra, Vittorio Farina (Università di Palermo); Giulia Salsi (Università di Palermo/Scuola Universitaria Superiore di Pavia).
Per maggiori informazioni:
Prof. Vittorio Farina
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