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MILANO «Sono stato minacciato da Orazio Desiderato con un coltello alla gola. Pochi giorni fa mi ha fatto una videochiamata dicendomi che, se non avessi pagato 40mila euro dei debiti della mia società, e se mio figlio non gli avesse intestato la proprietà di un immobile, avrebbe ammazzato me, mio figlio, mia moglie e mia madre». Il racconto di un rapporto travagliato, tra business e rivendicazioni. E, soprattutto, soldi da restituire. Tantissimi. A parlare davanti ai magistrati della Dda di Milano non è un soggetto qualunque, ma l’ex braccio destro di Orazio Desiderato, Claudio Agostino Romeo (cl. ’72), deciso ad avviare un percorso di collaborazione perché «non vivevo più» e perché «ho ricevuto minacce per me e per la mia famiglia». Desiderato, vibonese classe 1974, è «protagonista nel traffico internazionale di droga a Milano, ma anche nei business finanziari» secondo l’ultima inchiesta della Distrettuale antimafia. Ma, soprattutto, sarebbe legato al clan Mancuso di Limbadi perché nipote di Zi ‘Ntoni Mancuso.
Quelli che sarebbero emersi, secondo gli inquirenti, sarebbero ipotesi di usura commesse da Desiderato ai suoi danni. Come emerso dall’inchiesta, infatti, Romeo per poter restituire il denaro ottenuto in prestito da Francesco Orazio Desiderato, con tassi di natura usuraria definiti da Desiderato “prestiti con guadagno”, sarebbe stato costretto a cedere, oltre a cospicue somme di denaro, beni mobili e immobili come orologi e le quote della società Relocation S.r.l. del figlio, ma anche a svolgere diversi lavori edili a vantaggio di soggetti vicini allo stesso Desiderato, i cui proventi venivano pagati a quest’ultimo. Come raccontato da Romeo, in particolare, l’uomo avrebbe chiesto a Desiderato un prestito di 200mila euro, dovendone restituire 500mila. «Successivamente me ne hanno prestati altri 200mila, con l’accordo di restituirne 300mila».
Romeo agli inquirenti racconta, poi, i dettagli sul debito maturato con Desiderato. A causa del Covid, infatti, «il mio canale della marijuana si fermò e trovai un secondo canale, il quale voleva essere pagato in contanti». In questa circostanza Romeo ottenne un prestito da 60mila euro da Desiderato, poi restituito, più una percentuale di 6mila euro. Degli albanesi avrebbero poi proposto a Romeo l’acquisto di «un fumo molto pregiato», ma è qui che sarebbero iniziati i primi problemi. Il collaboratore racconta di aver chiesto 150mila euro a Desiderato, cifra che non riuscì a restituire perché la partita di droga è «scoppiata» andando a male perché «fu tenuta nascosta in un posto troppo caldo». Poi la richiesta di altri 50mila euro per l’acquisto di un terreno ha fatto lievitare il debito a 200mila euro, che sarebbero diventati poi 300mila. «Questa somma venne applicata da Desiderato perché dalla costruzione dell’immobile che dovevo realizzare a Meda, avrei guadagnalo circa 900.000 euro, pertanto, mi chiese di riconoscergli 1/3 degli utili», ha raccontato Romeo agli inquirenti. In cambio «mi avrebbe sostenuto economicamente se avessi avuto bisogno di altro denaro e per qualsiasi altra cosa, intendendo una “protezione”». Le cose, però, non vanno come previsto per problemi legati alle autorizzazioni e così, senza neanche aver cominciato i lavori, Romeo si trovava costretto a restituire mezzo milione di euro al calabrese. «Non avendoli, Orazio mi diede altri due mesi di tempo, chiedendomi però di ristrutturare la casa di un calabrese zoppo residente a Cinisello Balsamo; poi di tale Carmelo di origini siciliane e realizzare un autolavaggio al distributore in viale Fulvio Testi a Milano, che aveva acquisito e intestato ad una ragazza». (NE ABBIAMO SCRITTO QUI)
Grazie a questi lavori, dunque, Romeo era riuscito a restituire al calabrese 210mila euro, e quindi fu costretto a consegnargli ben 4 orologi di valore ingente: un Audemars Piguet in oro giallo, valutato 135mila euro e tre Rolex Daytona per un valore che Desiderato gli avrebbe riconosciuto di 185mila euro. «I lavori del terreno a Meda però non partirono» racconta Romeo ai pm «ma comunque restituii i soldi e dopo due o tre mesi iniziai i lavori. Tuttavia, avendo pagato quella somma di denaro e non avendo altri lavori in corso, mi trovai un po’ in difficoltà economiche». E così «Desiderato mi propose un prestito di 200.000 euro da restituire entro un anno con l’aggiunta di 100.000 euro ed io accettai». Poi, da Romeo, una precisazione: «I soldi me li dava sempre un tale Roberto che lavora presso il demolitore di Cormano di Desiderato, ed è marito della segretaria Masha. Desiderato non tocca mai i soldi o la droga». Il riferimento in questo caso è agli altri due indagati nell’inchiesta, la russa Maria Savelieva e il marito Marco Roberto De Gaetano.
Come raccontato da Romeo, «alla fine ho dovuto cedere la mia società con tutti i lavori già intrapresi». «La mia società aveva dei debiti ed inizialmente mi avevano garantito che avrebbero ottemperato loro ai miei debiti e pertanto accettai e diedi la società di mio figlio a Saverio Lo Mastro. Nonostante gli accordi, mi hanno costretto a pagare anche i debiti societari. Ad oggi ho pagato 90mila euro perché nel frattempo i debiti sono lievitati» e alla fine, come raccontato dal collaboratore di giustizia, sono arrivate le minacce nei suoi confronti e della sua famiglia da parte di Desiderato. «Non ho paura per me quanto per mia moglie e mio figlio, in considerazione della pericolosità di Desiderato e delle persone di cui si circonda». (g.curcio@corrierecal.it)
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