Olivero: “Non arrendersi al male, la bontà è disarmante”

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 


Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, riflette su guerra, pace e speranza. Denuncia la falsa normalità del riarmo e invita a riconoscere il bene nascosto: “La bontà è disarmante e salva il mondo, senza trionfalismi, ma con la vita quotidiana”

(Foto Calvarese/SIR)

La guerra e la pace. La disperazione e la speranza. La morte e la vita. E poi, gli altri: i senza dimora, i disperati, gli smarriti, quelli che hanno perso tutto. E quelli che bussano in cerca di ascolto e di aiuto. La grande storia che sembra precipitare verso il baratro. Le piccole storie che arrancano dal mattino per arrivare a sera. Dal Sermig, dall’Arsenale della Pace di Torino, quanto sta accadendo nel mondo si intreccia con la quotidianità difficile e con la voglia di riscatto. E, soprattutto, con il desiderio di guardare oltre il male. Ed è con questo desiderio, che si fa forza, che Ernesto Olivero – fondatore e anima del Servizio missionario giovani – dialoga con il Sir sul mondo di oggi.

Il mondo sembra travolto dai venti di guerra. È possibile che non ci si renda conto del pericolo che stiamo correndo?
Credo che ci si renda conto del pericolo, ma senza percepire la vera posta in gioco. È incredibile come in pochi anni si siano erosi valori e principi dati per assodati: il multilateralismo, il diritto internazionale, l’idea della guerra come ultima possibilità. Oggi sembra normale parlare di riarmo, di legge del più forte, di morte. Io dico che tutto questo non è normale e che noi non dobbiamo abituarci a questa falsa normalità. Proprio quando il presente si fa più oscuro, chi crede nella pace ha il compito di provare a essere luce, anche flebile, ma sempre luce.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Qual è il messaggio che arriva dall’Arsenale della Pace?
Non c’è un solo messaggio. Sono tanti. Prima di tutto, l’Arsenale della Pace è la testimonianza vivente che il male non ha l’ultima parola. Una fabbrica di armi che ha seminato morte nelle guerre del Risorgimento e nelle guerre mondiali oggi è diventata una casa di vita. Se questo vale per delle mura, perché non può valere per le persone, le società, i rapporti tra gli Stati? Chi passa da qui, chi conosce cosa si fa qui, comprende quanto è grande la forza della bontà. Lo abbiamo anche scritto: la bontà è disarmante. Al tempo stesso, dobbiamo essere molto chiari e onesti: la pace non è una parola, non è uno slogan da gridare nelle piazze. Soprattutto oggi.

Che cos’è la pace?
La pace deve essere un fatto e una scelta, radicati nel perdono e nella giustizia. Bisogna farsi carico di chi ha sofferto, di chi è stato aggredito, di chi piange i morti da entrambe le parti.

Non tutti hanno la forza per farlo.
Certamente. Serve tempo. Servono perseveranza e condivisione.

Siamo nel pieno del Giubileo della Speranza. È possibile davvero sperare in un mondo diverso?
Esiste un’alternativa alla speranza? Sì, ma si chiama disperazione, odio, rabbia. Non si va da nessuna parte. La speranza è alla nostra portata, ma non è un pensiero magico: dobbiamo sceglierla, alimentarla, sostenerla. Per me la speranza è trovarsi di fronte a una persona che piange, a un problema, a un dolore, e non dire mai: “Che pena!”, ma “Cosa posso fare? Cosa posso fare per te?”. Se questo atteggiamento diventa uno stile comune e condiviso, il mondo cambia.

Dialogo, accoglienza, condivisione, pace. Al Sermig sono quotidianità di vita, mentre fuori dal Sermig appaiono lontani. È così?
Per fortuna, credo che siano tante le realtà e le persone che cercano di vivere questo stile. Esiste un bene nascosto, a cui spesso non pensiamo e che facciamo fatica a riconoscere. Il bene di chi accoglie, non lascia indietro nessuno, non ha paura di pagare di persona per difendere un ideale. Potrei citare decine e decine di storie e di gesti che me lo ricordano. Io credo che sia proprio questo bene a salvare il mondo, a non chiuderlo nella disperazione totale. Impariamo a riconoscerlo, a farlo nostro, ad alimentarlo, senza trionfalismi, con la vita, semplicemente.

In conclusione, viviamo in un mondo che sembra diretto verso il baratro e intorno a noi tutto alimenta un clima di paura e incertezza. Sembra quasi che Dio sia “distratto”. E l’umanità fragile, cosa può fare?
Il Signore non si distrae mai, cammina con noi, non ci lascia anche quando pensiamo che non ci sia. Dio per me è una certezza. Me ne sono innamorato e mi commuove pensare che, come dice Gesù, Dio ha una tale fiducia in noi da dirci che possiamo fare cose più grandi di lui. Dio opera così nel mondo, attraverso la nostra commozione, la nostra voglia di costruire, di cambiare, di non arrenderci al male e alla paura. Nei momenti di difficoltà non dobbiamo mai perdere di vista questa consapevolezza. Facciamo tutto il possibile, non dimentichiamolo!





Source link

Prestito personale

Delibera veloce

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link