Sanità pubblica in crisi: dimissioni record tra medici e infermieri a Verona

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La sanità pubblica veronese è in affanno. Negli ultimi tre anni, 484 medici hanno lasciato il sistema sanitario pubblico tra Ulss 9 e Aoui Verona, con una media di oltre 160 dimissioni all’anno. Di questi, meno di un terzo ha lasciato per pensionamento, mentre la maggior parte ha rassegnato dimissioni volontarie senza diritto alla pensione, evidenziando un fenomeno sempre più preoccupante. Il 60% dei medici dimessi da Ulss 9 e il 54% di quelli dell’Aoui hanno scelto di lasciare il proprio incarico prima dell’età pensionabile, segno di una crescente insoddisfazione per le condizioni di lavoro.

Non va meglio per il personale di comparto, che comprende infermieri, operatori sociosanitari, tecnici e altre figure sanitarie. Rispetto alle ultime elezioni RSU del 2022, a marzo 2025 si registrano 202 unità in meno in Ulss 9 e 68 in Aoui. Un rapporto di Fp Cgil Verona, pubblicato a settembre 2024, segnala che solo nell’ultimo anno e mezzo si sono verificate 386 cessazioni di contratto in Ulss 9, circa l’8% dell’organico. Le dimissioni volontarie (172 casi) superano persino i pensionamenti (169), diventando la prima causa di abbandono del settore. Anche figure specializzate come assistenti sanitari, dietisti, fisioterapisti, tecnici di laboratorio e terapisti occupazionali stanno lasciando il servizio pubblico, rendendo sempre più difficile garantire la continuità assistenziale.

Secondo Antonio De Pasquale, segretario generale di Fp Cgil Verona, la situazione è ormai insostenibile. Retribuzioni inadeguate, turni massacranti e la difficoltà di conciliare lavoro e vita privata sono le principali cause di questo esodo. La qualità del lavoro è talmente degradata che spesso medici e infermieri sono costretti a portarsi il lavoro a casa, con livelli di stress sempre più elevati. La situazione è peggiorata con l’introduzione del Sistema Informativo Ospedaliero (SIO), che ha aumentato ulteriormente la pressione sugli operatori. Di fronte a queste difficoltà, molti professionisti scelgono di lasciare il pubblico per passare al privato, dove stipendi più alti, orari meno gravosi e minori responsabilità rendono il lavoro più sostenibile.

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Simone Mazza.

La questione economica è uno dei nodi principali. Simone Mazza, responsabile Sanità della Fp Cgil Verona, sottolinea come il salario di un infermiere italiano sia pari alla media nazionale dei lavoratori, mentre negli altri Paesi OCSE risulta superiore del 20%. Il potere d’acquisto, in termini reali, è drasticamente inferiore rispetto ad altri paesi, rendendo sempre meno attrattivo lavorare nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Il problema si è aggravato con il recente rinnovo del Contratto Nazionale della Sanità Pubblica, discusso al tavolo di Aran, che ha proposto risorse economiche insufficienti a recuperare anche solo un terzo dell’inflazione degli ultimi anni. Per i sindacati si tratta di una scelta inaccettabile, che dimostra il chiaro intento di spingere il personale sanitario verso il settore privato, a scapito della sanità pubblica.

Secondo i dati ufficiali della Regione Veneto, riportati nella Delibera di Giunta 960 del 13 agosto 2024, il fenomeno delle dimissioni inattese è in crescita. Nel 2023, il 54% delle dimissioni del personale infermieristico e il 67% di quelle mediche erano inattese, mentre nel caso degli operatori sociosanitari (OSS) il dato si attestava al 37%. Questi numeri, già allarmanti, risultano in netto aumento rispetto all’epoca pre-Covid, quando le dimissioni inattese riguardavano appena l’1% del personale sanitario. La stessa delibera regionale riconosce che, anche ipotizzando un ritorno ai livelli pre-pandemia, il problema della carenza di personale non si risolverebbe prima del 2044, considerando il ritmo attuale delle nuove assunzioni.

Se non verranno adottate misure concrete per migliorare le condizioni di lavoro e retributive, la sanità pubblica rischia di collassare. Le giovani generazioni di medici e infermieri vengono messe in fuga da un sistema che non offre stabilità, tutele e prospettive di crescita, mentre il territorio e il Paese perdono competenze difficili da rimpiazzare.

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