Il lavoratore che rientra in Italia dall’estero, in presenza dei requisiti richiesti dall’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23, può godere del regime impatriati senza necessità di verificare il requisito del collegamento funzionale. Nella precedente versione del regime (ex art. 16 D.Lgs. n. 147/15) l’Amministrazione finanziaria riteneva necessaria la presenza di un collegamento (nesso causale) tra il trasferimento della residenza in Italia del lavoratore e quello di inizio dell’attività lavorativa.
Il previgente orientamento con il nesso tra rientro ed attività lavorativa
Si tratta, in buona sostanza, di un cambiamento di orientamento dell’Amministrazione finanziaria, la quale, anche in assenza di una previsione normativa, aveva previsto un periodo minimo che doveva intercorrere tra rientro in Italia ed avvio dell’attività lavorativa.
Questo orientamento si riscontra già dalla Circolare n. 17/E/17 (Parte II, § 3.1) e dalla successiva Circolare n. 33/E/20 (§1), e nel tempo ha portato anche all’instaurazione di alcuni contenziosi (vedasi la posizione della C.G.T. I Roma 20 febbraio 2024 n. 2399/8/2024 e quella opposta della C.G.T. Milano 2787/10/2023). Questo tipo di orientamento stringente si riteneva applicabile, anche alla nuova versione dell’agevolazione. Tuttavia, l’apertura in commento porta nuove opportunità per i soggetti rientrati in Italia a partire dallo scorso 1° gennaio 2024.
Assenza di nessun funzionale per i nuovi impatriati
L’Agenzia delle Entrate cambia orientamento sulla questione del nesso funzionale con la risposta ad Interpello n. 66/E/2025 del 6 marzo 2025, sul nuovo regime ex art. 5 D.Lgs n. 209/23.
La questione affrontata dall’Amministrazione finanziaria ha ad oggetto un cittadino italiano che rientra in Italia dall’estero con un datore di lavoro diverso da quello per il quale lavorava all’estero. Tuttavia, il trasferimento in Italia è avvenuto qualche mese prima rispetto all’inizio della nuova attività lavorativa. In questo periodo il soggetto ha continuato a lavorare in Italia, da remoto, per il datore di lavoro estero.
Nel caso oggetto di interpello il lavoratore era stato residente all’estero per quattro periodi di imposta. Pertanto, l’attività di lavoro da remoto in Italia nei primi mesi del rientro non può rientrare nel perimetro dell’agevolazione. Tuttavia, secondo l’Agenzia, questo aspetto non preclude al lavoratore la possibilità di beneficiare del regime impatriati per il reddito prodotto alle dipendenze del nuovo datore di lavoro. Questo, in quanto, viene a verificarsi il requisito della residenza estera pregressa di tre periodi di imposta.
Pertanto, è possibile concludere che vi sia stato un cambiamento di orientamento dell’Amministrazione finanziaria, la quale specifica chiaramente che:
ai fini dell’applicazione del nuovo regime, non è più necessario verificare la sussistenza di un collegamento ”funzionale” tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l’inizio di un’attività lavorativa dalla quale derivi un reddito agevolabile, prodotto in Italia, diversamente da quanto chiarito con riferimento al previgente ”regime speciale per lavoratori impatriati”
Non è necessario, dunque, che al rientro in Italia sussistano i requisiti previsti dalla norma, potendo gli stessi maturare anche successivamente. In tal caso, il contribuente ha la possibilità di applicare il regime impatriati al ricorrere dei requisiti previsti per i residui periodi di imposta di fruizione dell’agevolazione, che si applica per ciascun periodo d’imposta in cui i requisiti sussistono.
Maturazione dei requisiti successivamente al rientro
L’aspetto maggiormente interessante di questa nuova posizione dell’Amministrazione finanziaria riguarda la possibilità di poter maturare i requisiti dell’agevolazione anche successivamente al rientro in Italia. Tuttavia, sembra che questa possibilità riguardi solo l’eventuale attività lavorativa iniziata successivamente al rientro e che, al momento del rientro in Italia, aveva i requisiti.
Nel caso oggetto di interpello la nuova attività lavorativa in Italia, permette il regime agevolato perché il lavoratore al momento del rientro aveva i requisiti per poterla effettuare (in particolare i tre anni di residenza estera). Pertanto, occorre prestare comunque attenzione, come sempre, alla verifica dei requisiti della stessa agevolazione al momento del rientro in Italia.
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La possibilità di applicare l’agevolazione richiede una attenta attività di pianificazione del rientro in Italia in modo da valutare la propria situazione personale e nel caso prepararsi nel migliore dei modi ai possibili futuri accertamenti che l’Agenzia delle Entrate. Considerata l’impossibilità di presentare interpelli probatori, il fatto di precostituire un fascicolo documentale preventivo potrebbe essere importante per tutti gli impatriati.
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