Prezzo trasparente in agricoltura: il biologico apre la strada

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È stata lanciata da NaturaSì, la maggior catena di negozi del biologico in Italia, la campagna “Sosteniamo l’agricoltura” per un prezzo trasparente che aumenti la consapevolezza e la capacità di scelta.

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È stata lanciata da NaturaSì, la maggior catena di negozi del biologico in Italia, la campagna “Sosteniamo l’agricoltura” per un prezzo trasparente che aumenti la consapevolezza e la capacità di scelta.

«La corsa al ribasso dei prezzi del cibo ha conseguenze devastanti per l’agricoltura. Negli anni Settanta, in media, il 19% del prezzo del pane andava all’agricoltore; oggi è solo il 4% – spiegano da NaturaSì – Quasi cinque volte più basso. Lo stesso accade per molti altri alimenti mentre i costi di produzione continuano a salire. Occorre invertire la tendenza, ripagando il lavoro di chi produce». A chiederlo è appunto il mondo del biologico, che lavora affinché venga riconosciuto il “giusto prezzo” dei cibi.
La campagna “Sosteniamo l’agricoltura” parte dal progetto di trasparenza sui prezzi avviato da NaturaSì. Su alcuni prodotti, accanto al prezzo finale, viene indicato il valore corrisposto agli agricoltori e ai trasformatori. Passata di pomodoro, pane, ma anche finocchi, arance da spremuta e kiwi: su alcune categorie il compenso per i produttori arriva a quasi il 50% del prezzo pagato alla cassa.
A discutere su come avviare un percorso virtuoso sul giusto prezzo del cibo a partire dal bio, sono stati a Roma Fabio Brescacin, presidente e fondatore di NaturaSì; Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio; Silvia Schmidt, Policy Manager di IFOAM Organics Europe e Ueli Hurter, responsabile della sezione agricoltura biodinamica presso il Goetheanum di Dornach (CH).
Erano inoltre presenti le principali associazioni agricole, gruppi cooperativi e rappresentanti del settore accademico: l’obiettivo è di avviare un confronto aperto per costruire un sistema che riconosca il giusto valore al lavoro di tutti gli agricoltori e renda il consumatore più consapevole.
«Occorre una rivoluzione del sistema – ha detto Fabio Brescacin – Il mondo agricolo è in crisi: solo in Europa, negli ultimi 15 anni, sono sparite oltre 5 milioni di aziende agricole. Tra il 2005 e il 2020, quasi il 40% delle attività ha abbandonato i campi. Per invertire questa tendenza, l’agricoltura deve tornare attrattiva soprattutto per i giovani. Per farlo bisogna garantire loro un reddito dignitoso e il rispetto per il lavoro dell’agricoltore. L’agricoltura biologica dimostra che un’altra strada è possibile. Il grano duro biologico di NaturaSì viene pagato all’agricoltore 45 centesimi al chilo, contro i 30 centesimi della filiera convenzionale».

Per valorizzare il lavoro agricolo, NaturaSì ha scelto di rendere trasparente, come detto, la composizione del prezzo di alcuni prodotti chiave. Ad esempio, su 3,98 euro pagati per un chilo di finocchi, circa la metà (1,80 euro) vanno direttamente all’azienda agricola e il resto per logistica e trasporto, costi del punto vendita, controllo qualità, anche con agronomi in campo. La stessa cosa viene applicata a passata di pomodoro e pane, alle arance da spremuta e ai kiwi, con una comunicazione chiara in negozio, e non solo, per informare consumatori, associazioni di categoria e istituzioni.
«Garantire un giusto reddito agli agricoltori è la base per il futuro del settore ed è fondamentale che iniziative come queste siano supportate proprio dal biologico. Il bio si fonda sull’agroecologia, un metodo che guarda alla tutela dell’ambiente, della biodiversità insieme all’equità sociale. È quindi significativo che un progetto come il “prezzo trasparente”arrivi da un’azienda storica del mondo del bio», ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. «Il giusto prezzo non è solo una questione economica, ma anche etica e sociale. Servono misure strutturali per tutelare gli agricoltori e garantire loro un compenso adeguato, in linea con i costi di produzione. Su questo dobbiamo lavorare tutti insieme, istituzioni, associazioni di categoria, imprese della filiera del bio affinché il giusto prezzo diventi una priorità nelle politiche agricole e commerciali».
A pagare il prezzo di una politica sbilanciata non sono solo gli agricoltori, ma anche il benessere delle persone e dell’ambiente: secondo la FAO, i costi nascosti della produzione alimentare a livello mondiale sfiorano i 13 mila miliardi di dollari, di cui il 73% legato a danni alla salute. Un prezzo più basso sugli scaffali significa uno più alto per le persone.
Il tema riguarda tutta l’Europa. Silvia Schmidt, Policy Manager di IFOAM Organics Europe, ha ricordato che il valore di un prezzo trasparente è stato riconosciuto anche dalla Commissione europea, che ha istituito l’Osservatorio della filiera agroalimentare (AFCO) per aumentare la trasparenza su costi e margini, aiutando gli agricoltori a prendere decisioni più consapevoli sul loro futuro. «La trasparenza nella formazione e condivisione dei costi è un elemento chiave per stimolare fiducia ed equità nel sistema alimentare», ha sottolineato Schmidt.
«L’agricoltura, settore primario, è un caso economico particolare perché il suo valore aggiunto deriva proprio dal lavoro diretto con la natura – ha ricordato Ueli Hurter, responsabile della sezione agricoltura biodinamica presso il Goetheanum di Dornach – Quindi, quel costo diretto più alto, per l’agricoltore biologico va a compensare il lavoro a tutela e salvaguardia della natura stessa. Non ci sono quindi altri costi nascosti generati dallo sfruttamento irresponsabile delle materie prime».
Protagonisti della campagna anche alcuni degli agricoltori dell’ecosistema NaturaSì, come Dora Brio che coltiva ortaggi bio in provincia di Matera: «Un giusto prezzo permette a noi agricoltori di produrre cibo di qualità e di lasciare terreni coltivabili alle generazioni future: un sostegno necessario soprattutto in tempi di crisi climatica».
Con questa campagna, NaturaSì avvia un percorso di sensibilizzazione rivolto a tutto il settore agroalimentare. «Non diciamo che oggi il nostro prezzo sia giusto, ma vogliamo rendere chiaro il valore riconosciuto ai diversi attori della filiera – ha concluso Brescacin – Costruire un sistema alimentare più equo e sostenibile è una responsabilità condivisa. Scegliere cosa mettere nel carrello è un gesto che può fare la differenza».



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