“L’azienda agricola Bio Ferrarini nasce nel 1997 dalla passione, mia e di mia sorella Monica, per l’agricoltura, ma soprattutto per la voglia di produrre cibi sani, sostenibili e di alta qualità. Rappresentiamo la quinta generazione di agricoltori”, dichiara Andrea Ferrarini, commerciale e responsabile della produzione dell’azienda. “Sorgiamo nel comune di Mirandola, situato nella bassa modenese e terra dei Pico, una zona altamente vocata alla produzione di ortofrutta. Abbracciamo i principi dell’agricoltura biologica sin dalla nascita dell’azienda, operando nel pieno rispetto dell’ambiente e della natura che, insieme a trasparenza e genuinità, rappresentano la nostra mission aziendale. Intorno al 2017, abbiamo cominciato con il metodo di coltivazione biodinamico. Oggi gestiamo oltre 150 ettari dedicati interamente alla coltivazione biologica-biodinamica. Di questa superficie, circa il 10% è riservato alla promozione della biodiversità”.
Il direttore di Demeter Italia Giovanni Buccheri insieme ad Andrea Ferrarini, commerciale e responsabile produzione della Bio Ferrarini, in occasione di Sana Food 2025
“Tra il 1995 e il 1996, mia sorella e io abbiamo intrapreso un’avventura unica, avviando una coltivazione biologica in una zona dove questo metodo non era ancora diffuso. Abbiamo iniziato con una decina di ettari, affrontando l’intero processo di conversione – spiega Ferrarini – Fortunatamente, abbiamo trovato un partner nella Grande distribuzione, Natura Sì, che ci ha sostenuto. Il nostro prodotto di punta è stato il fagiolino, una coltura che conoscevamo bene grazie all’esperienza di nostro padre. Oggi, la nostra produzione include anche patate, cipolle, aglio, scalogno, meloni, pomodori e angurie. Stiamo anche portando avanti un interessante progetto con la barbabietola da zucchero biologica e coltiviamo soia, grano duro e grano tenero”.
Parlando della sua vita, Ferrarini condivide un aneddoto particolare in relazione a quella che è la sua attuale posizione lavorativa: “Da bambino trascorrevo molto tempo in campagna con mio padre. Tuttavia, intorno ai 12-13 anni, ho iniziato a sviluppare intolleranze a certi principi attivi e questi problemi mi hanno spinto a cambiare il mio percorso. Dopo il diploma in elettrotecnica e il periodo di leva, ho trascorso tre anni al mercato ortofrutticolo di Bologna, vivendo un’esperienza di vita che mi ha arricchito molto e mi ha permesso di stare dal lato opposto alla produzione. È stato proprio durante questo periodo che ho scoperto nuove possibilità legate a metodi alternativi di coltivazione”.
Oltre a quella biologica, l’azienda ha ottenuto anche altre certificazioni: Biosuisse, Naturland, GlobalGAP e GRASP. Ultima, ma non meno importante, quella Demeter. “Non solo sosteniamo le buone pratiche agricole, ma anche quelle sociali, garantendo così ai nostri lavoratori una costante salute e sicurezza”, sottolinea Ferrarini.
“A livello di commercializzazione, siamo attivi in Paesi come Svizzera, Germania e Francia. La Svizzera è stata un punto di riferimento, per noi. Se guardiamo alle differenze tra l’Italia e la mentalità europea, potremmo dover ammettere che forse gli italiani sono ‘più distratti’, per via probabilmente di una scarsa informazione rivolta ai consumatori. In altri Paesi, ci sono associazioni di agricoltori che portano avanti un grande lavoro di sensibilizzazione. Ritengo che, con la giusta informazione, i consumatori possano fare scelte consapevoli. Se non ricevono informazioni adeguate, incontrano difficoltà nel decidere. Tuttavia, quando comprendono il lavoro che sta dietro a certi metodi di coltivazione, sono in grado di valutare correttamente”.
Andare controcorrente per un ciclo produttivo più sostenibile
“Quando ho iniziato questa avventura con mia sorella, mio padre aveva una mentalità piuttosto tradizionale. L’idea di praticare il sovescio sui nostri terreni argillosi era rivoluzionaria per lui. Abbiamo sempre utilizzato trattori da 25 cavalli per rispettare il terreno, poiché crediamo che questo ‘abbia memoria’. Era fondamentale per me introdurre il sovescio, mantenendo il terreno attivo anche in inverno, contrariamente alla convinzione di mio nonno e di mio padre che la terra dovesse ‘riposare’. Inizialmente, mio padre era scettico e contrario, ma tutto è cambiato quando ha visto i risultati in primavera: il sovescio aveva assorbito l’umidità in eccesso e il terreno era in ottime condizioni. Da quel momento, ha iniziato a fidarsi delle mie scelte. È stata una sfida, ma le prime soddisfazioni sono arrivate”, racconta Ferrarini.
“Per far crescere un’azienda agricola è essenziale avere partner che credano in te e ti supportino. La nostra fortuna è stata mantenere una filiera corta e un rapporto diretto e trasparente. Crediamo nella biodinamica e nella circolarità dell’azienda, cercando di ridurre la dipendenza da risorse esterne, come i concimi organici. Questo ha comportato sacrifici, come l’avvio di un allevamento per utilizzare al meglio le risorse interne, ma è stato un passo necessario per un ciclo produttivo più sostenibile”.
“I nostri antenati ci hanno insegnato che l’esperienza si costruisce anche attraverso gli errori. Ne ho commessi molti, ma sono stati formativi. Spero di essere un buon esempio per i giovani, nei quali ripongo grande fiducia. Il nostro lavoro non dovrebbe essere visto solo come un business, ma come una passione. Di fronte alle avversità, come le calamità naturali, è la passione che ci spinge a continuare. Dobbiamo quindi ispirare i giovani, offrendo loro l’opportunità di vivere in modo autentico e appassionato ciò che fanno. La nostra responsabilità non dovrebbe limitarsi a concentrarsi esclusivamente sul business. Certo, è importante garantire il proprio sostentamento, ma credo che sia possibile praticare un’agricoltura sostenibile e, allo stesso tempo, redditizia. Questo è ciò che vorrei trasmettere alle nuove generazioni”.
Non solo fresco, ma anche trasformato
“L’idea dei nostri prodotti trasformati nasce credendo davvero nella famosa frase ‘No waste’, cercando di dare una vita a tutto ciò che non può arrivare a scaffale per il consumatore. Lo spreco di cibo non rappresenta solo una perdita di alimenti, ma anche uno spreco di risorse come suolo, acqua, ambiente e denaro. In base a questo principio, nasce il nostro progetto dell’aglio sgranato. Abbiamo deciso di proporre un prodotto innovativo, sostenibile anche nel packaging, riciclato e riciclabile. Selezionando accuratamente ogni singolo spicchio e confezionandoli in un box dosatore, comodo da riporre in frigo, abbiamo dato nuova vita al prodotto. Basta, infatti, uno spicchio per scartare un’intera testa d’aglio. Spesso ci si ritrova anche ad avere produzioni sotto al calibro di commercializzazione. Questo significa sprecare il 100% di una referenza, per un danno del 5%”.
Lo stesso approccio è stato utilizzato anche per meloni e angurie. “Mentre diamo una seconda vita ai fagiolini e agli altri prodotti attraverso l’alimentazione animale, per meloni e angurie abbiamo sperimentato una tecnica di disidratazione lenta, che richiede circa tre settimane. Questo processo riduce il peso originale del prodotto al 5%. Da qui è nata l’idea di creare uno snack per le nuove generazioni, chiamato ‘Bibi Bio’. Tale progetto coinvolge l’uso di grani, frutta (melone e anguria disidratati) e lievito madre, sviluppato con la collaborazione di amici esperti nella panificazione”, conclude Ferrarini.
Per maggiori informazioni:Andrea Ferrarini – commerciale e responsabile produzione
+39 348 7043694
[email protected]
Bio Ferrarini / Az. Agr. Ferrarini Monica
Via Guagnellina 5
41037 Quarantoli di Mirandola (MO) – Italy
www.bioferrarini.com
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