Dazi Usa: la zappa sui piedi?

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di Maurizio Sacchi

Il 4 febbraio Trump ha imposto nuovi dazi sui beni provenienti da Messico, Canada e Cina, i tre maggiori partner commerciali degli Stati Uniti, che rappresentano più di un terzo dei prodotti importati negli Stati Uniti, e da cui dipendono  decine di milioni di posti di lavoro americani.Tutti i beni importati da Canada e Messico sono ora soggetti a una tariffa del 25 percento, ad eccezione dei prodotti energetici canadesi, per cui il dazio é del 10 percento. Per quanto riguarda la Cina, il mese scorso è entrata in vigore la tariffa iniziale del 10 percento, e ora i dazi sono al 20 percento. 

La Cina ha reagito imponendo a sua volta dazi   fino al 15 percento su alcuni prodotti agricoli statunitensi e imposto misure commerciali punitive a 15 aziende americane, tra cui il produttore di droni Skydio. Ha inoltre aggiunto altre 10 aziende americane a quella che ha definito una “lista di entità inaffidabili”, impedendo loro di fare affari in Cina. Ha inoltre imposto restrizioni all’esportazione di alcuni minerali essenziali, molti dei quali vengono utilizzati nella produzione di prodotti ad alta tecnologia. 

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In Messico I settori più colpiti sono quelli delle auto e delle apparecchiature elettriche, mentre in Canada lo é la lavorazione dei minerali, tra cui l’alluminio, di cui il Paese é il 4° produttore al mondo, dopo Russia, Cina e India. Anche i due vicini degli Usa hanno annunciato dazi punitivi sui prodotti a stelle e strisce – il Messico li renderà noti domenica prossima – e la maggior parte degli analisti ha previsto che tutto ciò porterà a un balzo dell’inflazione negli Stati uniti.  Anche quando, durante il suo primo mandato, Trump ha imposto dazi alla Cina gli studi economici hanno evidenziato che la maggior parte di quei costi è stata scaricata ai consumatori americani, uno scenario che probabilmente si ripeterà. Ciò potrebbe significare prezzi più alti nei supermercati, i concessionari di automobili e alla pompa di benzina. C’è anche il rischio di “prezzi opportunistici”, ovvero le aziende potrebbero usare i dazi come scusa per aumentare i prezzi anche più del necessario.

Secondo gli economisti di S&P Global. Negli Stati Uniti, i rischi maggiori riguardano l’agricoltura, la pesca, la produzione di metalli e di automobili. Circa il 60 percento del petrolio che gli Stati Uniti importano proviene dal Canada. Le tariffe sull’energia canadese, sebbene inferiori rispetto ad altre importazioni, potrebbero provocare un aumento dei prezzi alla pompa, soprattutto nel Midwest, dove le raffinerie trasformano il petrolio canadese in benzina e gasolio.

Tutte queste misure protezionistiche dovevano entrare in vigore da un mese, ma l’amministrazione Usa le aveva sospese, secondo la versione ufficiale per stimolare una risposta repressiva sul traffico del fentanyl, la micidiale droga che miete decine di migliaia di vite nella Repubblica stellata. Gli ultimi dati statistici indicano un calo nei decessi, ma gli esperti negano che ciò sia da collegare a maggiori controlli delle frontiere, e indicano nelle politiche di prevenzione e di assistenza sanitaria sui consumatori la causa di questo parziale mglioramento. In ogni caso, data la quasi impossibilità di bloccare il traffico del micidiale oppiaceo, incolore, inodore, e ad altissima concentrazione, l’accusa trumpiana a Canada e Cina di favorirne l’afflusso in Usa risulta pretestuosa. I dazi hanno soprattutto l’obiettivo di tentare di riequilibrare la bilancia commerciale, da decenni negativa per Washington. Ma l’imposizione di tariffe da parte degli Stati Uniti “infliggerà un duro colpo al dialogo e alla cooperazione antidroga”, ha affermato Lin Jian, portavoce del Ministero degli Affari Esteri cinese, in una conferenza stampa.

I massimi leader cinesi hanno cercato di proiettare fiducia nell’economia del Paese, nonostante la crescita lenta, una guerra commerciale in escalation con gli Stati Uniti e la crescente incertezza geopolitica causata dall’amministrazione Trump. il 4 di marzo, all’apertura della sessione annuale della legislatura provvisoria della Cina, Pechino punterà a espandere l’economia cinese di “circa il 5 percento” quest’anno, ha affermato il premier Li Qiang, il funzionario cinese di grado più alto dopo Xi Jinping, che ha aggiunto “[malgrado i dazi] la tendenza di fondo della crescita economica a lungo termine non è cambiata e non cambierà. La gigantesca nave dell’economia cinese continuerà a fendere le onde e a navigare costantemente verso il futuro”.

Nell’immagine, di M. Csavossy, il porto per container di Long Beach, California





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