Come diventare content creator? Cosa fa e inquadramento fiscale

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Influencer, youtuber, info-encer. Professioni nuove, apparentemente diverse, ma che da quest’anno apparterranno tutte ad un’unica dicitura: digital content creator. Dal 1° gennaio 2025 il ministero del Lavoro ha inquadrato giuridicamente tutta una serie di nuove professioni, attribuendo loro, con una circolare INPS del 19 febbraio scorso, il titolo di “Nuove professionalità digitali” e regolato la normativa fiscale al riguardo.

Professionisti con cui abbiamo a che fare tutti i giorni: vediamo i loro post sui social, li ascoltiamo nei podcast, li leggiamo quando cerchiamo come fare qualcosa su Google. Professioni che in pochi anni sono riuscite a entrare in ogni ambito della società, della comunicazione, del marketing, e persino della politica. Ma cosa fa esattamente un content creator digitale e come diventarlo?

Cosa fa il digital content creator

Innanzi tutto bisogna dire che è un professionista. Che il contenuto sia costituito da foto, video, audio o testo scritto, ciò che fa il content creator risponde ad almeno tre criteri principali che lo distinguono dai normali “utenti” che agiscono sul web o sui social:

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  • il contenuto è di alta qualità: qualsiasi cosa che il content creator fa o scrive e pubblica riguarda una materia di cui è esperto, che conosce approfonditamente;
  • la sua azione ha un’obiettivo: che sia far conoscere un brand, fidelizzare una community o semplicemente vendere un prodotto;
  • il suo lavoro è retribuito.

Tre criteri che aprono ad un’immensa dimensione di possibilità produttive, che hanno reso questa professione estremamente ricercata. Nel giro di dieci anni (molti sociologi fanno partire la rivoluzione della comunicazione digitale da quando sono iniziati a circolare gli smartphone come oggi li conosciamo) si è imposto un nuovo modo di comunicare che ha influenzato diversi ambiti della società, creando figure nuove che operassero dal campo del marketing fino a quello dell’informazione, dall’influencer all’info-encer.

Secondo il Censis, centro di ricerca italiano dalla sessantennale esperienza in campo socio-economico, ormai il 90% degli italiani sa utilizzare internet, raggiungendo anche tre quarti delle persone anziane e i quattro quinti delle persone meno istruite. Un bacino di utenza immenso, che rende potenzialmente i content creator imprenditori di se stessi.

Anche il modo di informarsi è cambiato. Sempre secondo lo studio del Censis, l’83% delle persone si informa attraverso lo smartphone, dalle news del giorno a come si svitano i bulloni.

Non basta un video o una foto. Come diventare content creator?

I contenuti sono tutto ciò che cerchiamo in rete. Qualcuno li ha creati rispettando un piano editoriale, produttivo, che risponde ai bisogni dell’utente, ed è pagato per questo. Come diventare content creator dipende, a grandi linee,  da quanto si conosce una materia e si è bravi a comunicarla.

Conoscere la materia non vuol dire non solo esserne appassionati. Significa formazione continua che deve essere estesa anche ai mezzi stessi della comunicazione, perché sia il più possibile fruibile.

Forse la più importante delle abilità di un creatore di contenuti digitali è la capacità di coinvolgere in modo efficace le persone. Lo fa mettendo in campo le proprie esperienze, capacità, la propria unicità, perché è essenziale differenziarsi in un mondo così competitivo, diventando un vero e proprio brand, oltre che un professionista competente.

Come per ogni professionista ci sono delle regole, anche fiscali

Essendo un campo lavorativo nuovo, il nostro sistema fiscale ci ha messo tre anni a comporre una normativa che andasse bene per tutti i vari tipi di lavoratori digitali. Nel frattempo avveniva che i commercialisti se la cavassero appoggiandosi a normative pensate per figure professionali simili. Uno youtuber, ad esempio, veniva assimilato al videomaker e l’influencer agli attori, generando spesso equivoci con il fisco.

A fare chiarezza, dal 1° gennaio 2025, è entrato in vigore il nuovo inquadramento per queste figure professionali e una circolare dell’INPS traccia le linee guida da seguire. In breve, ogni content creator che percepisca una remunerazione superiore ai 5000 euro deve aprire una partita IVA, come tutti i lavoratori autonomi. La novità sta nell’attribuzione di un codice Ateco dedicato, una classificazione che dice come calcolare le imposte da versare.

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Inoltre d’ora in poi sarà d’obbligo l’iscrizione alla Camera di commercio, a tutto giovamento del lavoratore, perché solo così potrà versare i contributi per la propria pensione.

Da oggi in poi, forse, proprio nessuno potrà dire i content creator non facciano un lavoro vero.



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