Il giornalismo italiano ha perso una delle sue voci più celebri ed amate dal pubblico. Bruno Pizzul, per anni commentatore degli incontri della nazionale di calcio, è morto nella mattinata di oggi, mercoledì 5 marzo, all’ospedale di Gorizia, a pochi giorni dal suo 87esimo compleanno. In una carriera costellata dai successi, che l’ha portato al seguito degli azzurri e delle squadre di club italiane in vari angoli del mondo, alcune pagine hanno anche incrociato la Valle d’Aosta.
La prima, in verità, è pre-giornalistica. Ha 24 anni, Bruno Pizzul da Udine, quando frequenta il 28esimo corso per Allievi Ufficiali di Complemento all’allora Scuola Militare Alpina di Aosta. Un ricordo, legato alla durezza della selezione ma anche all’eredità caratteriale lasciatagli, che ritornava nelle conversazioni con lui. Terminato con successo il corso, fu poi sottotenente al Car (Centro Addestramento Reclute) di Montorio Veronese, quindi al Car di Mondovì. Nel 1972 fu richiamato e conseguì il grado di tenente.
Il suo approdo al giornalismo risale al 1969. Dopo la maturità classica e la laurea in giurisprudenza (e una parentesi da calciatore professionista, nei ranghi di Catania, Ischia e Udinese, finita però prematuramente a causa di un infortunio al ginocchio), quell’anno venne assunto in Rai, superando il concorso nazionale per radio-telecronisti aperto ai giovani laureati del Fruili Venezia Giulia.
La prima partita che commenta risale all’8 aprile 1970: Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia. La prima finale internazionale raccontata da Pizzul fu quella degli europei 1972, a Bruxelles, in cui la Germania Ovest vinse sull’Urss per 3-0. Il Belgio torna in una pagina difficile della sua esperienza, quella della maledetta serata dell’Heysel, in cui la Juventus vinse la Coppa contro il Liverpool, dopo gli scontri e il crollo di un settore dello stadio, in cui persero la vita 39 tifosi (e oltre 600 rimasero feriti).
Dal 1986, Pizzul diventa la voce delle partite della nazionale italiana e si fa strada tra i volti Rai, diventando conduttore, tra l’altro, di varie edizioni della Domenica Sportiva, di Sport Sera e Domenica Sprint. E’ proprio per un programma televisivo di Rai Uno che, nel 2003, Pizzul ritorna in Valle. Parliamo di “Scommettiamo Che”, nell’edizione condotta da Lorella Cuccarini e Marco Columbro. Nel programma, due località gareggiano in una stessa impresa, affrontata in due collegamenti diversi, abbinate ai due conduttori.
L’inviato da piazza Chanoux, quel 22 ottobre, era Bruno Pizzul. La “scommessa” consisteva nello spingere, da parte dei genitori degli alunni delle scuole di piazza San Francesco, uno scuolabus, sul quale una bimba doveva nel mentre costruire un castello di carte. Per la cronaca, il capoluogo regionale venne sconfitto, ma tutti lasciarono la piazza con la sensazione del telecronista che si confermò il professionista rigoroso conosciuto grazie allo sport, con un tratto umano non indifferente.
Anni dopo, nel 2010, Pizzul tornò in Valle. Fu, in quel caso, per un appuntamento legato al mondo sportivo: il “battesimo” dell’Aygreville, come fusione tra Aymavilles, Villeneuve e Gressan. Quell’occasione aprì anche le porte al suo ritorno, nel 2013, nella veste di ospite d’onore al 2° trofeo Topolino Calcio. “Nel primo caso, – ricorda Loris Chabod, organizzatore del torno – venne in treno e andai a prenderlo in stazione, per poi riaccompagnarlo a Milano in auto il giorno dopo. Una persona splendida, l’avevo sentito ancora l’anno scorso”.
E’ il giudizio ricorrente di chi lo incontrò sul suo cammino, a testimonianza del fatto che la competenza, il muoversi su scenari di primo piano e l’essere alla mano possono fondersi. Non succede sempre, e nemmeno spesso, ma quando capita genera il caso in cui, in un Paese che perdona tutto tranne il successo, si è profondamente benvoluti, come testimoniano le tante testimonianze di affetto di queste ore per una voce divenuta colonna sonora di parte delle nostre vite.
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