“We care for beef”: una ricetta d’autore per la carne italiana certificata

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Con il “Carpaccio primavera 1950“, ricetta di Giuseppe Cipriani dell’Harry’s Bar di Venezia, preparato dallo chef Stefano Bartolucci, si è svolta a Roma, al Ristorante Terrazza Tevere, una degustazione di carne bovina italiana organizzata da Aop Italia Zootecnica nell’ambito del progetto “In Europe we care for beef“. Una folta platea di berrette bianche e di allievi cuochi ha potuto apprezzare la carne a marchio Consorzio sigillo italiano, certificata dal Sistema di qualità nazionale zootecnia, e approfondirne le caratteristiche organolettiche. 

Il carpaccio di chef Stefano Bartolucci (credits: Giampietro Meneghini)

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“In Europe we care for beef”: il progetto che valorizza la carne italiana e la filiera sostenibile

Il progetto è dallo scorso ottobre nella sua fase operativa, mirando a coinvolgere gli operatori della ristorazione e i consumatori con le iniziative previste dalla campagna biennale di comunicazione multicanale diffusa su tv, internet e radio. «Noi cuochi – ha detto lo chef, che è anche presidente di Apci Lazio (Associazione professionale cuochi italiani) – abbiamo la necessità di avere un consorzio che stabilisca alcune regole utili a chi deve lavorare la carne e garantirne la qualità».

Giuliano Marchesin, direttore di Aop Italia Zootecnica – l’associazione di produttori di bovini da carne che raggruppa le maggiori Op italiane del settore – ha sottolineato come la filiera punti sulla sostenibilità, oltre che a promuovere un consumo consapevole e sostenibile. Insieme ad Elisa Bagordo, responsabile marketing del Consorzio, ha raccontato la vita sana che conducono i bovini degli allevamenti italianitutt’altro che intensivi, che mirano alla salute degli animali. «Se sono sani non hanno bisogno di farmaci – ha detto – e il loro stile di vita si riflette anche sul prodotto finale. Sono carni che anche nei tagli meno pregiati sono teneri e adattio ad ogni ricetta».

“We care for beef”: una ricetta d'autore per la carne italiana certificata

Lo chef Stefano Bartolucci mentre prepara il carpaccio (credits: Giampietro Meneghini)

Per dimostrarlo, Stefano Bartolucci per il carpaccio non ha utilizzato un taglio pregiato come il filetto o il controfiletto, ma il girello, una parte leggermente muscolosa ma saporita che si è prestata perfettamente al taglio sottilissino e che ha ben assorbito le salse. Giuseppe Cipriani creò la ricetta nel suo famoso locale veneziano su richiesta di una contessa veneziana che non voleva sacrificare la linea ai piaceri della gola. E Stefano Bertolucci ha creato la salsa mixando maionese, worcester, erbe e non solo creando un effetto arcobaleno, in omaggio al pittore Vittore Carpaccio che ispirò il nome del piatto per l’uso dei colori rosso e giallo.  Massimo e scontato il gradimento alla degustazione che ha sottolineato il valore di una carne certificata anche in una ricetta che la prevede cruda e che mostra subito freschezza e profumo.

Qualità, sostenibilità e tracciabilità: gli obiettivi di “In Europe we care for beef”

ll progetto biennale “In Europe We Care for Beef”, finanziato dalla Commissione europea e con la supervisione del Masaf, punta a una campagna multimediale e un piano di degustazioni e promozioni nei punti vendita in varie città italiane perché i professionisti della ristorazione e i consumatori finali siano consapevoli attraverso la riconoscibilità del marchio Consorzio sigillo italiano che si riconosce per una grande Q con al centro l’Italia, cerchiata dal tricolore della nostra bandiera a cui presto sarà aggiunta una foglia verde a indicarne la vocazione green.

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Rigorosi sono gli standard seguiti dagli allevatori italiani. Il loro è un impegno concreto, etico e sostenibile, in sintonia con i principi della strategia “Farm to fork”, pilastro del Green deal europeo. Il marchio di valorizzazione che potrà essere impiegato anche in altre filiere zootecniche, come quella delle uova o dell’allevamento di altri animali, con valori e regole condivisi e modelli produttivi innovativi e orientati al futuro. Il brand e il consorzio sono stati un’iniziativa degli stessi allevatori italiani per valorizzare anche nella zootecnia il “made in Italy” e segnarne la differenza rispetto alle produzioni estere.

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