Domani si celebrano gli eroi dello Yad Vashem. La storia del nonno di Alberto Angela, medico in prima linea, che ricoverò nel suo istituto decine di perseguitati. Salvandoli dai nazisti, facendoli passare per matti
Durante la Seconda guerra mondiale, per alcuni audaci salvare vite umane diventò la priorità. Non riuscendo a resistere in altra maniera, difendere i perseguitati dal nazifascismo – ebrei, disertori, renitenti, soldati stranieri – fu la loro maniera di opporsi alla barbarie.
Per riuscire in questo intento idearono fantastiche bugie, crearono articolate strategie di protezione, misero in piedi ingegnose reti di sostegno. Si va dalla falsificazione dei documenti, all’occultamento in luoghi improbabili, dalla creazione di nuove identità, fino all’invenzione di nuove malattie, come il morbo K del dottor Giovanni Borromeo, primario al Fatebenefratelli, che salvò decine di ebrei romani con questo espediente.
Sono denominati “Giusti tra le nazioni”, non ebrei che hanno salvato o tentato di salvare gli ebrei dallo sterminio nazista. Una figura nata in Israele all’interno del Museo di Yad Vashem e istituzionalizzata da Israele per ricordare al mondo che, anche nei momenti più tragici, ci sono persone pronte a rischiare la vita per difendere le loro convinzioni.
Uno di loro fu Carlo Angela, padre di Piero e nonno di Alberto, i famosi divulgatori televisivi. La figura di questo medico antifascista, dopo essere stata omaggiata anche dalla Rai con un documentario, oggi viene raccontata in un libro per ragazzi da Alessandro Q. Ferrari che ha scritto Carlo Angela e il segreto dei Matti, la sua vera storia.
Angela fu un antifascista di lungo corso, già nel 1924 si schierò contro Mussolini; anche per lui l’assassinio di Matteotti fu un evento spartiacque, da qual momento in poi non risparmiò aspre critiche al fascismo.
Ma la personalità di Angela all’epoca si era già forgiata in giro per il mondo. Nel 1899, a 24 anni, aveva deciso di mettere a frutto la sua laurea in medicina partendo per il Congo; lì conobbe i terribili crimini coloniali di Leopoldo II, Re del Belgio: la popolazione era schiavizzata per la raccolta del caucciù, senza lesinare torture e mutilazioni. Dopo l’esperienza in Africa si trasferì nella Parigi della Belle Époque, per raffinare la professione nei più importanti ospedali, specializzandosi neurologo. Ma quella vita gli stava stretta. Nel 1911 partì per la Libia dove si combatteva la guerra italo-turca. Si aggregò alla Croce Rossa per salvare soldati, italiani, turchi o libici che fossero. Allo scoppio della Prima guerra mondiale poi, seppur già professore all’università di Torino, lo ritroviamo negli ospedali da campo del Trentino e del Monte Grappa. È il grande carnaio della guerra mondiale, i soldati vengono feriti a centinaia di migliaia; i medici li curano senza medicine e con pochissimi mezzi.
Quando arriva il fascismo, Carlo ha già visto il mondo e conosciuto le peggiori nefandezze. Capisce subito la pasta di cui è fatto il movimento del duce e per questo vi si oppone, ma le violenze che subisce gli impongono di tenere un profilo basso. È costretto a lasciare Torino, prima va in Val d’Ossola e poi a San Maurizio Canavese dove prende l’incarico di direttore sanitario della casa di cura per malattie mentali “Villa Turina Amione”.
Qui dà vita alla sua stupenda bugia. Dopo l’8 settembre, il fatidico armistizio con gli Alleati, quella casa di cura diventa rifugio per i perseguitati dai tedeschi e dai fascisti: i primi a essere aiutati furono i soldati dell’8 settembre, poi gli ebrei e infine i partigiani. Carlo Angela, ricoverandoli nel suo ospedale, riuscì a occultare la loro identità. Tra i salvati ci furono l’avvocato Massimo Ottolenghi con il figlio e la moglie; la famiglia Fitz; il capitano Dogliotti; l’aristocratico Revelli di Beaumont e Renzo e Nella Segre.
Mise a repentaglio più volte la sua vita, nel febbraio del 1944 fu interrogato dai fascisti e rischiò il plotone d’esecuzione, ma riuscì a salvarsi. Nell’ottobre dello stesso anno si avventurò nella famigerata caserma di via Asti, sede dell’ufficio politico investigativo di Torino, per salvare la vita al suo “paziente” Renato Sagrato, cattolico, alias di Renato Segre, ebreo. Ci riuscì. Dopo il 25 aprile, Carlo Angela divenne sindaco della Liberazione di San Maurizio Canavese. Morirà nel 1949 portandosi con sé questi segreti.
La sua vera storia riemerse 50 anni dopo, quando Anna Segre, figlia di Renzo e Nella, fece pubblicare il diario dei genitori. Si venne a conoscere la meravigliosa bugia di Carlo Angela. Si aprirono così le porte della commissione dello Yad Vashem, che lo nominò Giusto tra le nazioni il 29 agosto 2001.
Domani, 6 marzo, si celebra la giornata europea dei Giusti. Celebrare Carlo Angela e gli altri 28.000 individui proclamatgi dallo Yad Vashem, significa anche sottrarli dalla banalizzazione che li vede come semplici buoni d’animo. Furono soprattutto persone coraggiose, tecnicamente dei fuorilegge: oggi sono eroi, ieri erano banditi e come tali rischiavano la deportazione e la vita.
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