Basta con gli eccessi identitari, di regole e di tasse. Lo studio di cui discutono i liberal negli Stati Uniti

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Le proposte dei democratici centristi di Third Way per arrivare pronti alle elezioni di metà mandato. Prima regola: togliersi di dosso l’etichetta di polizia morale che ha allontanato tanti elettori


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Di fronte ai voltafaccia geopolitici, il “tech support” di Elon Musk e i tanti ordini esecutivi, i democratici americani sembrano impotenti. Ma, ancora scottati dal voto di novembre, si preparano non tanto a una resistenza al governo quanto ad arrivare pronti alle elezioni di metà mandato che si terranno nel 2026. Third Way, un think tank di democratici centristi, di cui molti ex clintoniani (nel senso di Bill), si è ritrovato per un ritiro di un giorno e mezzo in Virginia per capire come rilanciare il partito. Regola numero uno: togliersi di dosso l’etichetta di polizia morale che ha allontanato tanti elettori (soprattutto maschi bianchi giovani e ispanici). Secondo un documento ottenuto da Politico ed elaborato dopo il fine settimana in Virginia, i democratici in questi anni sono stati troppo ossessionati dai “test di purezza ideologica” e dovrebbero ribellarsi ai “membri dei vari staff e ai gruppi di estrema sinistra che esercitano un’influenza sproporzionata sui programmi e sulla comunicazione”. Lo scollamento tra partito e “pancia del paese” di cui tanto si è parlato nell’analisi post-voto viene anche da qui. Nella campagna di Kamala Harris le questioni economiche non sono state centrali, mentre è stato dato uno spazio esagerato alla politica identitaria, a istanze tropo ideali e troppo a sinistra che hanno spostato a destra la working class.

Secondo il documento, un altro errore è stato considerare come oracoli istituzioni ormai impopolari come il mondo accademico, la burocrazia governativa e i media tradizionali. Le soluzioni: il partito dovrebbe essere più patriottico e più in linea con “l’immaginario americano”, dovrebbe rendersi conto dei propri fallimenti nel governo delle grandi città e “impegnarsi a migliorare i governi locali” – Chicago, New York e Los Angeles sono tre casi chiave usati per mostrare la pessima amministrazione dei democratici. Dopo i devastanti incendi a Pacific Palisades, Altadena e nelle colline di Hollywood è diventato un caso il fatto che la capa dei vigili del fuoco di Los Angeles fosse stata celebrata in passato in quanto prima donna e prima lesbica a capo del dipartimento, e non per le sue capacità di gestione dei disastri naturali. Donald Trump, come altri repubblicani, aveva subito usato la cosa per dire: ecco come sono i democratici, mettono la diversity prima dell’efficienza. Infine, dice il documento di Third Way, i candidati dovrebbero “uscire dai circoli dell’élite ed entrare in vere comunità”, come “feste all’aperto fuori dagli stadi prima delle partite, fiere di armi da fuoco, ristoranti frequentati da gente del luogo e chiese”. Matt Bennett, veterano delle campagne elettorali democratiche e membro del think tank, ha aggiunto: “Abbiamo notato che sui temi economici c’è stata una profonda disconnessione tra il modo in cui i leader democratici parlavano dell’economia e il modo in cui la gente l’ha realmente vissuta”. Sono tutti d’accordo che Trump ha vinto sul prezzo delle uova (nonostante ora non si stiano abbassando). 

C’è un’altra questione che è emersa nel talk show serale di Bill Maher, con il commentatore della Cnn Fareed Zakaria e Rahm Emanuel, ex ambasciatore in Giappone, ex sindaco di Chicago e braccio destro di Barack Obama e prima consigliere di Bill Clinton. Secondo Zakaria un “gigantesco problema per i democratici” sono le tasse, che sono “altissime” nelle città e negli stati governati dai democratici: ha portato come esempio la Florida e New York, che hanno più o meno la stessa popolazione, ma nello stato democratico il budget statale è il doppio di quello dello stato repubblicano – “cos’è, le strade sono lastricate d’oro?”. “Questa è l’immagine che la gente ha dei posti controllati dai democratici”, ha detto Zakaria, “troppe tasse e troppe regolamentazioni, ma non viene risolto nulla”. Emanuel, che aveva già sotterrato la preminenza delle politiche identitarie dicendo che non vuole più sentir parlare di bagni e spogliatoi nella sua vita, ha detto che il Partito democratico si è concentrato troppo sulle regole e non sui risultati. “Bisogna tornare al 1993”, ha detto Emanuel, cioè agli anni di Bill Clinton in cui i democratici erano capaci non solo di gestire l’economia, ma di avere quell’ottimismo e quell’immagine di chi sa come si amministra. La proposta dei democratici centristi è quindi quella di concentrarsi su economia e qualità della vita, dimenticando l’identitarismo spinto che ha deformato le priorità del partito e dato un’arma ai repubblicani che, come tutto, la brandiscono con crudeltà. 





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