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Donald Trump ormai ha deciso. Il dialogo deve proseguire con Vladimir Putin e non con Volodymyr Zelensky. Il tycoon può al limite aprire all’Europa e agli impegni dei singoli Paesi europei sulla difesa e le garanzie di sicurezza per Kiev. Ma con Zelensky, i rapporti sono ai minimi termini. La confermata è arrivata ieri proprio con le ultime mosse del presidente Usa.

Lo strappo di Trump

Il capo della Casa Bianca ha convocato un vertice sugli aiuti all’Ucraina con il vicepresidente JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio, il capo del Pentagono, Pete Hegseth, il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz. E i media, già diverse ore prima, avevano iniziato a riportare le indiscrezioni sul taglio alle forniture belliche a Kiev. Poi, sul suo profilo Truth, Trump ha di nuovo preso di mira Zelensky, pubblicando una foto di una dichiarazione del presidente ucraino in cui quest’ultimo dichiarava che la pace con la Russia è “molto lontana”.

L’ultimatum Usa a Zelensky

Un vero e proprio gesto di sfida per The Donald, che ha commentato dicendo che “questa è la peggiore affermazione che Zelensky potesse fare, e l’America non la sopporterà ancora per molto!”. “Questo tizio non vuole che ci sia la pace finché ha il sostegno dell’America e, l’Europa, nell’incontro che ha avuto con Zelensky, ha dichiarato senza mezzi termini che non può fare il lavoro senza gli Stati Uniti” ha continuato il tycoon. E a rincarare la dose, nelle stesse ore il consigliere Waltz rimarcava la linea dura nei riguardi dell’Ucraina con una dichiarazione molto simile. “La pazienza del popolo americano non è illimitata. I loro portafogli non sono illimitati e le nostre riserve e munizioni non sono illimitate per tutte le contingenze che esistono nel mondo” ha detto Waltz, “quindi il momento di parlare (di un accordo di pace n.d.r.) è adesso”.

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Le condizioni secondo il duo Trump-Putin

E per Zelensky, che ha di nuovo detto di volere firmare un accordo con Washington ma di non potere accettare un cessate il fuoco o una pace senza garanzie, il segnale è chiaro. All’interno dell’amministrazione repubblicana i margini per ricucire sono molto stretti. E del resto, lo stesso Waltz aveva affermato senza mezzi termini alla Cnn che gli Stati Uniti hanno “bisogno di un leader che sappia trattare con noi, che sappia trattare con i russi e che possa porre fine a questa guerra”. Una bocciatura su cui sembra difficile che Washington ora faccia una completa inversione a “U”. E l’ordine arrivato dalla Casa Bianca è che non possano esserci troppi ostacoli né sull’accordo per le terre rare, né sulla pace in Ucraina né sul suo canale diretto con Putin.

The Donald si fida del capo del Cremlino. E questo credito nei riguardi del presidente russo sembra certificato anche dal New York Times, secondo cui Hegseth avrebbe ordinato al Cyber Command degli Stati Uniti di fermare qualsiasi operazione offensiva contro la Federazione Russa. Per qualcuno, il confine tra operazione offensiva e difensiva, specialmente nel mondo cyber, è molto labile, tanto che c’è chi suggerisce che sia una mossa più politica che con un impatto profondo sulla sfida al Cremlino.

L’inchino al Cremlino

Ma per qualcun altro, invece, la decisione del segretario alla Difesa rischia di essere una manovra troppo accomodante nei riguardi della Russia. Tanto più che, come hanno rivelato le fonti del quotidiano newyorchese, “nell’ultimo anno, gli attacchi ransomware contro ospedali, infrastrutture e città americane sono aumentati e molti di questi provenivano dalla Russia, in quello che i funzionari dell’intelligence hanno definito atti in gran parte criminali, sanzionati o ignorati dalle agenzie di intelligence russe”.

Decisione prima del litigo con Zelensky

La decisione del Pentagono sarebbe arrivata prima del litigio tra Trump Zelensky. Quindi, non sarebbe una conseguenza di quello scontro in cui si è palesata la netta frattura tra Kiev e Washington. Tuttavia, è chiaro che questa politica promossa dalla Difesa Usa rientra in quell’approccio della Casa Bianca di dare ampio credito a Putin. E di conseguenza, mettere un freno sempre più sostanzioso all’appoggio Usa a Kiev.

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