Il cambiamento climatico visto dalla Sicilia: così l’isola sta diventando orto tropicale. «Una cassetta di limoni costa 5 euro, una di manghi 50»

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Claudio Del Frate

Temperature torride, parassiti sconosciuti: così l’isola sta diventando un orto tropicale. Il produttore più grande di manghi: «Pronto a raddoppiare i terreni in un anno»

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Se cercate sulla cartina dell’Italia la località di Balestrate, l’occhio – a dispetto di quel che il nome può suggerire – non deve orientarsi verso la Brianza ma scendere molto più a sud, sulla costa tirrenica della Sicilia dove questa località è diventata la capitale italiana della produzione di mango. Così come la Sicilia è diventata il principale giardino europeo per la produzione di frutta tropicale. 

Si può raccontare il cambiamento climatico in Italia osservando i ghiacciai alpini ridotti ai minimi termini, oppure elencando gli eventi meteo estremi oppure prestando ascolto ad alcuni produttori vinicoli del Piemonte che vedono  le vigne maturare con crescente sofferenza. Oppure si può fare tappa in Sicilia dove il rialzo delle temperature è un diventato un problema ma anche un’opportunità. Qui i terreni dedicati a prodotti esotici stanno crescendo a ritmo esponenziale e addirittura, sulle colline alle spalle di Palermo, è nata la piantagione di caffè più a nord dell’intero pianeta (con la produzione, per ora sperimentale, raddoppiata in un anno). 




















































Dicevamo di Balestrate: 6.000 abitanti al confine tra le province di Trapani e Palermo, almeno 15 aziende agricole che hanno convertito agrumeti a filari di mango, il cui periodo di raccolta, a settembre, ha dato vita a una festa («Le vie del mango») che si è affiancata a quelle secolari e religiose del posto. Un esempio, insomma, di come i cambiamenti ambientali stanno modificando anche l’economia e la vita di una comunità.  

Da dove è partito tutta questa storia che sta trasformando interi angoli dell’isola? Mario Faro, 48 anni,  è il maggior produttore di avocado «made in Sicilia»: la sua azienda sta tra Acireale e Taormina, costa ionica catanese. «Abbiamo alle spalle 60 anni di attività eravamo la più grande azienda europea per piante da ornamento – racconta – fino a quando alcuni anni fa l’arrivo di un parassita ha ucciso tutte le palme da giardino. Un altro insetto ha duramente colpito le piante di limoni. Oltre ai parassiti facevamo i conti con estati caldissime e due inverni consecutivi senza pioggia. Temperature vicine ai 50 gradi io le avevo vissute solo in Qatar».  

Come rimediare? Sono tornati utili gli studi che a partire dagli anni ’80 erano stati avviati dalla facoltà di agraria dell’università di Palermo che avevano individuato in Sicilia una concomitanza di fattori (cambiamento del clima, certo, ma anche natura dei suoli) favorevoli alla crescita di alcuni frutti tropicali, la cui domanda da parte dei consumatori era per giunta in netta crescita. Si trattava di fare il salto dagli orti sperimentali a quelli economicamente remunerativi. E il «miracolo» si è compiuto in tempi rapidissimi, poco più di cinque anni. 

«Attualmente – prosegue Mario Faro – dedichiamo alla coltura dell’avocado 50 ettari ma contiamo di raddoppiare la superficie nel giro di un anno. Le condizioni ci sono: le gelate invernali, che sono il principale rischio per questa frutta, non si vedono più da anni. Il problema semmai è l’acqua: il fabbisogno di queste piante non è molto diverso da quello delle colture tradizionali ma qui l’acqua c’è si tratta di saper gestire invasi ed acquedotti. Ma è un’emergenza che l’intera Sicilia si trascina da almeno quarant’anni» 

Dagli avocado ai manghi. Torniamo a Balestrate dove la storia di Maurizio Arcuri aiuta a comprendere qual è l’altro fattore che sta trasformando la Sicilia in un giardino esotico. «Io fino a pochi anni fa nemmeno sapevo cosa fosse un mango – ci scherza su – vedevo solo che i miei due ettari dedicati ai limoni erano in sofferenza e i margini di guadagno si riducevano. La dritta è arrivata da una mia amica straniera: ma perché non provi con i manghi, che sono richiestissimi?». Via le piante di limoni dunque e al suo posto i colori e profumi dei tropici. Pentito? «Una cassetta di limoni oggi vale 5 euro, una di manghi, di uguale peso, dieci volte tanto. Ho contratti con la grande distribuzione, non solo in Italia; i nostri prodotti finiscono in Germania, in Gran Bretagna dove ci assicurano che i nostri frutti sono anche migliori di quelli dello Sri Lanka».  Più chiaro di così…

Fattori di mercato e cambiamento climatico. Corretto dire che la trasformazione  è arrivata da questa duplice spinta? «Direi di sì e aggiungerei che la Sicilia è sempre stata vocata per questo tipo di coltivazioni. Noi lo stiamo studiando dagli anni ’80»: Vittorio Farina è docente alla facoltà di agraria all’università di Palermo  e coordina il gruppo di lavoro sui frutti tropicali e subtropicali. «Clima e suolo siciliani – conferma – sono un connubio ideale. È altrettanto vero che le superfici coltivate potranno crescere ma bisogna prestare attenzione. Le proiezioni dicono che nei prossimi anni le temperature medie aumenteranno, non solo la Sicilia ma anche aree della Calabria, della Puglia, della Sardegna potranno far crescere piante tropicali. Ma attenzione: il rischio non saranno più le gelate invernali ma al contrario il caldo eccessivo delle estati». 

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Il professor Farina vede anche altri fattori destinati a giocare a favore del «made in Sicily»: «Avocado e manghi prodotti qui devono fare meno strada per arrivare sui mercati:  filiera corta, meno impronta di CO2, minor uso di pesticidi sono tutti fattori a cui il consumatore presta attenzione crescente». Il definitiva il settore della frutta tropicale è destinato a mettere definitivamente le radici? «Direi di sì, a patto di puntare sulla qualità e sul fattore ambientale. Serve un’agricoltura di precisione, non un allargamento indiscriminato. Anche perché, clima a parte, non è detto che queste coltura riescano ad attecchire stabilmente dappertutto».  

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4 marzo 2025 ( modifica il 4 marzo 2025 | 10:57)

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